Che agli antichi Romani piacessero i vini dolci lo testimonia il testo più antico e famoso sul vino, quel Naturalis Historia scritto, anzi scolpito, da Plinio il Vecchio (dicono i cattivi prendendo spunto dalla “pesantezza” dell’opera) probabilmente su lastre di pietra provenienti da una remota parte dell’Impero. Chi avesse voglia di sfogliarne le “pagine” ad un certo punto, dopo averne girate più o meno 36 tonnellate, troverà una citazione su di un vino chiamato Pino Lieto. Con un po’ di fantasia si può ricavarne una deduzione alla Poirot e cioè che il vino Pino Lieto non fosse abbastanza dolce da essere considerato buono, ma semplicemente “Lieto”.
E’ una prova, da sottoporre per le opportune conferme al RIS di Parma, che siamo al cospetto di Re Pignoletto. Altre testimonianze storiche avvalorano comunque l’ipotesi che l’uva Pignoletto esistesse nell’area dei Colli Bolognesi da molto tempo.
Il Pignoletto “è” anche la Rebola, uva coltivata marginalmente nel riminese. Questa affermazione non piacerà agli abitanti delle plaghe marine, ma i dotti bolognesi hanno saputo ricavare da quest’uva particolare vini assai interessanti.
Qualche notazione sull’uva: il grappolo ha peso medio, di forma cilindrica, compatto e con le ali appena accennate. Germoglia, in condizioni normali,a metà aprile ed è pronto per la vendemmia ai primi di Ottobre. La forma più diffusa di allevamento è a cordone speronato con potatura guyot. Il Pignoletto, riconosciuto DOC nel 1985, sta cercando di vedersi riconosciuta la qualifica superiore. Questo sancirebbe, in qualche modo, il notevole percorso evolutivo di quest’uva che ha trovato l’habitat perfetto nella zona dei Colli Bolognesi, un’area comprendente diversi comuni della provincia di Bologna, tutti in collina con altitudini da 50 e oltre 400 mt s.l.m.
Dal 1997 è attiva la DOC Colli Bolognesi Classico Pignoletto, che non prevede le versioni frizzante e spumante, autorizzate invece nella doc Colli Bolognesi. Il vitigno omonimo deve essere presente almeno per l’85% mentre la scelta del rimanente 15% va operata tra Pinot Bianco, Riesling Italico o Trebbiano Romagnolo.
Farsi un’idea dei vini Pignoletto è abbastanza facile: le cantine dei colli bolognesi sono aperte e ospitali verso i visitatori, e gli assaggi dovrebbero essere illuminanti, non c’è che l’imbarazzo della scelta. Si può optare sia per le aziende più classiche e storiche oppure per quelle più moderne, recenti ed innovative. Il Pignoletto generalmente è un vino scarico di colore, ma vanta un corredo aromatico di tutto rispetto; delicato ed incisivo nelle sue caratteristiche note di fiori biancospino, esaltate nelle versioni “petillant”, molto in voga nei mesi estivi. Non mancano naturalmente le vendemmie tardive e i passiti.
L’abbinamento è centrato con mortadella, salumi in genere, antipasti con impiego di tigelle o torte salate, carni bianche e uova. Molto versatile, a seconda dello stile del produttore, può essere semplice e gradevole, ma anche più articolato e muscoloso. Ecco che l’abbinamento può diventare un esercizio interessante per animare una digressione conviviale. Qualcuno lo vorrebbe “coniugato”, finchè morte non li separi, con i tortellini in brodo. Non sentendoci adatti a celebrare siffatti riti pseudofunerari, preferiamo la riduzione in cenere grazie a Bacco e Venere.