Anteprima 2013 “Vinerentola” Chianti. Sposerà il principe?3 min read

Tutte le volte che entro nelle stupende sale di Palazzo Borghese a Firenze mi aspetto  di vedere signore e signori imparruccati che in sfarzosi abiti di gala ballano danze oramai dimenticate. In effetti gli stucchi dorati, gli specchi, la grandiosità di alcune sale fanno pensare più ad un ballo a corte che non ad un’anteprima vini.

Invece si tratta proprio dell’ anteprima del Chianti, la prima della lunga serie che nei prossimi giorni si passeranno senza sosta il testimone.

Ma certe sensazioni sono dure a morire e così ho continuato ad immaginare che invece di sommelier indaffarati passassero accanto a camerieri in livrea. Ma ad un certo punto ho capito: era il connubio perfetto tra lo sfarzo di Palazzo Borghese e il Chianti che mi portava a fantasticare.

Infatti un vino che nonostante abbia storia da vendere, sia prodotto praticamente in tutta la Toscana in oltre 15.000 ettari e commercializzato in più di 100.000.000 (dico cento milioni!!) di bottiglie, venga considerato come il fratello povero delle DOCG toscane non poteva non far nascere in me un fiabesco confronto con Cenerentola.

Tanto lei, pur avendo nobili natali, è poco considerata e anzi sfruttata dalle sorellastre e dalla matrigna, tanto il Chianti è spesso considerato (e pagato) come l’ultima ruota del carro enoico toscano. La mia speranza quindi era quella di veder, grazie anche alla location, trasformarsi il “Vinerentola” Chianti nella bellissima dama che conquista il cuore del principe e di tutti gli invitati alla festa (senza dover per forza scappare allo scoccare della mezzanotte..).

Usciamo quindi di metafora e parliamo di vino; per certi versi non è facile, visto che tutti i vini che si potevano assaggiare da seduti ed in santa pace erano campioni da botte. Ripeto per la milionesima volta che invitare giornalisti per propinargli campionature più o meno simili al futuro originale è pratica che andrebbe abolita perché porta solo a perdite di tempo.

Per fortuna c’erano anche i banchetti con i produttori e quindi, anche se l’assaggiare in piedi di fronte al produttore che ti scruta non è certo il massimo per farsi un’idea e magari trascriverla, ho dovuto fare di necessità virtù.

Tra gli oltre 60 produttori partecipanti (una goccia rispetto alle 2650 aziende socie del consorzio, ma questo dato comprende anche chi produce e vende sfuso) anche nomi importanti del vino toscano che per l’occasione presentavano il “vinerentola” Chianti. Più volte infatti il produttore x o y mi ha detto quasi sconsolato “Sai, avrei voluto portare anche…..ma qui volevano solo il Chianti”.

Accanto a queste aziende che invece portano alto il blasone della denominazione e altre che si piazzano a metà strada. Dal punto di vista dei vini siamo di fronte a diversità incredibili dal punto di vista stilistico, che si possono solo giustificare sia con la possibilità di avere un 30% di altre uve (anche un 10% di bianche) oltre al sangiovese, sia con l’enorme ampiezza della denominazione.

Dal punto di vista qualitativo, pur notando alcune imperfezioni stilistiche mi sono trovato ad assaggiare vini ben fatti, piacevoli, alcuni di struttura più che ragguardevole e quasi tutti proposti a prezzi  moooooooolto interessanti. Questo sia che si parli di vini old style (non molti), caratterizzati da un rubino scarico, o modern style dove il porpora è dominante.

Alla fine degli assaggi la sensazione “fiabesca” è  la seguente: il Vinerentola Chianti DOCG è ormai presente con un abito niente male al ballo del vino di qualità ma purtroppo Mercato, l’onnipotente  ed inflessibile sovrano, non gli permette di  farsi avanti in società.

La sensazione reale è  invece che l’innalzamento medio delle tecniche di vigna e di cantina ha permesso al Chianti notevoli miglioramenti e lo ha portato ad un livello medio di tutto rispetto. Purtroppo il ventre molle di questo vino (con 100 e rotti milioni di bottiglie è un dato di fatto) gli permette al massimo di essere visto, nel migliore dei casi, come un buon vino dal buon rapporto qualità-prezzo.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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