Bottiglie pesanti, ovvero come beccarsi la sindrome di Don Chisciotte3 min read

Mentre in Australia nascono bottiglie per vini spumanti del peso di 580 grammi, cioè che pesano molto meno della stragrande maggioranza delle bottiglie pesanti che giornalmente mi trovo davanti, in Italia la situazione è sempre più scoraggiante.

Parlare di bottiglie leggere ai produttori è come parlare di unicorni: belli ma irreali. Per un esempio positivo che trovo (e lo voglio citare: la Tenuta di Fiorano usa da sempre bottiglie da 400 grammi!) mi scontro giornalmente con produttori che cascano dal pero o fanno finta di farlo quando si parla di questo argomento.

Vi faccio due esempi.

Esempio 1. Incontro un produttore biologico (ripeto biologico!) che usa una bottiglia di oltre 750 grammi: segue dialogo per niente ipotetico:

“Ma si rende conto che così inquina molto più di un produttore non bio?”

“Ma cosa dice, noi siamo biologici da sempre, stiamo attenti a riciclare anche la plastica, adottiamo in azienda tutta una serie di misure per essere sostenibili.”

Ma allora perché inficia tutto quello che fa usando una bottiglia che inquina il doppio rispetto al normale?”

“Ma quello è il nostro vino di punta, ne facciamo poco, cosa vuole che sia per x bottiglie”.

Insomma Il produttore, pur essendo biologico, non vede il problema, lo minimizza e sotto sotto lo considera una scocciatura al pari di un nuovo modulo da compilare.

Esempio 2. Produttore che cerca un modo per piazzare il suo vino top e, pur riconoscendo il problema afferma:

“L’unico modo che ho per alzare il prezzo su questo vino, che per me è il migliore che faccio, è metterlo in una bottiglia più pesante: se spendo 20 centesimi in più per il vetro posso chiedere 1.5 euro in più per il vino.”

Insomma, il marketing spiegato ai ragazzi.

Quindi un produttore biologico deve per forza inquinare di più per essere biologico e credibile, rinnegando e inficiando quando fa in vigna e un altro non ha altra strada per far capire che ha prodotto un vino migliore se non quella di vendere  un vetro “migliore”, cioè più pesante.

Non sembra anche a voi ci sia dell’assurdo in tutto questo? Due produttori fanno il contrario di quello che dovrebbero fare (uno rinnega gli sforzi bio, l’altro per dare valore al vino da valore al vetro) ma questo sembra solo a me un controsenso?

Di esempi ne potrei fare a migliaia ma fondamentalmente il mondo del vino italiano non riesce a vedere il problema, mentre agli antipodi gruppi di produttori australiani e neozelandesi basano il loro marketing sulla bottiglia leggera e hanno successo.

Parlando con la cara amica Paola Rastelli, sommelier, donna del vino, organizzatrice di mille eventi, una delle poche persone che ha capito sin da subito il problema tanto da aver fatto un’inchiesta tra le Donne del Vino sul vetro pesante (i cui risultati saremo felici di pubblicare su Winesurf), è venuto fuori che entrambi, quando parliamo con qualcuno di bottiglie pesanti ci sentiamo come dei Don Chisciotte che si lanciano inutilmente contro i mulini a vento.

Eppure se guardiamo alle difficoltà a cui va incontro un produttore per inquinare meno in vigna e in cantina (pensate ai tempi e all’impegno che ci vogliono per diventare biologici o addirittura per adottare criteri biodinamici o per creare in cantina impianti fotovoltaici, di riciclo delle acque etc) quello di adottare una bottiglia leggera è sicuramente un problema di più facile risoluzione. Però non viene sentito come urgente o soprattutto come un qualcosa che possa portare a distinguersi.

Non per niente molto spesso, parlando di vetri leggeri mi sento rispondere che in effetti il problema della sostenibilità è basilare e di seguito il produttore si mette ad elencare una lunga serie di cose da fare concludendo con “Certamente, anche le bottiglie più leggere”. Questo ti fa capire quanto venga sentito il problema e come si cerchi di evitarlo mettendogli davanti una serie di problematiche che avrebbero bisogno di molti anni e molta voglia per essere risolte.

Ma noi, da bravi Don Chisciotte, continueremo a lanciarci contro i mulini a vento.

A proposito, se ancora non sapete perché è fondamentale usare vetri leggeri andate a dare un’occhiata qui o a cercare su Winesurf i molti articoli sull’argomento.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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