C’è vita oltre Vinitaly?5 min read

Se non sbaglio (ma sbaglio sicuramente) all’inizio fu il Castello di Ama. Circa 10-15 anni fa decise di non fare più lo stand al Vinitaly, suscitando dicerie, bisbigli ed un certo sbigottimento generale. Allora, in pieno boom enoico, Vinitaly era più che una fiera una celebrazione e, come tale, intoccabile.

Piano piano, pur rimanendogli sempre abbastanza addosso l’aura di manifestazione insostituibile ha iniziato a perdere qualche colpo, pardon qualche azienda, che negli anni ha deciso di non partecipare, o di partecipare in maniera meno dispendiosa.

In questo articolo non parlerò di quelle aziende che, sfruttando i giorni della fiera, hanno spostato il loro punto di incontro nel raggio di pochi chilometri da Vinitaly (veri e propri esempi di “succhiarotismo” immorale oramai dilagante) ma di quelle che, facendo una scelta coraggiosa per l’immagine, hanno deciso di non fare stand da decine di migliaia di euro ma partecipare in maniera diversa al Vinitaly. Forse la loro storia potrà essere di esempio per molti produttori inchiodati allo stand di  Vinitaly semplicemente perché non pensano si possa fare altro.

Intano i nomi: sto parlando di due aziende molto conosciute: la marchigiana Fazi Battaglia e la toscana Agricoltori del Chianti Geografico. La prima aveva uno stand faraonico a due piani, che veniva a costare (comprendendo tutto: trasferte, personale, pranzi e cene, alberghi) quasi 150.000 Euro. La seconda possedeva uno stand più piccolo ma che comunque, a conti fatti, incideva per quasi 40.000 Euro sul bilancio aziendale.

Ho fatto due lunghe ed interessanti chiacchierate con i responsabili delle due aziende, Chiara Giannotti e Marco Toti ed eccovi il succo del discorso.
I motivi della scelta

: entrambi, usando parole diverse, mi hanno fatto capire che oramai era assai difficile gestire con calma e tranquillità i molti incontri che un produttore deve avere in fiera. Questo per il continuo accavallarsi di persone che volevano salutare, fare due chiacchiere, presentarsi, fissare un appuntamento o semplicemente degustare un calice di vino. Chiara ha sottolineato il fatto che per loro era quasi frustrante non poter dedicare il giusto tempo a tutte le persone che entravano nel loro stand. Marco, molto più diretto mi ha spiegato che oramai al Vinitaly chi ha uno stand  lavora solo il giovedì ed il venerdì e nei giorni rimanenti svolge quasi esclusivamente il servizio di mescita per il grande pubblico. Non che questo sia sbagliato ma i due momenti dovrebbero essere separati per poterli sviluppare al meglio.

Mi preme sottolineare una cosa: ho inteso chiaramente nei due casi quanta fosse la frustrazione (legata anche ad un investimento in denaro che non ti permette di fare quello che vorresti realmente fare..) per non poter far degustare e parlare con la tranquillità che in questi casi serve. Purtroppo una fiera che diventa anche kermesse ha attorno odori e rumori che non facilitano certo il compito di chi deve assaggiare e di chi deve spiegare il proprio prodotto. L’ho capito bene perché, dall’altra parte della barricata la stessa frustrazione prende anche me. Amplificata poi dal dover stare in piedi per ore mi  porta, oramai da anni, alla scelta di non assaggiare vini a Vinitaly perchè spessissimo sono troppo giovani, troppo caldi,sbattuti, pieni di solforosa e soprattutto vengono degustati da un degustatore stanco che non ha la concentrazione giusta.

Ma torniamo ai nostri: entrambi hanno confessato che la paura più grande era quanto l’assenza “visiva” dello stand poteva influenzare negativamente l’immagine dell’azienda. La frase “Hai visto? Non hanno più nemmeno i soldi per lo stand!” era il vero spauracchio notturno e non negano di aver dovuto spiegare a molti come stavano le cose in realtà.

Ma come stavano?

Le due aziende, con diverse sfaccettature organizzative, hanno preferito investire quei soldi in altre forme di promozione o di marketing: Fazi Battaglia organizzando iniziative in cantina e sul territorio, Agricoltori del Chianti Geografico dando la precedenza a mercati  esteri emergenti.

Ma la domanda da un miliardo di euro era “Quanto avete perso, in contatti e contratti, non partecipando con lo stand a Vinitaly? Prima di rispondere entrambi hanno premesso che la loro non è stata una non partecipazione assoluta, ma una presenza in forma diversa. O appoggiandosi ad uno stand amico o organizzando incontri  in strutture consortili. Detto questo, entrambi mi hanno confermato che gli incontri che volevano fare li hanno fatti e inoltre che certi colloqui è bene farli altrove, magari proprio all’estero, a casa dell’importatore.

“Oramai la fiera non ti serve per fare l’ordine e non ti risolve certo il problema del fatturato annuo” afferma Marco Toti. “Non credere che in fiera arrivi lo sconosciuto cliente che vuole acquistare tanto vino.” rincara Chiara Giannotti.
Alla fine dei salmi, partecipando in maniera “intelligente” (il virgolettato serve solo a far risaltare il termine) le due aziende in questione hanno utilizzato in modo diverso i soldi dello stand ma non hanno praticamente perso contatti e hanno avuto gli incontri che dovevano avere.

Certo è che entrambe si sono organizzate per tempo, consultando i loro venditori, i clienti e chiedendo molti pareri prima di fare il grande salto. Tutte e due tengono a precisare che non è stata la loro una presa di posizione CONTRO il Vinitaly ma solo un modo per rispondere alla sacrosanta esigenza di diversificare  gli investimenti promozionali.

Quindi Vinitaly non è  più quel monolite indiscusso ma una delle tante opportunità che un produttore deve decidere se e come utilizzare a seconda del proprio mercato.

Questo, in definitiva, è il vero succo del discorso. In un’ azienda vinicola,  le scelte riguardanti la promozione e/o la commercializzazione non possono basarsi solo su un momento fieristico (strutturato peraltro in maniera non certo ottimale) ma devono essere elastiche e, appunto, intelligenti.

Entrambi, condensando in una battuta,  hanno cercato di utilizzare al meglio Vinitaly, volendo evitare che Vinitaly utilizzasse loro.

Sarà un caso ma  il prossimo anno Vinitaly si terrà dalla domenica al mercoledì….

 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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