Degustazione vini dolci: Stupirsi e godere!4 min read

Come alcuni di voi sapranno non sono certo un fan dei vini dolci. Difficilmente li ordino a fine pasto e praticamente mai penso di berli in altri momenti. Per questo ho sempre avuto una sana ritrosia a chiamarli vini da meditazione, anche perché se mediti veramente non ti accorgi di quello che stai bevendo. Molto più azzeccata sarebbe la formula “vini da meditare” che però potrebbe racchiudere anche quelli non dolci.
Dopo il nostro ultimo assaggio di vini dolci abbiamo meditato molto poco per inserirli nella nuova categoria, creata da noi ad hoc, di “Vini per stupirsi e godere”.
Queste due azioni,  una esclusivamente della mente, l’altra molto più sbilanciata verso il corporeo racchiudono bene quella che dovrebbe essere la funzione di un vino dolce.
Ma andiamo con calma. Il nostro assaggio è frutto di campioni raccolti nel nostro peregrinare da una degustazione all’altra. Ci siamo ritrovati quindi con un misto composto da vinsanti toscani, passiti altoatesini e  marchigiani con qualche spruzzata di Moscato trentino e Moscadello di Montalcino. Un bel mistone che in assaggio ci ha portato a sensazioni contrastanti.

Prima di tutto le dolenti, o forse è meglio dire meno ridenti, note. Si incentrano praticamente tutte sui vini dolci marchigiani e sul ruolo del Verdicchio in appassimento. Tutti sanno quanto ami questo vitigno, ma non riesco proprio a digerirlo sotto forma di vino passito. Le sue belle ed inconfondibili note aromatiche con l’appassimento assumono timbri di scarsa finezza, mentre al palato non si percepiscono concentrazioni che possano motivare  la ruvida e dolciastra scompostezza che spesso mostrano.

 Spero che qualche anno di affinamento in più possa portarli ad una maggiore finezza generale, quella dimostrata per esempio dal vino trentino e dal moscadello. Entrambi sono stati vicinissimi a prendere 4 stelle e solo la nostra maledetta voglia di spaccare il capello in quattro li ha fermati ad un passo dal traguardo. Però ve li consigliamo: il primo per una eleganza aromatica assoluta, il secondo per una potenza olfattiva ed un corpo di tutto rilievo.

Ottimi risultati anche dai passiti altoatesini da uve Moscato Giallo e Gewurztraminer: rispetto a precedenti assaggi sono sembrati molto meno accademici, manierati. Grandi profumi, belle strutture anche bilanciate da giusta acidità. Non capisco perché non li facciano maturare di più prima di metterli in commercio, comunque sia il 4 stelle sia gli altri entrano di diritto nella categoria “stupirsi e godere”.

In questa stessa categoria vanno molti dei Vinsanti assaggiati. Pur con caratteristiche diverse (si va dal molto dolce e concentrato al quasi secco) alcuni di questi ci hanno veramente estasiato. Non per niente abbiamo dato il primo 5 stelle dell’anno!!
Ma spieghiamo cosa intendiamo per vini da “stupirsi e godere”. I grandi vini dolci, una volta avvicinati al naso, non possono che stupire per l’incredibile, potente e complessa gamma aromatica messa in campo. Uno spettro così ampio di sensazioni olfattive portano allo stupore sia l’esperto che il neofita. Ti portano a non credere al tuo naso, ti proiettano in un mondo di profumi che pensavi non esistesse. Dallo stupore si deve poi passare al godimento, che puntualmente avviene quando le sensazioni in bocca creano un connubio indelebile tra dolcezza, finezza e ritorni aromatici. Questo “godimento”, che in alcuni casi (e solo con i vini dolci) ha qualcosa di ancestrale e ricorda il seno materno, si spera duri il più possibile.

Per fare questo però  non si deve berli  durante un pasto. Hanno bisogno del loro tempo e del loro spazio. “Ma allora –direte voi-  si ritorna ai vini da meditazione?”

Per niente! Meditare ti porta ad essere solo e circonfonde il gesto del bere di un alone di tristezza che questi vini non meritano. “Stupirsi e godere” invece da maggiore soddisfazione se fatto in compagnia (non si accettano battutacce…) ma anche in solitudine ti pone in una categoria dello spirito….più vicina alla gaiezza che non al corruccio meditativo.

Forse per questo non se ne consumano tanti, perché si pongono o su una specie di altare dove si deve stare attenti all’abbinamento col cibo o si mitizzano con una serietà che li uccide.

Lasciamoli liberi, lasciamoci liberi di stupirci e godere. Sicuramente i vini dolci avranno modo di ringraziarci.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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