Iniziamo quello che potremmo chiamare “Polittico del Metodo Classico italiano”, che vi presenterà quasi 400 bollicine nazionali, con gli spumanti a base durella e verdicchio. Nei prossimi giorni passeremo a denominazioni più conosciute, come il Trento DOC, per poi chiudere con la Franciacorta.
Prima di parlare dei vini due parole sulle degustazioni: queste si sono svolte nel mese di luglio, con una serie di riassaggi fatti ai primi di settembre. Abbiamo però deciso di non pubblicarle subito perché crediamo (anche se i consorzi di tutela dicono il contrario) che le bollicine si comprino e si gustino soprattutto avvicinandosi ai primi freddi e al periodo natalizio.
Eccoci quindi un panorama abbastanza vasto, che inizia da due territori molto diversi. Il primo, quello del Verdicchio, pur avendo una discreta tradizione spumantistica, non è mai andato oltre un piccolo numero di cantine di qualità che da molti anni propongono con successo i loro metodo classico a base verdicchio. La zona del Lessini Durello è invece quasi una “new entry” nel panorama spumantistico italiano e si basa su un ‘uva, la durella, che dà caratteristiche molto particolari ai vini.
In entrambi i casi i vini non sono moltissimi ma per il Lessini Durello abbastanza per poter fare discorsi più generali.

Partiamo quindi dai pochi campioni di metodo classico da uve verdicchio, dai quali possiamo capire che la situazione sembra abbastanza statica per quanto riguarda il numero di cantine che le producono: da anni degustiamo praticamente sempre le stesse pur constatando la loro buona qualità.
Non possiamo nemmeno focalizzarci su delle annate in quanto i pochi vini vanno dal 2010 al 2017, con alcuni campioni senza annata. Come vedete è molto difficile fare un punto, preferiamo consigliarvi di andare a vedere i nostri risultati e garantirvi che alcuni vini della nostra degustazione non temono confronti a livello nazionale e non solo.
Entrando nel mondo del Durello la situazione si fa solo sulla carta più chiara perché il numero dei campioni degustati è più che doppio ma ancora esiste una certa “anarchia commerciale” che porta a una diaspora delle annate e delle tipologie in commercio. Inoltre una denominazione che ha al suo interno vini prodotti sia con metodo charmat che con metodo classico (differenziati solo dalla dizione “Riserva” e magari dal numero dei mesi che i vini rimangono “sur lie”) un po’ di confusione sicuramente la crea nel consumatore e anche nel degustatore.

Superando anche questo scoglio legislativo arriviamo a parlare dei vini e quindi dell’uva durella, che potremmo definire come un toro che deve essere domato. Occorre farlo con attenzione e prendendosi un bel po’ di tempo per permettergli di distendere la sua caratteristica vena acida in un vino sempre austero ma lineare e profondo. I nostri assaggi hanno evidenziato quanto sia difficile “domare” quest’uva nonché riuscire a plasmare e esaltare i suoi aromi. Abbiamo trovato buoni vini ma non siamo andati oltre. Nei prossimi giorni parteciperemo ad una manifestazione sul Durello a Verona e cercheremo di capire se e cosa, in questi mesi, sia cambiato. Ve ne parleremo più avanti.
Prima, molto prima, vi parleremo di Trento Doc e di Franciacorta.