Caprioli e compagnia: vigneti KO e cosi sia!5 min read

Chiedendo ai produttori toscani di pronunciarsi sul problema dei danni ai vigneti da parte di cinghiali, caprioli, daini e compagnia, (vedi qui)  non credevamo di toccare un problema così sentito. Invece alle molte mail ricevute si sono aggiunte anche telefonate e addirittura alcuni produttori si sono scomodati a venire fino da noi in redazione.

Ripeto, che il problema fosse grave lo sapevamo ma leggendo o ascoltando le storie la situazione ci è sembrata molto peggio e molto più ingarbugliata del previsto.

Cerchiamo di procedere con metodo. Prima di tutto abbiamo avuto testimonianze da tutto il territorio del Chianti Classico, dalla zona del Chianti fiorentino, da Montalcino, da Montepulciano, dalla Maremma e da san Gimignano.
Le situazioni peggiori sono sicuramente quelle del Chianti Classico: a Lamole vigne con perdite del 100% del prodotto, idem in diversi vigneti nuovi nella zona di Castellina in Chianti 100%, perdite generalizzate dal 10% al 50% in altre zone come il Comune di Greve e di Gaiole in Chianti.
Anche a Montalcino ci sono stati danni che

 hanno rasentato il 100% in vigneti nuovi e comunque danni generalizzati come minimo del 10%.

A Montepulciano danni dal 10% al 20% mentre dalle testimonianze avute pare che la Maremma e San Gimignano siano zone meno toccate dal fenomeno.

Ma di quale fenomeno stiamo parlando? In parte di danni dovuti ai cinghiali ma soprattutto di quelli fatti da caprioli e daini (cervi in minima parte) che mangiano i giovani germogli delle viti, l’uva quando è matura ed in molti casi anche le giovani viti appena piantate.

Questi danni non colpiscono gli agricoltori da ieri, qualcuno ci ha parlato di almeno 20 anni!

Ma i produttori cosa fanno? Aspettano tranquilli senza fare niente? Assolutamente no ma per parlare di come si corre ai ripari bisogna allargare il discorso ad altri soggetti: da una parte i cacciatori e dall’altra la burocrazia  nelle varie declinazioni “comunale, provinciale, regionale”.

Il metodo più semplice per salvare i propri vigneti, almeno dai cinghiali, sono le reti elettrificate. Molte aziende le hanno acquistate, chiedendo spesso il contributo agli enti preposti ma ricevendolo solo in alcuni casi. Però la rete elettrificata, che oltre ad avere costi di acquisto ha anche quelli di montaggio e di smontaggio, non serve assolutamente a niente contro caprioli e daini che riescono addirittura a saltare le recinzioni alte due metri che molte aziende sono state costrette (con costi ancora più  alti) a montare. Queste recinzioni però devono per legge avere dei varchi, che permettano, mettiamo ai cacciatori, di poter passare. Molto spesso però o i cacciatori o qualche operaio sbadato si scorda la porta aperta e così i caprioli possono entrare e banchettare.

Ma i cacciatori non dovrebbero essere quelli che limitano il proliferare di questa popolazione di ungulati? In teoria si, però non tutti (anzi sono molto pochi) i cacciatori hanno la licenza per poter cacciare caprioli e daini e soprattutto la caccia di questi animali e fortemente regolamentata e contingentata.

Inoltre molto probabilmente sono stati fatti male i conti: i caprioli (che hanno bisogno di pochissime centinaia di metri quadrati di bosco per vivere) si sono riprodotti molto più velocemente del previsto e oggi, solo nei comuni di Castellina e Radda in chianti si stima ce ne siano più di 6000.

In più è uso consolidato da parte dei cacciatori “appastare” durante l’inverno gli animali a cui daranno la caccia l’autunno successivo. Questa “tradizione” unita quasi sempre alla mancanza di un vero competitore (leggi lupo, che però in alcune zone sta ricomparendo) porta la popolazione dei caprioli   a moltiplicarsi a livelli impensati. Daini e cervi hanno invece bisogno di molto più bosco per poter vivere e quindi il loro sviluppo è più controllato e controllabile.

Per i cinghiali invece, a causa anche di immissione di altre razze diverse dal maremmano (piccolo e poco prolifico), agli incroci con i normali maiali e alle “appastature”  siamo oramai alle continue cacce di selezione che, accanto alle normali cacciate, riescono a malapena a mantenere il numero entro livelli altissimi ma mediamente accettabili.

Un problema correlato non da poco, segnalato da diversi produttori, è l’aumento nei boschi e nei campi di alcuni parassiti degli ungulati, in primo luogo le zecche.

