Cabernello di Montalcino e acidello di non si sa dove4 min read

Caro Carlo,
dopo aver letto un paio di tuoi articoli sento la necessità di dire la mia.

Fermo restando che non mi piace sentire tanto baccano mediatico, quando poi sappiamo tutti che niente avviene e che tutto viene insabbiato sia per come è organizzata la giustizia (patteggiamenti, ricorsi, proroghe e prescrizioni) sia per i media che si lanciano velocissimamente dietro alla prossima farfalla dimenticandosi della precedente.

Ciò detto non ho potuto fare a meno di provare un sottile piacere nell’illusione che una volta tanto i furbi potessero pagare!

E mi spiego meglio: tutti i produttori che conosciamo (io e te) prendono amabilmente le distanze dal sig Castagna che utilizza saccarosio, acqua, solfato di ammonio e acido cloridrico e solforico. Ma se queste frodi sono sempre avvenute è purtroppo vero che incidono nel settore ben profondamente anche dentro quell’elite che finge un rapporto etico con il proprio mestiere.

Rammento anni fa il padre di un produttore che con espressione teatrale alla De Filippo ci raccontava come, il padre suo (1910), aggiungesse 5 parti di acqua ad una del suo vino, vendendolo con successo, laddove quando finiva il suo ed acquistava del calabrese non potesse assolutamente aggiungere più di 3 parti di acqua, altrimenti la gente non se lo comprava. Era come stare a teatro. Ma queste cose le abbiamo sempre sapute.
Ciò che non sapevamo è che alcuni enologi (di chiara fama) quando devono correggere l’acidità utilizzano l’acido solforico, in dosi certo minime ma….
Il solfato ammonico è ammesso come nutrimento dei lieviti, ma qualche produttore (di chiara fama) trova più conveniente acquistare quello agricolo (grezzo) rispetto a quello enologico (purificato!!??), serve comunque per i lieviti ed è inutile chiedersi cosa posa fare all’uomo, tanto non abbiamo ancora capito cosa in effetti fa alle piante!
I vigneti così ben coltivati dai nostri produttori (di chiara fama) sono ormai così poveri di humus che in queste annate siccitose producono vini di 18° gradi potenziali, di conseguenza si usa diluire con acqua per riportare la gradazione a valori “umani”.
Oramai con le annate calde che abbiamo non è più di moda, inoltre la paura dei controlli fatti dai laboratori tedeschi ha modificato le abitudini; al consueto ricorso al saccarosio si preferisce utilizzare miscele di fruttosio e glucosio o mosto concentrato, talvolta acquistato legalmente, talaltra al mercato nero.

Acqua, zucchero, acidi forti, fertilizzante. Come vedi non c’è nessuna differenza, tranne che il sig Castagna faceva tutto ciò con regolarità mentre i produttori (di chiara fama) lo fanno solo quando ne sono “costretti”!!?? Inoltre il sig Castagna lo faceva con evidente volontà speculativa mentre i produttori (quelli di chiara fama)………..

E adesso veniamo al cabernello di Montalcino. Se è vero che questa frode non rappresenta un pericolo per la salute di chi beve, dal punto di vista etico a mio avviso le differenze sono poche. Segui il mio ragionare:
– in Toscana viene fatta una denominazione che, ignorando la tradizione dell’uvaggio prevede l’uso di un solo vitigno, per sole ragioni di marketing. Perché chiunque si occupi di terra e di vigna, dagli agronomi formati nelle università interplanetarie ai contadini formati sulla zolla, sanno che le terre dove poter fare sangiovese in purezza con costanza qualitativa, anno dopo anno, sono veramente poche, certamente non un intero comprensorio comunale.
– viene anche decretato un invecchiamento minimo di tre anni in legno, avendo come base un vitigno fragile.
– il mercato privilegiato è quello americano che notoriamente non ama il sangiovese bensì vini morbidi, fruttati, rotondi, pieni di vaniglia.

Un vero castello in aria, anzi il classico “sogno americano” (come quello in Iraq) anche perché se controlli, nel 1968 a Montalcino c’erano 42 ettari di vigneto, adesso 1800 di cui 900 di Banfi; dei restanti 900 quanti producono vino per il mercato americano?

Cosa trovo in comune tra questi diversi episodi truffaldini? L’aver completamente ignorato l’etica! In ambedue i casi i produttori si sentono liberi di fare quello che gli pare, senza limiti. Utilizzare sostanze ammesse e non senza chiedersi gli effetti, sbandierare un vessillo che non gli appartiene! E tutto naturalmente in nome del profitto, gli uni come gli altri! E se qualcuno è troppo esposto con le banche saran ben c…. suoi o dobbiamo farci carico dell’ennesimo imprenditore incapace di gestire le sue aziende!

Mi spiace ma io non vedo alcuna differenza tra il sig. Castagna ed i suoi più illustri e famosi colleghi, non credo che il prestare la propria faccia alla copertina di una rivista ci consenta di sentirci superiori agli altri, soggetti ad un diverso regime legislativo. Credo che ogni mattina davanti allo specchio dovremmo ripeterci che produciamo una bevanda per il consumatore e che se riusciamo a distribuire salute e piacere abbiamo semplicemente soddisfatto una condizione essenziale della nostra attività, ognuno ci arriverà secondo la propria capacità, fortuna e maturità, se posso tollerare volentieri chi ancora è lontano non posso tollerare chi finge che il problema non esista.  “La mafia, un invenzione dei giornali!”

Perdona lo sfogo ma mi sembrava che tu stessi scivolando nella tentazione cattolica dell’assoluzione.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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