Alto Piemonte: pochi ma buoni!2 min read

La prima degustazione del 2013 in realtà è l’ultima del 2012! Infatti avevamo messo in ponte l’assaggio dei vini dell’Alto Piemonte verso dicembre ma, per una serie di motivi, siamo riusciti a degustarli solo nei giorni scorsi.

Non moltissimi campioni come vedrete, che non fanno certo onore a noi come “giornale importante a cui non si può non inviare i vini”, che ai produttori delle varie denominazioni, sordi alle nostre richieste e a quelle del consorzio.

La frase guida dell’assaggio potrebbe essere comunque “Pochi ma buoni!” perché il risultato della degustazione ha mostrato che il livello medio dei vini è salito in ogni denominazione e oramai ha certezze consolidate in DOCG come Gattinara.

Come ho già avuto modo di sostenere più volte i nebbioli prodotti in Alto Piemonte hanno dalla loro una finezza ed una particolare propensione all’abbinamento gastronomico molto spesso superiore a tanti cugini di Langa. Anche se i tannini hanno bisogno di tempo per ammorbidirsi la componente acida mantiene ben fresco il vino e quindi ti ritrovi con prodotti di 5-6 anni che uniscono nerbo a freschezza per dare rotondità. Da qualche anno inoltre, vuoi per l’aumento medio delle temperature, vuoi per una migliore mano sia in vigna che in cantina, l’apporto dato dato dall’acidità è importante ma non così fondamentale.

In momenti di mercato in cui sembrano tramontare i vini estremamente potenti, scegliere prodotti dell’Alto Piemonte ha sempre più senso, o almeno dovrebbe averlo. Infatti in alcuni casi ci siamo trovati di fronte a  vini che oramai avrebbero dovuto esaurire il loro ciclo commerciale…

Ma non vorrei che tutti questi discorsi di eleganza e finezza  venissero fraintesi: specie nei produttori di punta la potenza del nebbiolo c’è tutta e anche di più: è’ solo che la struttura tannica è di maggior finezza e quindi riesce a divenire “più malleabile” ma non certo meno importante e durevole.

Ammetto che chi scrive è un fan di questi vini, ma lo è perché li trova sempre meglio e soprattutto molto aderenti, sia in gamma aromatica che in bocca, a qual grande vitigno che è il Nebbiolo.

Forse il miglior complimento che si può fare a questi vini è definirli “territoriali” e credo che siano anche fieri di esserlo

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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