Bonarda e Pinot Nero in Oltrepò: potenzialità non espresse2 min read

“2014 odissea nel corriere” poteva tranquillamente intitolarsi quest’articolo. Infatti i vini dell’Oltrepò Pavese che dovevano arrivarci a settembre, per cause dipendenti esclusivamente dallo spedizioniere, prima sono andati praticamente perduti e poi, grazie all’interessamento del direttore del Consorzio Emanuele Bottiroli (che ringraziamo), ritrovati, recuperati e finalmente spediti alla nostra sede.

Così, dopo un “tour” durato più di due mesi i vini sono finalmente arrivati da noi, che li abbiamo fatti riposare in magazzino almeno 15-20 giorni prima di assaggiarli.

Ecco spiegato il perché di un assaggio che poteva e doveva (specie per la bonarda) essere fatto a settembre e invece è slittato a fine dicembre.

E visto che abbiamo parlato di Bonarda partiamo proprio da lì, da quel vino profumato, fresco, frizzante, estremamente piacevole che io berrei non dico tutti i giorni, ma quasi.

Purtroppo l’annata 2013 non è stata molto amica di questo vino e non molte aziende (diciamo un terzo per essere più chiari) hanno potuto produrre Bonarda con bei profumi e con un corpo adeguato. Le punte sono sempre le solite, anzi la solita, e questo dovrebbe far riflettere molto sulle possibilità per questo vino di uscire dal ristrettissimo giro locale. Se facciamo un veloce confronto con un altro importante vino frizzante italiano come il Lambrusco, dal punto di vista della qualità diffusa la Bonarda ne esce non troppo bene, pur avendo molte frecce al proprio arco.

Per quanto riguarda la Bonarda ferma, avendone degustate troppo poche non ci sentiamo di dare un giudizio generale, anche se non da ora prediligiamo quella frizzante e soprattutto non vediamo un grande futuro nei lunghi invecchiamenti.

Veniamo a parlare di pinot nero, sia fermo che metodo classico: anche qui i vini veramente buoni si contano sulle dita di una mano e anche qui, anno dopo anno, sono quasi sempre gli stessi. Sono sempre gli stessi anche i punti di discussione: nasi poco espressi e finezza della bolla non proprio eccelsa. Questo lo ritroviamo sia nei metodo classico vinificati in bianco che nei Cruasé, tipologia che meriterebbe molto più successo, vista “la moda” imperante dei rosati.

Per quanto riguarda il Pinot Nero fermo, pur trovando alcune interpretazioni quasi da manuale dobbiamo tornare a quanto detto: queste sono sempre troppo poche per parlare di miglioramenti generalizzati. Vedendo però quello che alcuni produttori riescono a fare non si può negare che il territorio abbia le giuste potenzialità per emergere ma che, purtroppo, questo salto di qualità generalizzato tarda sempre a venire. Eppure i migliori Pinot Nero dell’Oltrepò riescono a spuntare prezzi non certo da affezione e ciò dimostra che il mercato è reattivo alla qualità.

Che dire in conclusione…l’Oltrepò Pavese è sicuramente una bellissima , con almeno due vitigni (bonarda e pinot nero) dalla potenzialità grandissime ma purtroppo solo in parte espresse.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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