Bianchi liguri: che bella sorpresa!3 min read

Era la prima volta che affrontavamo un assaggio di bianchi liguri e la commissione (composta dal sottoscritto, da Giampaolo Giacomelli e da Pierlorenzo Tasselli) era divisa tra aspettative positive e dubbi quasi inconfessabili. Di fronte a noi una sessantina di vini solo DOC, per cercare di focalizzare meglio l territori e le tendenze.

Diciamo subito che le aspettative positive si sono concretizzate e neanche poco. Per farsi capire credo basti citare la media stelle ottenuta:  2.56, veramente alta.

Ma scendiamo nel dettaglio: intanto “il pressapochismo enologico” (eufemismo per presentare in maniera soft qualche puzzetta) nei bianchi liguri non esiste assolutamente più. Tutti i vini assaggiati sono risultati ben fatti, puliti, tecnicamente perfetti. Indubbiamente l’enologia ligure ha fatto dei notevoli passi avanti. Ma solo passi avanti di cantina non portano lontano: per fortuna anche la vigna sembra andare di pari passo e ha permesso di trovare vini non solo puliti, ma aromaticamente complessi e dotati di nerbo e  buona struttura.

Due vini con 4 stelle (della stessa azienda, roba da genuflessione!) e ben 6 con 3.5 rappresentano il top dei nostri assaggi. Questo “top” è diviso in maniera praticamente equa tra i vitigni bianchi su cui la Liguria sta puntando di più: Vermentino , Pigato, Bosco e Albarola. Dal punto di vista delle denominazioni dobbiamo registrare un vantaggio del Levante (Colli di Luni e Cinque Terre) rispetto al ponente, soprattutto se andiamo a prendere in considerazione il Vermentino che a Ponente ci è sembrato meno tonico  e interessante rispetto a quello dei Colli di Luni.

Altro dato positivo di quest’assaggio sono stati i trenta vini compresi tre le 3 (ben 22) e le 2.5 stelle;  messi assieme agli otto sopra citati mostrano chiaramente come più del 65% dei prodotti assaggiati vada dal buono all’ottimo. Questo è un dato che deve far riflettere su una regione che fino a poco fa era considerata la cenerentola enoica del nord. Numeri alla mano questo (almeno per i bianchi) non è più vero.

Dal punto di vista delle denominazioni , Il Vermentino dei Colli di Luni è forse il vino che ci ha dato maggiori soddisfazioni: sempre di bella freschezza si porta dietro anche un corredo aromatico per niente scontato. Per questo ci sembra sbagliata la strada di alcuni che aggiungono piccole percentuali di vitigni aromatici, che magari possono servire per farsi riconoscere a prima vista, ma sicuramente tolgono eleganza, complessità, riconoscibilità territoriale e profondità al vitigno.

Il Vermentino del Ponente, pur mostrando buone caratteristiche ha forse meno carattere e profondità del cugino, mentre il Pigato ci ha sorpreso, non solo per l’immediatezza ma per le possibilità di maturare (forse usare la parola invecchiamento era troppo) bene, tanto che i migliori sono risultati due vini della vendemmia 2009.

Due parole a parte meritano i Cinque Terre, vini figli di una viticoltura eroica che però era spesso carente in cantina. Anche questa, degustazioni alla mano, è un’immagine del passato. I Cinque Terre assaggiati avevano nasi irreprensibili e spesso  complessità, profondità e ampiezze aromatiche di assoluto valore. Accanto alla storica cooperativa stanno crescendo produttori di cui sentiremo parlare molto in futuro e questo non può fare che un mucchio di piacere.

Due parole sull’annata 2010 che ci aspettavamo molto meno interessante. Invece complessità aromatiche e buone strutture parlano di una vendemmia magari difficile ma ben gestita sia in vigna sia in cantina.

In definitiva la versione “bianca” dei vini liguri non solo esce a testa alta dall’assaggio ma supera ogni aspettativa e relega nel dimenticatoio tanti vecchi luoghi comuni, anche quello dei prezzi che non sono assolutamente (vista la qualità) più alti di altre zone bianchiste più blasonate.

Non possiamo che dire alla stragrande maggioranza dei produttori:  “Bravi, continuate così!”

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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