Ma facciamo un esempio pratico: il produttore X che trova la sua vigna danneggiata cosa può fare? In primo luogo telefonare agli uffici competenti  per segnalare la cosa. Se è fortunatissimo  i cacciatori autorizzati a cui è stata affidata quella zona organizzeranno una caccia di selezione in tempi piuttosto brevi. Normalmente invece i tempi sono piuttosto lunghi (si parla anche di mesi) e comunque secondo le regole di cui si parlava prima i cacciatori potranno abbattere pochissimi animali, anche se in zona ve ne sono il triplo o il quadruplo.

Il produttore potrà comunque montare (praticamente a proprie spese perché i contributi sono sempre più una pia illusione) delle recinzioni, magari alte. Ma, a parte i costi (per un solo ettaro si parla di almeno 5-6000€) se tutti facessero così il Chianti Classico o Montalcino avrebbero più recinti che alberi e certamente questo non sarebbe un bel viatico pubblicitario per il territorio. Il nostro produttore può naturalmente chiedere sovvenzioni e rimborsi ma oggi, con la situazione economica attuale, i fondi sono quasi inesistenti. Può allora cercare di fare leva sui vari enti locali, provinciali e regionali ma tutti i produttori sono concordi nel sottolineare l’immobilismo dei politici, spesso più portati a sostenere i cacciatori che gli agricoltori.

Alla fine dei salmi il quadro è veramente triste: tutti gli intervistati sono concordi nel ritenere il problema di difficilissima soluzione, specie per i caprioli. Infatti in tutto questo si innesca il “fattore bambi” che crea un blocco mentale nell’opinione pubblica, impedendogli di credere che questi animali, carini e bellini, siano una piaga quasi peggiore delle cavallette. Il rispetto degli animali è una cosa giustissima, ma questo non può passare sopra al non rispetto per il lavoro di moltissime persone.

A proposito, durante un recente viaggio in Langa ho chiesto dei caprioli ed ho scoperto che anche là, dove di bosco ce n’è veramente poco, il problema inizia a sentirsi. Se si sviluppano e fanno danni in Langa dove i boschi sono un ricordo, figuriamoci cosa possono fare nei grandi boschi toscani, confinanti spesso con tanti, tanti, tanti, vigneti.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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0 responses to “Caprioli e compagnia: vigneti KO e cosi sia!5 min read

  1. Hai fatto più che bene a sollevare questo problema, anche se purtroppo sei una voce nel deserto: il sacro Bambi non si tocca, è la vera vacca sacra della Toscana! Alla perfetta descrizione del problema vorrei aggiungere un solo punto, quello della qualità . Quando Bambi ed il suo amico daino entrano in un vigneto non mangiano a caso, sono intenditori raffinati. L’uva con un pò di muffa o di malattia manco la guardano, quello che sparisce è il 100% del meglio che hai mentre tutto il peggio resta. Fare un prodotto al top in un vigneto “visitato” da bambi è pura utopia, ed il risultato è un danno monetizzabile in cifre molto superiori al semplice venti o dieci per cento che lui mangia. Bambi è una minaccia per il vino qualità , se vogliamo che l’enologia Toscana resti grande dobbiamo provvedere. E subito.

  2. Anche qui nel Monferrato si affacciano. Anche i conigli sono carini, e pure i vitellini, eppure …
    Il problema è in gran parte frutto di stupidità  e scarso potere contrattuale degli agricoltori, che sono più dei cacciatori ma a quanto pare contano di meno. Dedicammo una copertina e un editoriale di Millevigne al problema dei danni da sellvaggina. Il titolo era: vincerà  il cinghiale? E non pare una domanda retorica. Per chi volesse rileggerlo metto il link e mi scuso con Carlo per il mio approfittare. Sono anch’io un “succhiaruote”
    http://www.millevigne.it/periodico-articoli/vincera-il-cinghiale?A=SearchResult&SearchID=329415&ObjectID=1163978&ObjectType=35

  3. Castellina in Chianti, dalla finestra del mio studio si vede parte di una giovane vigna a Guyot che fatico a “tirare su” per via degli amatissimi bambi….
    Mentre leggevo il suo articolo ho istintivamente girato lo sguardo alla vigna e… indovini cosa ho visto nei filari ?

    Altre due piantine assassinate… In compenso la bestiaccia ha un pelo bello lucido, evidentemente la dieta a base di sangiovese gli giova!

    l’emergenza era due anni fa… oggi si può tranquillamente parlare di cataclisma, sia per le colture che per i boschi !

    P.S.: qualcuno sa dove si possono comprare branchi di lupi? possibilmente famelici e/o idrofobi

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