A Pantelleria nasceranno uve ma non bambini2 min read

Il 18 Febbraio prossimo, gli abitanti di Pantelleria, insieme a tutti coloro che li vogliono sostenere, si ritroveranno a Roma per manifestare di fronte al ministero della salute (appuntamento ore 11- Lungotevere Ripa, 1 – lato Piazza Castellani) contro la chiusura del punto nascite sull’isola.

L’assenza di un interlocutore, a causa delle crisi di governo e delle elezioni incombenti, indebolisce la protesta ma la voglia di farsi sentire è tanta. Già è difficile vivere e lavorare su un’isola ma togliere a chi ostinatamente ci vuole continuare a vivere, anche il diritto di farci nascere i propri figli, vuol dire programmarne la fine, negandone l’identità.

E così, se non si troverà una soluzione adeguata, sulla carta d’identità alla voce “nato a “ non ci sarà più Pantelleria ma Trapani, Erice, Palermo.

Tutto nasce dalla scarsa chiarezza della normativa esistente (decreto della Regione Siciliana n°2536  e decreto Balduzzi ). Entrambi  non sembrano tenere conto delle particolari condizioni di Pantelleria e delle isole in generale. Tanto per citarne uno è ovvio che un punto nascite in un’isola di circa 7500 abitanti non possa avere a disposizione una struttura con un primario, otto medici, un’ostetrica h24, sala parto e sala operatoria accanto, ecc. tutte condizioni come se Pantelleria invece di essere in mezzo al mare, fosse una delle nostre tante città della terraferma.

Fatto salvo che la salute della puerpera e del bambino devono essere messi al primo posto, è altrettanto necessario trovare una soluzione, sicura ma anche economicamente compatibile, come del resto è stato sino a non molto tempo fa, quando solo nei casi che si prospettavano difficili, si ricorreva agli ospedali sulla terraferma. 

Se il modo non si trovasse, sarebbe l’ennesimo brutto segnale nei confronti dei panteschi che di problemi ne hanno da vendere. Ad iniziare dai trasporti marittimi ai dissalatori, dalle difficoltà del turismo alla crisi dell’artigianato alla sofferenza della viticoltura (per chi poi volesse approfondire questi argomenti può leggere qui e qui).

 

 

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Considerare il vino come un qualcosa di avulso dal contesto generale e in particolare delle vite e delle persone che in quel territorio vivono, sarebbe come negare l’idea stessa che è alla base del concetto di  terroir. Secondo la definizione dell’Institut National des Appellations d`Origine (INAO) francese, si fa riferimento ad “un sapere intellettuale collettivo di produzione (elaborato nel corso della storia), fondato su un sistema d`interazioni tra un ambiente fisico e biologico ed un insieme di fattori umani”.  “Un insieme di fattori umani”. Non bisognerebbe mai dimenticarlo.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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