Bianchi e bollicine: lo stato dell’arte.5 min read

Dopo gli assaggi dei bianchi e degli spumanti e prima di iniziare le degustazioni dei vini rossi (nonché dei dolci) ci viene voglia di fare il punto della situazione.

Intanto vogliamo ricapitolare le denominazioni sotto la lente dei nostri assaggi estivi, in ordine rigorosamente sparso. Tutte le tipologie di bianchi DOC dell’Alto Adige, Franciacorta DOCG, Gavi DOCG, Nosiola, Müller Thurgau, Chardonnay del Trentino, Spumante Trento DOC, Lugana DOC, Soave DOC e DOCG, vernaccia di San Gimignano DOCG, Verdicchio dei Castelli di Jesi, Verdicchio di Matelica. In totale circa 1000 vini che, ci piace ricordarlo, vengono presentati in maniera gratuita e almeno 1-2 mesi prima di tutte le guide cartacee.

Veniamo adesso ai quelli che potremmo chiamare “concetti base”.

Qualità

Forse sarebbe meglio dire “qualità media”( non che non vi siano state punte..). Non possiamo dire che sia salita, anche se non partiva da livelli bassi. Più che la qualità crediamo sia salita l’affidabilità dei bianchi e delle bollicine italiane che, tradotta in soldoni, vuol dire poter comprare una bottiglia senza avere brutte sorprese di vini ossidati, con puzze o problemi vari. Oramai questi problemi toccano percentuali molto basse (meno del 1-2%) dei produttori “di livello”. Cosa vuol dire “di livello”? Diciamo che inquadra la categoria di chi imbottiglia almeno con velleità qualitative.  Questo perché svariate denominazioni hanno una tale quantità di vino imbottigliato fuori zona (che quasi sempre rappresenta quelle bottiglie vendute a prezzi tra 1 e 2 €  nella grande distribuzione) da creare un vero e proprio squilibrio di mercato tra “vini imbottigliati di qualità” e “vini imbottigliati” non sempre a netto sfavore dei primi. In altre parole: noi assaggiamo la punta dell’iceberg e poi sul mercato si trova l’immensa pancia sommersa, che potrebbe affondare più di un Titanic ma che spesso, come avviene in natura. “tiene a galla” la parte emersa.

Vigna

Lo voglio ririririridire: “Il vino nasce in vigna”. Lo ririririridico per autoconvincermi,  perché una buona fetta dei vini assaggiati sono figli di un appena sufficiente lavoro in vigna e di un bel lavoro di cantina. Questo non porta certo a vini cattivi: Il panorama che si presenta è quello di vini molto simili l’uno all’altro, corretti ma niente più. Il risultato è, per noi una noia mortale negli assaggi, per i consumatori una “incertezza iperbolica” (per scomodare Cartesio), dove “questo o quello per me pari sono” ed alla fine l’unica differenza è il prezzo. Può anche essere una strada da seguire, ma poi non ci lamentiamo dei consumatori che guardano solo al prezzo più basso. Se i vini si assomigliano troppo a cosa devono guardare?

Cantina

Se la matematica non è un’ opinione(visto quanto detto sopra) le cantine dei bianchisti e degli spumantisti italiani lavorano bene. In diversi  casi si assiste anche ad un ridimensionamento della tecnologia o comunque alla presa di coscienza che comprando “Ferrari enologiche” non è detto di arrivare primi. Anche se ciò è vero troppo spesso la cantina è il luogo principe per incontri ed assaggi, cercando di lasciare le vigne in un “limbo visitativo”, che purtroppo avvalora ancora di più quanto sopra detto.

Vetri

Vi ricordate la nostra campagna “Meno pesa più vale!” per la diminuzione del peso delle bottiglie. I risultati sono inferiori allo zero.  Gli spumantisti non se lo pongono nemmeno come problema futuro mentre i bianchisti, nella migliore delle ipotesi, dicono che sicuramente lo prenderanno in considerazione ma…. Quindi continuano a proliferare bottiglie strapesanti, strainutili, stracostose ed anche quelle “base”, spesso e volentieri pesano sempre quei 150-200 grammi in più di quanto sarebbe necessario o sufficiente. Sinceramente speravamo di più. Per questo rilanciamo: nei prossimi giorni le aziende vinicole italiane riceveranno un piccolo questionario dove chiederemo una sola cosa molto semplici: di quanto, dal 1° giugno 2008, hanno diminuito il peso delle loro bottiglie. Questa volta però pubblicheremo nomi e cognomi, sia dei bravi sia dei cattivi. Insomma, “a la guerre comme a la guerre”.

Enti

Se non ci fossero bisognerebbe inventarli: sto parlando dei Consorzi di Tutela, delle Camere di Commercio o delle associazioni che, in tutta Italia ci danno una mano, anzi due, nell’organizzare le degustazioni. Oramai ognuno ha il suo bell’ufficio stampa, con addetti molto competenti, che sanno perfettamente cosa fare. Il nostro lavoro diventa così ( in molti casi, non sempre…)di una facilità disarmante. Per dirla in latino maccheronico: “Veni, Bevi, Dici.”

Prezzi

Non siamo l’osservatorio nazionale dei prezzi ma ci sembra che, rispetto allo scorso anno, siano aumentati ben poco. Questo è sicuramente un bene. Abbiamo però notato una cosa: il prezzo che noi pubblichiamo è composto dal costo senza IVA  (franco cantina per rivenditori) che ci comunica il produttore, a cui aggiungiamo IVA (20%) ed un ricarico del 40% circa. Un ricarico medio da enoteca. Poi però vediamo diversi vini a prezzi molto più bassi, specie nella grande distribuzione e tale cifra non può essere giustificata solo da un ricarico inferiore, ma da prezzi molto scontati alla fonte.  In altre parole siamo di fronte ad un “prezzo civetta ed uno reale”, dove il secondo è solo sulla carta, purtroppo sulla carta delle guide che così non riescono a fotografare la realtà.

Domanda finale

A questo punto, esulando leggermente dal tema, cari lettori vi facciamo una domanda. Vi è servito avere giudizi sui bianchi praticamente in tempo reale? Pensate che serva pubblicare risultati proprio nel momento in cui parecchi di questi vini hanno il loro “picco” (di commercializzazione e di beva) oppure pensate che, sotto sotto, sia inutile e tanto vale aspettare le guide cartacee in autunno? A voi e non ai posteri  la non ardua sentenza.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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