Andrea Moser e i “Vini temporanei”: visto il progetto meglio chiamarli atemporali!2 min read

Non c’è dubbio che Andrea Moser sia un bravissimo enologo. Potrei fare molti esempi ma ne basta uno: negli anni in cui è stato kellermeister di una grande cantina sociale altoatesina i vini sono cambiati da così a così, sia perché migliorati notevolmente, sia perché nello stesso tempo sono divenuti più aderenti al vitigno e al territorio.

Oltre che bravo è giovane e conosce i social e quindi da lui ci si poteva aspettare qualcosa di diverso, comunicato in maniera moderna  e che provasse a cambiare le carte in tavola.

Così quando mi è arrivata questa comunicazione: “Nasce AMProject, vini temporanei per una nuova visione enologica” ho pensato “Temporary wine”, su questo punta Andrea.”

Se dovessi spiegarlo ad uno ancor meno avvezzo di me ai social e a linguaggi anglofonanti gli direi che Andrea ha deciso, dall’alto delle sue conoscenze e della sua bravura tecnica, di selezionare vigneti o partite d’uva in varie zone d’Italia, vinificarle e poi venderle sotto il marchio da lui scelto. Saranno vini diversi in territori diversi, e probabilmente diversi ogni anno.

Lui usa il termine “Temporary wine” e dice tutto in due sole parole.

Indubbiamente questa sua idea porta ad una evoluzione della figura dell’enologo, che sotto traccia esisteva già da tempo: l’enologo infatti molto spesso non è solo colui che fa il vino in una cantina ma è l’uomo che aiuta il settore commerciale, anche soltanto andando a presentare i vini a degustazioni o incontri. Adesso diciamo che Andrea si propone come “enologo di se stesso” ed è certamente un modo chiaro di presentarsi.

Ho una sola annotazione ed è sul termine “temporary”. Il brutto di noi italiani è che, usando una parola inglese, la  traduciamo e così arriviamo a “vino temporaneo”, che nel mio immaginario e credo in quello di molti altri, suona in maniera negativa.

 Il buon vino infatti, quasi per definizione, punta a durare nel tempo, ad essere il meno “temporaneo” possibile. Per questo mi permetto di suggerire ad Andrea un termine simile ma dal significato completamente diverso :  “vini atemporali”, cioè qualcosa che supera il tempo e l’annata, che per definizione diviene così unico interprete di un momento, di un intersecarsi di uomo-vitigno-vigneto-momento che proprio per definizione diviene irripetibile.

Adesso, aldilà delle parole, aspetto di assaggiare qualcosa per poter valutare un vino e non solo filosofeggiare.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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