L’anteprima del Nobile di Montepulciano si apre con l’attribuzione da parte della commissione tecnica, presieduta da Riccardo Cotarella, delle 5 stelle all’annata 2012. Questo risultato è stato accolto dal presidente del Consorzio Federico Carletti con grande e giusta soddisfazione: “E’un grande onore per tutti visto che dal 2007 non ci venivano decretate le cinque stelle”.
Non discutiamo sull’onore ma sulle cinque stelle al 2012 ci permettiamo di dissentire e non poco.
In degustazione però c’è la 2010 a suo tempo giudicata con 4 stelle e mostra subito , quasi a voler sottolineare quanto queste attribuzioni siano aleatorie, il buon lavoro svolto in cantina dai produttori pur in una annata giudicata “solamente” ottima.
I campioni degustati (abbiamo escluso quelli da botte) hanno presentato un livello qualitativo medio alto, tutti ci sono sembrati pronti e godibili improntati ad una certa eleganza, anche se l’uso del rovere è ancora troppo disinvolto e spesso assurge a protagonista.
Vini sicuramente improntati ad una buonissima bevibilità, alcune volte quasi pronti, anche se il tannino morde ancora a ricordarci che in fondo c’è anche del sangiovese.
Qui ritorniamo al nostro solito discorso che ormai ripetiamo da anni: nulla da dire sulla qualità dei vini, pur con qualche riserva di cui sopra, ma quanto ad espressione territoriale ancora c’è molta incertezza. Il Nobile non riesce a trovare una sua caratterizzazione. Colpa del disciplinare troppo permissivo? può essere. Sta di fatto che i vini spesso inseguono stili diversi senza alcun denominatore comune che li caratterizzi.
Per carità vini ben fatti e quelli degustati anche molto piacevoli, ma basta questo?
I risultati commerciali sembrano positivi: il 2012 stando ai dati presentati dal Consorzio vede un incremento delle esportazioni, che salgono al 68% , mentre il restante viene venduto in Italia con preferenza verso le regioni del centro nord. Delle 7,6 milioni di bottiglie pare che non vi siano rimanenze e questo è il dato più confortante.
Insomma, almeno nei numeri, una delle poche isole felici che vede le cantine vuote e pronte per accogliere la nuova annata. E’ sicuramente un dato di cui rallegrarsi, ma sarebbe ipocrita se non sollecitassimo i produttori a compiere ancora un ulteriore passo in avanti sulla caratterizzazione dei propri vini in modo più decisamente territoriale.