Aglianico del Vulture: buona qualità ma…5 min read

Era ormai qualche anno che non facevamo una degustazione organica di Aglianico del Vulture: l’ultima l’abbiamo fatta nel 2007, un’eternità   nel mondo del vino. Le ragioni sono tante, ma la principa è stata senza dubbio la difficoltà logistica di acquisire i campioni ed organizzare la sessione di degustazione in loco.

Quest’anno, grazie all’intervento di qualche buon amico che si è prestato a raccoglierceli, abbiamo sopperito alle difficoltà di “raccolta”, organizzando poi la degustazione in quello che sta diventando uno dei locali più interessanti di Bari, il ristorante Le Giare.

I vini degustati sono di annate diverse (2010-2009-2008-2007 e anche qualche 2006) come spesso accade per questa tipologia che contemporaneamente vede  l’uscita sul mercato di vini d’annata  ma anche di selezioni che vanno  indietro con gli anni.

Il livello dei vini conferma il buon  momento complessivo del Vulture con vini mediamente più “puliti” e una generale freschezza.

Di contro però ancora a volte non riescono a liberarsi di un uso del legno troppo spesso condizionante negli sviluppi olfattivi e gustativi che non permette di recuperare  la linearità originale e di evidenziare quella sapida mineralità congenita alla composizione dei suoi terreni lavici.

Si assiste così ad interpretazione che da un lato enfatizzano la muscolarità e dall’altra la impoveriscono eccessivamente, togliendo “ciccia” e complessità. Lo abbiamo sempre detto: l’Aglianico è vino difficile, specie in gioventù, ma scegliere scorciatoie non rende. Così come non rende banalizzarlo con interpretazioni “giovaniliste”.

Ovviamente esistono stili ed interpretazioni diverse, ma sostanzialmente l’indirizzo generale sembra essere questo. Il potenziale resta comunque enorme e forse una più attenta diversificazione dei vini anche in base alla diversità dei terreni renderebbe maggiormente giustizia ad uno dei vini nobili del sud, rendendolo ancora più unico, più territoriale.

Eccezioni ovviamente ce ne sono e sono importanti, troppo poche ancora però per caratterizzare un intero territorio.
L’attribuzione della Docg potrebbe essere una ulteriore opportunità, anche se la crisi economica generale ed i particolare quella che il Vulture sta vivendo, ne attenuerà gli effetti positivi a cui molti pensavano di affidarsi.

 

 

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Ha ragione Pasquale Porcelli: non assaggiare Aglianico del Vulture dal 2007 grida vendetta al cielo e quindi, prima di andare avanti promettiamo che almeno ogni due anni (ma la voglia sarebbe di farlo ogni anno) daremo giusta visibilità a questo invisibile territorio.

Ho scritto invisibile perché alla fine dei salmi del Vulture, a livello dei grandi media del vino, sentiamo parlare poco.
Provo a mettere in fila alcuni motivi. il Vulture non è alle porte di Milano o di Roma; questo potrebbe sembrare un falso motivo perché non è che l’Etna o Taurasi (tanto per fare due nomi non a caso e poi vi dirò perché) siano dietro l’angolo.

Però rispetto ai molto osannati vini etnei al Vulture manca quella parolina magica che si chiama turismo e crea spesso miti e soprattutto consumi.

Nei confronti del Taurasi, cugino “di sangue” al Vulture mancano i vitigni di “contorno” che di contorno non sono). Qua mancano quegli ottimi bianchi più o meno modaioli che permettono alle cantine di appoggiare i piedi su più staffe e creare maggiori motivi per far parlare di se, magari per un altro vino ma….da cosa nasce cosa.

Il Vulture è lì, terra bella ma non particolarmente evocativa, aggrappato ad un grande vitigno a bacca rossa  in un momento in cui, i rossi da invecchiamento, strutturati e austeri non vanno certo per la maggiore. Ciliegina sulla torta il vulture non ha alle spalle una regione come L’Alto Adige, che investe fior di quattrini per la promozione: tra Rionero del Vulture e Barile gli investimenti in promozione vengono fatti quasi sempre singolarmente e spesso chi prova a fare qualcosa viene visto in cagnesco da altri.

Last but not least: i vini che abbiamo assaggiato sono buoni (media stelle non male di 2.65) ma non è che vengano venduti a prezzi “di realizzo”. Capisco perfettamente che fare un ottimo vino costa molto ovunque ma dove non arriva la qualità dovrebbe arrivarci il prezzo e invece abbiamo visto molti (forse troppi) vini da 20-25 euro e passa in enoteca. Come si fa a far parlare del Vulture fuori dal Vulture (e da alcune zone del sud) se i prezzi sono simili a quelli di un Barbaresco o di un Chianti Classico Riserva? Questi territori hanno storia, visibilità e esperienza commerciale da vendere e quindi il rischio è di essere in fasce di prezzo coperte da nomi più importanti o forse solo più conosciuti: insomma, la qualità ci sarebbe ma andrebbe proposta e presentata di più, meglio e a prezzi  leggermente inferiori.

A proposito di prezzi: ma le barrique nel Vulture le regalano? Non sarebbe meglio diminuire drasticamente l’uso del legno specie piccolo, che spesso non solo non doma il tannino ma si somma e rende ancor monolitica e austera la bocca?

Per chiudere, non vorrei essere frainteso: a me piace molto l’Aglianico del Vulture, alcuni di questi vini sono impressi nella mia memoria e proprio per questo mi arrabbio un po’ quando mi accorgo di quello che si potrebbe fare e che, per milioni di motivi non viene fatto.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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