Degustazioni Amarone, Valpolicella e Recioto: ovvero il Bello, il Dolce e il… Dimenticato4 min read

Una degustazione che ha mantenuto “nel bene e nel male”  le premesse, confermando quanto avevamo in testa andando in Valpolicella.

La pre-premessa è che la diatriba tra Consorzio e Famiglie è arrivata alla prevedibile conclusione, quella di riuscire a pagare fior di onorari a vari avvocati senza che le parti si siano riavvicinate di un centimetro. Infatti la “vittoria” del Consorzio della Valpolicella sul gruppo di aziende che si sono raccolte sotto il marchio Famiglie Storiche, avrebbe portato quest’ultime a dover pagare una salatissima penale senza però che la comunicazione di un vino importante come l’Amarone ne abbia tratto giovamento.

Vedremo se in futuro, penale o non penale da pagare (pare infatti che le Famiglie Storiche stiano pensando ad un ricorso europeo: altri avvocati si stanno sfregando le mani…)  le due entità sapranno riavvicinarsi per promuovere meglio e soprattutto assieme un territorio tanto importante.

Il Bello

E veniamo “al Bello”, al vino più importante di questo territorio importante, cioè l’Amarone. La nostra degustazione potrebbe anche essere catalogata come quella dei luoghi comuni, nel senso che mentre degustavamo le nostre considerazioni erano molto simili a quelle delle degustazioni negli scorsi anni. Trovavamo infatti che l’Amarone è un vino che ha bisogno di tempo, come minimo 6-7 anni prima di essere aperto, che quelli più dolci ti fregano perché mettono davanti la rotondità alla profondità, mostrando una piacevolezza immediata che “copre” la mancanza di complessità, che l’appassimento salva molto l’annata ma in qualche caso appiattisce le differenze tra vini e vendemmie.

Aldilà di queste considerazioni abbiamo comunque trovato una buona qualità media (figlia di quanto sopra detto) ma senza quelle punte a cui eravamo abituati.

Questo in primo luogo “nell’annata bambina” 2016, regolarmente in commercio anche se tra poco ci sarà l’Anteprima a lei dedicata (per la cronaca dal 1 gennaio 2020 si potrebbe commercializzare anche l’Amarone 2017) e quindi ci sembra giusto dedicarle due righe in più. Non ne abbiamo degustati molti e quelli assaggiati non sono forse i più rappresentativi della denominazione  ma ci è sembrata una vendemmia forse leggermente inferiore alle aspettative ma con  una potenza di base di alto profilo. Ottime strutture quindi ma adesso è come guardare un quadrato immaginandolo a forma di cerchio.

Veniamo alle annate meglio interpretabili, la 2015 e la 2013 , che hanno composto la maggior parte dei nostri assaggi : salta agli occhi un’eleganza di base nella 2015 ed una rustica fermezza nella 2013, entrambe (più la 2013 che la 2015) con indubbie potenzialità per quanto riguarda la possibilità di evolvere nel tempo. Certo è che, tanto per rimanere sul lapalissiamo, più andavamo indietro nel tempo più i vini non solo miglioravano ma mostravano caratteristiche e differenze che nei troppo giovani rimangono invisibili.

A questo proposito parliamo un po’ dell’Amarone Riserva che sinceramente, almeno per come viene interpretato da tanti produttori, rischia di essere visto come un vino “pronto mai”: concentratissimo, con tanto legno da digerire al naso e in bocca, senza la minima elasticità e dinamicità, l’opulenza fine a se stessa. Già gli Amarone andrebbero messi in commercio almeno due anni dopo il normale, figuriamoci le Riserva! Invece di cercare di presentare le diversità tra territori con uve di determinati vigneti, la Riserva è spesso una prova di forza quasi invalutabile per chi pensi che il vino non sia un concorso di braccio di ferro.

Il Dolce

Dopo “il Bello” veniamo al “Dolce” al vino che noi amiamo moltissimo ma che il mercato (assieme a molti altri vini dolci e/o passiti) premia sempre meno, il Recioto. Ne abbiamo degustati una trentina e non ci spieghiamo il perché di questo abbandono. In primo luogo per i Recioto giovani, d’annata, quelli che di solito partecipano al Palio del Recioto, dove si premia il grande frutto e l’assoluta piacevolezza, ma anche i Recioto più importanti e concentrati hanno quasi sempre una profondità gustativa di altissimo profilo.

Ci piace comunque sottolineare questa doppia faccia del Recioto, quella  giovanile e quella più matura, che potrebbero e dovrebbero avere abbinamenti diversi e quindi maggiori possibilità di mercato e di consumo. Comunque il Recioto è un vino che non bisogna dimenticare ma soprattutto che, una volta degustato, non puoi dimenticare.

Il Dimenticato

Dal vino che non puoi dimenticare a quello che, nei fatti, viene dimenticato, cioè il Valpolicella. Anche quest’anno i nostri assaggi sono scivolati tra vini leggeri, spesso poveri, scarsamente profumati, confermandoci la sensazione della degustazione di due anni fa e cioè che questo vino viene sempre meno tenuto in considerazione dai produttori, che oramai puntano molto, se non tutto, su Ripasso e Amarone.

Ci viene in mente un paragone che solo 6-7 anni fa sarebbe stato non solo irriverente ma irreale, quello con il Bardolino, vino che nasce a pochi chilometri e dalle stesse uve: sicuramente negli ultimissimi anni quest’ultimo mostra mediamente  gamme aromatiche più complesse e strutture più importanti rispetto al nostro “Dimenticato”. Qualcuno di buon livello l’abbiamo trovato ma la situazione è sicuramente non positiva.

Molto positivo è stato invece l’aiuto ricevuto dal Consorzio della Valpolicella per l’organizzazione degli assaggi e l’appoggio logistico. Grazie a loro il nostro lavoro è molto più facile.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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