All’ultima farfalla del Sangiovese abbiamo regalato un prato3 min read

Me la volevo cavare con un filmatino di qualche minuto ma, oltre a lasciare questa incombenza a chi lo sa fare mille volte meglio di me ho pensato che il pomeriggio romano dedicato a Giulio Gambelli dovesse essere accompagnato da parole scritte, per riuscire a dare il giusto peso a quelle che molti hanno detto e moltissimi hanno ascoltato.

Mentre andavo a Roma lunedì mattina non ero emozionato, anche se sapevo che arrivato il momento lo sarei stato. Ma come fai a incanalare un’emozione che sgorga di botto dallo stomaco  mentre provi a tracciare uno dei mille ricordi di Giulio che ti vengono in mente? Devi fare appello proprio ad un insegnamento di Gambelli  e cioè di fare le cose con semplicità.  Quindi se quel ricordo è troppo, trovane un altro e lascia che semplicemente vada ad aggiungersi a quel bellissimo prato fiorito di pensieri e ricordi che, nell’arco di due ore si è formato al quinto piano dell’Hotel Boscolo a Roma. Un prato che è cresciuto per fortuna con piccoli tocchi, senza esagerazioni o eccessi  o facili apologie.

Ognuno ha portato i suoi ricordi, i suoi piccoli fiori e li ha fatti scendere con grazia su un uditorio silenzioso e attento. Ognuno di noi ha regalato i suoi fiori-ricordo da cui l’immagine dell’ultima farfalla del sangiovese si è alzata in volo, mostrandosi a tutti.

Abbiamo avuto così il ritratto del Giulio sommo degustatore accanto a quella del Gambelli che usava la sua sordità come un’ ancora di salvezza. Il Giulio che ti stupiva nell’assaggio accanto a quello che faceva arrabbiare tanto era pignolo sul lavoro oppure ti faceva tenerezza nella sua educata vecchiaia.

Mano a mano che il prato si formava e la nostra piccola farfalla continuava a svolazzare, ogni tanto il gigante che era in lui sembrava assumere peso reale. Ma forse proprio Giulio, suggerendo a questo o a quel relatore parole e pensieri leggeri e magari divertenti,  riusciva a non prendersi troppo sul serio, a mostrare che il genio è anche semplicità quotidiana, dolcezza, amore.

Guardavo il prato formarsi e sempre più  sentivo sciogliersi l’emozione, perché capivo finalmente il disegno finale. Giulio voleva proprio quel prato lì, quell’insieme di piccoli fiori raccolti da ognuno, non comprati e ben incartati nella speranza di fare bella figura. Dovevi averli raccolti sul serio, quasi rubandoli alla vita e non aspettando in silenzio dal fioraio, con il portafoglio colmo di arroganza in mano.

Il prato si è formato ed è cresciuto come voleva  Giulio e l’ultima farfalla del Sangiovese ha potuto per qualche ora tornare a volare accanto ai vini che amava e alle persone che stimava.

Alla fine, uscendo, mi sono detto “Certo potevano esserci più persone, magari più amici, più interventi” ma poi ho pensato ad un’altra lezione di Giulio e cioè che il vino si fa con quello che si ha in cantina e solo quel vino rispecchierà perfettamente l’annata, il vigneto e il produttore.  

Le due ore di lunedì pomeriggio a Roma, volute e organizzate dall’Enoclub Siena e da Davide Bonucci, sono state il modo per fare un omaggio a noi e a Giulio Gambelli  con quello che avevamo veramente dentro di noi, con i nostri piccoli ed in alcuni casi all’apparenza insignificanti fiori della memoria, senza ricorrere a interventi paludati che avrebbero sicuramente stonato.

Sono convinto che Giulio non avrebbe voluto di più.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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