Per la prima volta quest’anno abbiamo inserito nei nostri assaggi per la guida anche i bianchi di Montefalco.
I motivi possono essere parecchi ma fondamentalmente si riducono ad uno e cioè l’evoluzione che negli ultimi anni ha avuto questo territorio sul fronte dei bianchi e che si può racchiudere in due parole: Trebbiano Spoletino.

E’ infatti grazie all’esplosione di questo vino-vitigno che in poco tempo si è visto crescere esponenzialmente la presenza dei bianchi a Montefalco, prima relegata ad alcuni Grechetto, peraltro di buon livello. La crescita esponenziale si deve anche ai problemi di commercializzazione che rossi importanti come il Montefalco Sagrantino stanno accusando un po’ dappertutto e così oggi a Montefalco siamo di fronte sia ad un fiorire di etichette che di denominazioni. Infatti accanto al Montefalco Grechetto (almeno 85% di grechetto) è nato il Montefalco Bianco (almeno 50% di trebbiano spoletino) senza dimenticare che diverse aziende producono anche Spoleto DOC Trebbiano Spoletino (almeno 85% di trebbiano spoletino).
Insomma, oggi a Montefalco ci sono due categorie di produttori, quelli che hanno uno o più bianchi e quelli che ancora li devono mettere in produzione.

Naturalmente parliamo della prima categoria… e ancor più naturalmente la stragrande maggioranza dei vini presentati parlano la lingua del trebbiano spoletino. Questa lingua, per adesso, ricorda un po’ il mito della Torre di Babele perché una linea precisa è difficile trovarla.
Dato che siamo di fronte a un uva con precisi e intensi profumi si potrebbe pensare che la strada maestra possa essere quella del rispetto degli aromi attraverso un bianco giovane in acciaio: in effetti c’è chi lo produce giovane e molto rispondente al vitigno, ma c’è anche chi usa del legno, chi lo matura in anfora, chi lo porta a surmaturazione e chi fa un mix di tutto.
In conclusione, cosa che avevano già capito da altri assaggi di Trebbiano Spoletino, siamo di fronte ad un vino/vitigno con una diaspora stilistica abbastanza difficile da comprendere visti anche i pochi anni di produzione “importante” (non se ne fanno molte bottiglie) che ha alle spalle. Sarebbe come se 30 anni fa in Alto Adige si fossero messi a produrre Gewürztraminer che in qualche modo nascondevano gli intensi e classici profumi inconfondibili del vitigno: forse il vino non avrebbe avuto il successo che oggi tutti gli riconoscono.

Ma veniamo ai vini che, tipologia unica o meno, hanno dato discreti ma non eccellenti risultati generali, e per questo ci aspettiamo una crescita nei prossimi anni: infatti poco più del 50% dei campioni ha superato la soglia degli 80 punti (per noi, lo diciamo sempre, non sono pochi) e ciò è dovuto soprattutto ai Grechetto, vitigno non certo favorito da una vendemmia come la 2024, ma anche ad alcuni Trebbiano Spoletino che fanno parte della diaspora stilistica. I due VINO TOP usciti dagli assaggi sono del 2023 e nascono da trebbiano spoletino: sono due vini di assoluto valore e complessità,sono anche molto diversi uno dall’altro ma riportano in maniera abbastanza netta al vitigno.
Forse sbagliamo ma crediamo che questa infatuazione per il trebbiano spoletino anche troppo personalizzato stia creando problemi al grechetto, che noi consideriamo un’uva dalle ottime caratteristiche di corpo, pienezza, facilità di beva e che andrebbe tenuta in maggiore considerazione dai produttori.
Vediamo cosa ci dirà il futuro.