Negli anni in cui il merlot e cabernet sauvignon venivano piantati ovunque in italia, l’Alto Adige non fu da meno. Oggi non credo si piantino ancora questa due vitigni, sia perché si è capito che da quelle parti non è certo facile farli maturare, sia perché il mercato tira nettamente verso al tre uve, magari a bacca bianca.
Così l’Alto Adige si ritrova con vigne di cabernet e merlot che invecchiano in santa pace e a cui i produttori prodigano grandi attenzioni perché sanno che solo in quel modo potranno avere dei risultati.
E i risultati sono spesso buoni, come abbiamo visto nel nostro assaggio. L’uso del legno anche qui (vedi l’articolo sul pinot nero ) è importante, ma questi due vitigni sanno digerirlo meglio e la loro potenza riesce a condurlo verso risultati di grassezza e profondità molto validi.
Forse è il cabernet sauvignon quello che riesce a puntare più in alto, quello che esprime le maggiori complessità sia al naso che in bocca, ma anche il merlot ha mostrato una buona costanza qualitativa e soprattutto un buona “elasticità gustativa” che tanti merlot importanti italiani vorrebbero avere.
Chi ci conosce sa che questi non sono certo i vini che amiamo di più, ma la loro austera linearità e la loro riconoscibilità ci hanno colpito in positivo.
Siamo convinti che i produttori facciano i salti mortali per portarli a giusta maturazione (alcolica e fenolica) ma ci sembra che oramai abbiano trovato una strada ben tratteggiata, che porta a vini di buon carattere, tannini abbastanza dolci ma concreti, di buona, ottima lunghezza e ogni tanto con punte di godibile complessità.