Me la volevo cavare con un filmatino di qualche minuto ma, oltre a lasciare questa incombenza a chi lo sa fare mille volte meglio di me ho pensato che il pomeriggio romano dedicato a Giulio Gambelli dovesse essere accompagnato da parole scritte, per riuscire a dare il giusto peso a quelle che molti hanno detto e moltissimi hanno ascoltato.
Mentre andavo a Roma lunedì mattina non ero emozionato, anche se sapevo che arrivato il momento lo sarei stato. Ma come fai a incanalare un’emozione che sgorga di botto dallo stomaco mentre provi a tracciare uno dei mille ricordi di Giulio che ti vengono in mente? Devi fare appello proprio ad un insegnamento di Gambelli e cioè di fare le cose con semplicità. Quindi se quel ricordo è troppo, trovane un altro e lascia che semplicemente vada ad aggiungersi a quel bellissimo prato fiorito di pensieri e ricordi che, nell’arco di due ore si è formato al quinto piano dell’Hotel Boscolo a Roma. Un prato che è cresciuto per fortuna con piccoli tocchi, senza esagerazioni o eccessi o facili apologie.
Ognuno ha portato i suoi ricordi, i suoi piccoli fiori e li ha fatti scendere con grazia su un uditorio silenzioso e attento. Ognuno di noi ha regalato i suoi fiori-ricordo da cui l’immagine dell’ultima farfalla del sangiovese si è alzata in volo, mostrandosi a tutti.
Abbiamo avuto così il ritratto del Giulio sommo degustatore accanto a quella del Gambelli che usava la sua sordità come un’ ancora di salvezza. Il Giulio che ti stupiva nell’assaggio accanto a quello che faceva arrabbiare tanto era pignolo sul lavoro oppure ti faceva tenerezza nella sua educata vecchiaia.
Mano a mano che il prato si formava e la nostra piccola farfalla continuava a svolazzare, ogni tanto il gigante che era in lui sembrava assumere peso reale. Ma forse proprio Giulio, suggerendo a questo o a quel relatore parole e pensieri leggeri e magari divertenti, riusciva a non prendersi troppo sul serio, a mostrare che il genio è anche semplicità quotidiana, dolcezza, amore.
Guardavo il prato formarsi e sempre più sentivo sciogliersi l’emozione, perché capivo finalmente il disegno finale. Giulio voleva proprio quel prato lì, quell’insieme di piccoli fiori raccolti da ognuno, non comprati e ben incartati nella speranza di fare bella figura. Dovevi averli raccolti sul serio, quasi rubandoli alla vita e non aspettando in silenzio dal fioraio, con il portafoglio colmo di arroganza in mano.
Il prato si è formato ed è cresciuto come voleva Giulio e l’ultima farfalla del Sangiovese ha potuto per qualche ora tornare a volare accanto ai vini che amava e alle persone che stimava.
Alla fine, uscendo, mi sono detto “Certo potevano esserci più persone, magari più amici, più interventi” ma poi ho pensato ad un’altra lezione di Giulio e cioè che il vino si fa con quello che si ha in cantina e solo quel vino rispecchierà perfettamente l’annata, il vigneto e il produttore.
Le due ore di lunedì pomeriggio a Roma, volute e organizzate dall’Enoclub Siena e da Davide Bonucci, sono state il modo per fare un omaggio a noi e a Giulio Gambelli con quello che avevamo veramente dentro di noi, con i nostri piccoli ed in alcuni casi all’apparenza insignificanti fiori della memoria, senza ricorrere a interventi paludati che avrebbero sicuramente stonato.
Sono convinto che Giulio non avrebbe voluto di più.