Con questo articolo inizia a collaborare con Winesurf Francesco Falcone. Francesco non ha certo bisogno di presentazioni e quindi passo subito a dire, a nome mio e della redazione, che siamo felicissimi e onorati di averlo tra noi. Il suo sarà un apporto mensile e “free lance”, nel senso che spazierà da un argomento all’altro. Mentre pubblichiamo questo articolo Francesco sta già pensando al prossimo, che parlerà di Piemonte. Benvenuto Francesco!
Castelbolognese, Romagna che sa di Emilia.
Per arrivare da casa, dal mare, occorrono quaranta minuti buoni.
Strade dritte, piane, scivolose, trafficate.
È una giornata di febbraio, né fredda né calda, come ormai tante, da qualche anno a questa parte. Grigio ovunque, il vento assente, l’umidità copiosa, la visibilità compromessa.
Mi svegliano solo le botte prese sul ring, che si fanno particolarmente sentire nelle mattine di nebbia senza speranza.
Arrivo in questo lacerto di terra padana a metà tra pianura e collina, per approfondire un tema caro a qualche appassionato curioso: ovvero se anche il Sangiovese romagnolo di umili origini nel tempo sa emanciparsi.
La risposta è subito sì, soprattutto se si chiama Assiolo.
Gabriele Succi
Lo produce Gabriele Succi, bravo viticoltore che in età matura ha saputo alimentare anche la sua vocazione di assaggiatore e di interprete: oggi è uno stimato specialista del vitigno. Se lo merita.
Sveglio, dinamico, solido, Gabriele è un contadino evoluto.
“Contadino” è finalmente una parola recuperata senza vergogna. Anzi, il contadino è un quasi un eroe, ormai.
Si dice che l’Italia non è più un paese di contadini: non è vero.
È l’Italia rurale che è sparita, i contadini invece ci sono ancora, sempre più fieri di esserlo e forse gli unici possibili protagonisti di una futura rivoluzione. La fatica è la loro misura quotidiana, oggi forse meno di un tempo, ma il contadino rimane un faticante. Sudori e brividi, freddo e caldo, l’impegno costante, la pazienza, coltivare anziché cacciare, allevatore e non predatore, amore per la terra e non per la guerra.
Una speranza, insomma. Gabriele Succi in viticoltura è il contadino perfetto. Marcantonio pragmatico, curioso, a suo modo rivoluzionario: gli sono bastati dieci anni, poco più, per sparigliare le carte nelle gerarchie del terroir romagnolo, portando la modesta pedecollina di Castelbolognese sulle vette rarefatte e ancora poco frequentate dell’enologia romagnola d’autore.
Gabriele vive e lavora in una comoda cascina mezzadrile costruita alla fine del 1800: si chiama Ca’ Beneficio, proprietà di mamma Maria Grazia Costa, che la ereditò dai genitori Giambattista Costa e Gabriella Archi. Ecco il motivo del marchio aziendale: Costa Archi.
Fino al 2003 qui si vendeva solo uva, poi dalla vendemmia successiva, all’età di 37 anni, Gabriele decise di vinificarne le partite migliori, battezzando il suo primo Sangiovese con il nome di un gufetto notturno che con i suoi versi anima il buio estivo, insieme alle stelle e alla luna: Assiolo.
Le peculiarità di Assiolo
E anche il cielo del vino romagnolo è più ricco, da quando esiste questa etichetta: concepito come Sangiovese gastronomico e poco costoso, nel suo genere è interpretazione tra le più risolte che si possano intercettare in Romagna e Toscana. Anche in virtù, come anticipato in apertura, delle sue apprezzabili capacità evolutive: la degustazione verticale di sette annate (2014-2008) propiziata da Gabriele in occasione della mia visita, ha fatto lampeggiare un bonus di sfumature affatto scontate nella sua tipologia (non si tratta di una “Riserva”, bensì di un “Superiore”).
