AWE 2008: oramai una certezza!5 min read

Per parlare dell’edizione 2008 di Alba Wines Exibition, la manifestazione che ogni anno presenta alla stampa specializzata le nuove annate di Barolo, Barbaresco, Roero e che si è svolta ad Alba dal 7 al 11 maggio, comincio dalle comunicazioni di servizio. In particolare mi rivolgo a quel produttore che, mi dicono, ha motivato la sua non partecipazione dando la colpa al mio articolo dello scorso anno. In quello sottolineavo che, purtroppo, per due giorni l’aria condizionata si era bloccata e quindi avevamo assaggiato i vini a temperature più alte del normale. La comunicazione è che quest’anno l’aria condizionata ha funzionato perfettamente, come del resto tutta la macchina organizzativa. Quindi, caro signore, per il prossimo anno dovrà trovare un’altra scusa, oppure (forse è meglio) partecipare assieme agli oltre 160 produttori che ci hanno fatto assaggiare i loro vini ed aperto le loro cantine in una quattro giorni certamente molto impegnativa ma anche ( Veltroni docet…) istruttiva ed interessante.
Adesso veniamo ai vini: sui blocchi di partenza avevamo il Barbaresco ed il Roero 2005 nonché il tanto atteso Barolo 2004. Per quanto riguarda il Roero, visti i pochi campioni in assaggio e la decisione di molti produttori di slittare di un anno con l’uscita dei cru, dobbiamo rimandare la valutazione. Veniamo ai Barbaresco 2005 e purtroppo dobbiamo ancora una volta evidenziare che tra questa denominazione ed il cugino Barolo la distanza è piuttosto notevole. Non lo diciamo confrontando due annate molto diverse (2005 e 2004) ma anche e soprattutto ricordando quanto scritto con l’assaggio dei 2004 Barbaresco. Sia lo scorso anno che in questa occasione ci siamo trovati di fronte a vini che solo con grande sforzo potremmo definire semplicemente “immaturi e giovani”. Probabilmente invece i tannini ruvidi ed asciutti  rimarranno in diversi casi uguali a se stessi, mentre la quasi generalizzata mancanza di amalgama e di grassezza ( che potremmo anche definire senza mezzi termini diluizione) sembra essere il dato saliente dell’annata. Sul fronte aromatico abbiamo assistito invece a delle vere e proprie “fughe in avanti” con alcuni vini che sparavano profumi imponenti (ma strani) di frutta di bosco matura o di frutta bianca matura.  Ben venga la giovinezza aromatica ma certi profumi sono una assoluta scoperta, che per adesso ci lasciano qualche perplessità. In definitiva quindi l’annata 2005 di Barbaresco ci sembra avviata sul viale della sufficienza e poco più, con alcune logiche punte che, come le sparute rondini, non fanno primavera.
Altro discorso il Barolo 2004, anzi, altri discorsi i Baroli 2004. Mai come in questo caso il plurale calza a pennello e serve a mantenere, almeno sulla carta dei nostri assaggi, la giusta distanza tra le zone canoniche del Barolo. Se volessimo fare come a scuola e tracciare una linea sulla lavagna col gesso, mettendo da una parte i buoni e dall’altra i cattivi ci ritroveremmo con a sinistra (buoni) Castiglion Falletto e Barolo, a destra (cattivi) Monforte e Serralunga e con La Morra che salta da una parte all’altra. Un 2,5 a 2,5 che per adesso non porta molta acqua al mulino di chi vede nel 2004 una grande annata e che forse potrà essere rivisto in positivo grazie al tempo ed all’affinamento in bottiglia. Certo è che possiamo passare sopra una generale e giovanilistica imprecisione della parte aromatica ma non alla sensazione di diluizione che è caratteristica dell’annata, passata alla storia come quella dove “anche i pali della vigna facevano uva”.
Se volete una mia personale classifica metto al primo posto Castiglion Falletto (con alcuni vini che in quanto a struttura e corpo, ricordano i Serralunga delle migliori annate) seguito da Barolo. Nel mezzo, con punte però che lo fanno schizzare in alto, piazzo la Morra, seguita a distanza da Serralunga, con Monforte che chiude il gruppo ed è forse la vera nota dolente, almeno fino ad oggi, dell’assaggio. Complessivamente, prendendo per buone le risultanze dei nostri assaggi (che verranno replicati in buona parte a settembre e pubblicati ad ottobre) l’annata 2004 non va oltre le 3 stelle, con una mezza stellina in più per la fiducia che riponiamo nel Barolo.
Questa fiducia è dovuta anche al definitivo (almeno speriamo) ritorno a colori più nebbioleschi, dove le note aranciate fanno parte del gioco e sono sinonimo di rispetto e non di decrepitezza. Da non disprezzare inoltre un uso del legno piccolo più equilibrato e maturo, anche da parte dei cosiddetti “modernisti”.
Comunque, moderni o meno, con l’annata 2004 di Barolo se ne produrranno per la prima volta più di 10 milioni di bottiglie. Cifra significativa che dovrebbe rappresentare più un punto di partenza che di arrivo per la gestione di un territorio che andrebbe conservato e non sfruttato come una vacca da latte in una famiglia con pochi pascoli e tanti bambini. Quindi, cari produttori, basta pensare ad ampliamenti delle superfici vitate. La parola d’ordine in un territorio, dove gli alberi sembra servano soltanto per dividere i vigneti, dovrebbe essere “piantiamola di piantare”. Cercate di non scambiare la monocoltura con la monocultura se volete consegnare ai vostri figli tutto il buono che è stato fatto fino ad ora.
A proposito di buono e cattivo: una tirata d’orecchi meritano sia quei produttori che (pur non partecipando ad AWE e quindi non tirando fuori una lira) non si vergognano ad invitare in cantina giornalisti ospiti di una manifestazione da loro non finanziata, sia i giornalisti stessi, che magari si lamentano perchè certi nomi mancano e poi non fanno niente per aiutare chi cerca di fargli fare“gruppo”, per presentare in maniera esaustiva il territorio.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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