A volte è meglio “Senza” che “con”4 min read

E’ proprio vero che per capire fino in fondo certi disagi o certi malesseri bisogna provarli sulla propria pelle. O, peggio, su quella delle persone care.

Senza stare a evocare disgrazie gravissime, prendiamo piuttosto un caso molto diffuso e in continuo aumento nella società contemporanea: quello delle allergie e delle intolleranze alimentari. Un fenomeno trasversale. Dalla celiachia a tanti altri malanni meno noti, ma frequentissimi, che condizionano pesantemente la vita di chi ne soffre, imponendo disagi e privazioni spesso pesanti da sopportare.

A casa mia è successo.

Per questo, da un po’, faccio molta più attenzione di prima ai prodotti "per": diabetici, celiaci e tanti altri di cui non conosco il nome. E non posso evitare di pensare alla modestissima piacevolezza (eufemismo) che spesso hanno i surrogati che l’industria produce per dare a chi ha certi problemi almeno la parvenza del latte, dello zucchero, della cioccolata, del pane, eccetera.
La stessa cosa è successa a Nicola Bertinelli, rampollo di una famiglia di allevatori di mucche dal 1895 e produttore di Parmigiano Reggiano in quel di Medesano (PR), a cui il destino ha riservato – ironia della sorte, davvero – un congiunto intollerante al lattosio, agli zuccheri e al glutine.

Ma siccome il Bertinelli è un tipo dinamico e perfino creativo (nel caseificio di famiglia ha creato un locale-ristorante-discoteca, la “Barlumeria”, con impianti e forme di Parmigiano in bella vista, dove fino a notte fonda, oltre ai cicchetti e agli spritz, serve snack con prodotti tipici locali e perfino bianchi bicchieri di latte), che ha fatto?
Semplice: si è inventato il formaggio senza zuccheri, lattosio e glutine.
Idea buona, senza dubbio. Forse anche commercialmente redditizia. Ma fin qui non rivoluzionaria.
Così quando a Cibus, durante la spedizione Aset della settimana scorsa, mi hanno messo in mano un tocco di questo cacio "dedicato" agli allergici e chiamato, guarda caso, "Senza", l’ho preso con curiosità e interesse, ma senza particolare trasporto, aspettandomi il solito prodotto svuotato di tutto il "male" e quindi, fatalmente, anche del gusto. Sordo agli avvertimenti del produttore, che insisteva: "Guarda, non è buono come il Parmigiano con 36 mesi di stagionatura, però…".
Errore da pregiudizio effettivamente clamoroso, il mio. Perchè, tornato a casa, ho aperto la vaschetta e ho intaccato il trancio. E la sorpresa è stata grande: il "Senza" è a tutti gli effetti un formaggio. Anche in bocca. Buono, anzi molto buono. Tanto che, in tutta onestà, non ti accorgeresti per nulla che è un prodotto dietetico.
Innanzitutto ha un bel profumo di latte, profondo e pieno, penetrante e intenso, asciutto però, quasi di parmigiano fresco, del quale ricorda anche la consistenza materiale. Molto compatto ed elastico al tatto, ad occhio sembra essere di una pasta fortemente omogenea che invece, al palato e alla masticazione, rivela progressivamente una piacevole microgranulosità che lo rende molto affine al più nobile parente di quanto non sembri al primo contatto.

La cosa più sorprendente, tuttavia, è il gusto. Molto sapido, con una nota di dolcezza assai equilibrata e niente affatto stucchevole, lungo  e corposo, senza essere aggressivo. Di primo acchito rammenta l’emmenthal mediamente stagionato, poi assume anche in questo caso, piano piano, il sapore del parmigiano giovane, ma ha una durevolezza gustativa superiore e, in generale, una grande piacevolezza, caratteristica che lo rende gradevole non solo a chi "deve" mangiarlo per mancanza di alternative, ma a qualsiasi tipo di consumatore. La sua pasta, curiosamente a cavallo tra una morbida coesione e una (moderata) friabilità, lo rende godibile da sbocconcellare anche a tocchi e, insomma: per la prima volta mi è capitato di contendere a un allergico una porzione del prodotto a lui dedicato.

Vi pare poco? A me no.

Il “Senza”, dicono in Bertinelli, è commercializzato in confezioni sotto vuoto da 200, 300 e 500 grammi e lo si può acquistare, oltre che nei punti vendita aziendali, nei negozi di generi alimentari di tutta Italia, mentre è previsto entro un paio di settimane lo sbarco nella gdo. Sono anche in corso trattative per il rilascio al prodotto del certificato di presidio medico-farmaceutico, il che vuol dire che lo si potrà comprare anche in farmacia.

Il costo? Il prezzo consigliato ai rivenditori è di 14 euro al kg, allo spaccio dell’azienda è un po’ inferiore.
Altre info sull’azienda, la Barlumeria e le varie “bertinellate”: www.bertinelli.it.

Last but not least: “La nostra – ci tiene a specificare Luca –  è un’azienda integrata verticalmente, dove tutti i prodotti dei campi, coltivati biologicamente, sono utilizzati per alimentare il bestiame che produce il latte utilizzato per fare i formaggi”.

 

 
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Stefano Tesi

Stefano Tesi, giornalista professionista, scrive per vari giornali italiani di gastronomia e viaggi. Il suo giornale online è Alta Fedeltà.


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  1. Mia nipote è celiaca e quindi capisco benissimo il disagio di tutti coloro che hanno una intolleranza alimentare che a casa si impara a gestire, ma che diventa regolarmente un problema quando si è fuori specialmente se si tratta di bambini e adolescenti che fanno fatica ad accettare di essere “diversi”. A proposito di celiaci segnalo quindi il Ristorante “Revolution” a Corciano (PG). La sua particolarità  è che non cucina “anche” per celiaci, ma piuttosto che tutti i piatti, dalle pizze, alle paste al pane, alla birra, tutto, ma proprio tutto, può essere mangiato dai celiaci. Non si trovano quindi a dover scegliere cosa possono o non possono mangiare, ma come tutti gli altri cosa gli va di mangiare. E, come giustamente diceva Stefano, la cosa più importante è che la qualità  è altissima persino sul pane e sulla pizza che di norma hanno un retrogusto amarognolo intollerabile per chi non è abituato. Finalmente!

  2. Segnalo anch’io con piacere un ristorante per celiaci nel centro di Grosseto. Si tratta del Carrettino Siciliano dove tutto ”“ dico tutto ”“ può essere mangiato da chi ha questo problema. Si va da tutti gli antipasti ai primi con pasta (anche gli spaghetti) a praticamente ogni tipo di secondo per terminare con una serie di dolci mozzafiato. Cannolo siciliano compreso. Mi dicono che hanno una certificazione che garantisce che in nessun posto e in nessuna fase di preparazione vi sono alimenti che possono “inquinare”.
    Si mangia bene e per chi la vuole c’è pure un assortimenti di pizze!
    Oramai non si percepiscono più grosse differenze con i cibi “normali”
    Si mangia più che dignitosamente con prezzi equi

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