Un supplemento d’indagine che ha messo in luce soprattutto l’equilibrio e le sfumature delle ultime versioni, più libere nel disegno olfattivo (in virtù di un uso più parsimonioso dei legni in fase di maturazione e di raccolte meno esasperate e tardive) e più lineari al palato (probabilmente per vinificazioni di minore ricerca estrattiva).
Prodotto per la prima volta con la vendemmia 2004 scegliendo vigne di sangiovese (cloni R24, VCR 102, VCR 5, VCR 6, Fedit 20) innestate su portainnesti S04, 1103 Paulsen e Kober 5BB e piantate (su argille rossicce) tra il 1998 e il 1999 (poste a meno di 100 metri di quota e allevate a cordone speronato), Assiolo è stato maturato esclusivamente in barrique fino all’annata 2009, dal millesimo successivo si è optato per l’élevage in doppio contenitore (barrique e tonneau), a partire dal 2011 la scelta è caduta su tonneau usati da 500 litri di rovere francese (per circa un anno).
La fermentazione è attivata con lieviti selezionati (si tratta di un ceppo neutro, molto resistente alle variazioni di temperatura), la macerazione si attesta da sempre intorno alle due settimane (in piccoli tini bassi e aperti di PVC enologico), le follature si preferiscono ai rimontaggi (il cappello delle vinacce, quando cala l’intensità fermentativa, è bagnato a mano, con il supporto di secchi) e la malolattica, condotta senza forzature, ultima il suo percorso in legno con i primi caldi della primavera successiva alla vendemmia. La tiratura media di Assiolo si aggira intorno alle 9000 bottiglie, il costo in enoteca oscilla tra 11 e 12 euro.
La verticale
Romagna Sangiovese Serra Assiolo 2014
Sente l’annata fredda e piovosa, trasformandosi in un Sangiovese rigoroso, tutto succhi e nervi, con l’agrume e la ciliegia (appena invaiata) a evocare i più longilinei rossi chiantigiani della sua categoria. A pieno regime dopo l’estate.
Romagna Sangiovese Serra Assiolo 2013
Più cupo rispetto a chi lo precede in questa degustazione, concedendogli tempo lascia filtrare ricordi di ruggine e idrocarburi, e una bocca carnosa ma di notevolissima vitalità agrumata. Tenace e graduale, è il più prospettico degli Assiolo presi in rassegna.
Romagna Sangiovese Serra Assiolo 2012
Versione “romagnola” se ce n’è una, mette in mostra inarrestabili risorse fruttate e una bocca che alla complessità predilige le golosità più confortevoli. Forse un poco schematico, ma è impossibile che non piaccia.
Romagna Sangiovese Serra Assiolo 2011
Viscerale e accalorato senza mai apparire appesantito né rustico, compensa l’enorme densità (più qualche limite di acidità) con il sale di un rosso mediterraneo. Finale di bocca ammirevole per estensione, coralità e armonia: per chi scrive, è l’edizione più completa.
Sangiovese di Romagna Superiore Assiolo 2010
Colore compatto, senza cessioni, contributo del rovere meno centrato dei precedenti, olfatto serrato e bocca invece più concessiva, apprezzabile per temperamento e sapore. Versione gregaria, figlia di una vendemmia eterogenea in regione.
Sangiovese di Romagna Superiore Assiolo 2009
L’Assiolo meno interessante della batteria, ottuso nei tratti boisé, opaco nel frutto (piuttosto evoluto) e poco coeso al palato, dove il volume alcolico prende piano piano il sopravvento. Chiude inaridito, su note amarognole.
Sangiovese di Romagna Superiore Assiolo 2008
Ha il colore più concentrato della sessione, di un bel punto di granato rubino, ma anche un naso minuzioso di analogie, di erbe, prugna e lavanda. Solido anche il sorso, pieno e tenace a un tempo, dal respiro appagante.