Dai maiali neozelandesi in Champagne, ai grilli e al non Red Bull sardo il passo non è breve2 min read

Se la prossima settimana sarà quella delle anteprime toscane quella che si chiude potrebbe essere definita quella degli animali, più o meno da cortile.

Da cortile in senso lato sono i maiali nani della razza Kunekune, che dalla Nuova Zelanda l’enologo francese Olivier Zebic ha portato in Champagne per sostituire le pecore (non neozelandesi, I suppose) nel diserbo naturale dei vigneti.

Oltre ad essere piccoli e quindi più leggeri delle pecore hanno anche un difetto/pregio non da poco,  quello di non poter alzare molto la testa: quindi mangiano l’erba ma non arrivano ai giovani germogli o ai futuri grappoli come le maleducate pecore. Speriamo che siano anche scemi, cosi non penseranno di usare le viti come scalette per arrivare ai suddetti germogli.

Sui germogli potrebbero invece posarsi i grilli, almeno quelli che si salveranno dall’essere triturati e polverizzati per entrare, sotto le mentite spoglie di Acheta domesticus (nome ufficiale della specie), nelle farine utilizzate per vari prodotti. Siamo pronti per fare questo “grande salto”?

Un grande salto di notorietà  l’ha fatto invece la cantina sarda Muggittu perché la Red Bull, fedele alla sua pubblicità Le ha messo le ali intimandole e facendolo sapere urbi et orbi di cambiare l’etichetta del suo Cannonau Boeli.

L’etichetta ritrae due buoi e, per uno studio torinese che cura gli interessi della casa austrica, è confondibile con quello della casa austriaca. Ora… guardate l’etichetta e ditemi se qualcuno può scambiare questo marchio per quello Red Bull: nemmeno vedendoli sfilare ai 300 all’ora dalle loro Formula 1 si possono avere dubbi.

Il giovane produttore ha detto che terrà duro ma anche se cambiasse l’etichetta, grazie alla pubblicità non voluta che ha ricevuto, sono convinto che chiuderebbe la controversia in modo nettamente positivo, non credete? 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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