Due “scandali” diversi4 min read

In pochi giorni mi sono arrivate due notizie che sembrano frutto dello stesso calderone ma in realtà sono una l’opposto dell’altra.

Mi riferisco da una parte all’accordo tra Slow Wine e Vinitaly Wine Club con cui il secondo (sito di e-commerce sul vino del Vinitaly) utilizzerà i risultati della guida di Slow Food per acquistare (e rivendere) i vini del suo catalogo, dall’altra alla lettera che Luca Maroni Editore ha spedito a moltissime aziende dove propone una consulenza a pagamento per migliorare il loro prodotto (questo, tanto per capirci,  parte del testo inviato “Produci vini ad alto indice di Piacevolezza! I tuoi possono raggiungere una qualità eccellente! Il servizio di consulenza organolettica, svolto dal Dottor Luca Maroni, consiste in sedute di analisi sensoriale nel laboratorio di Roma, alla presenza dei titolari dell’Azienda e degli addetti al processo di vinificazione, durante le quali si individuano le modulazioni necessarie per migliorare, prima di imbottigliare il prodotto, la qualità analitico – organolettica del vino.”)

Il bello è che sulla prima qualcuno ha gridato allo scandalo mentre la seconda è passata tranquillamente senza che nessuno abbia sentito il bisogno di commentare.

Ma andiamo con calma: devo ammettere che non solo non mi scandalizzo dell’accordo tra Slow food e Vinitaly ma, neanche tanto sotto-sotto, provo una certa invidia. Magari capitasse a noi di essere presi come punto di riferimento da un grande sito di vendite online. Come prima cosa le aziende sarebbero più invogliate a inviarci i campioni per gli assaggi ed eviteremmo almeno le estenuanti telefonate  di sollecito. 

Inoltre questo accordo chiude virtuosamente il cerchio dove il giornalista A assaggia il vino dell’azienda B e lo trova buono: a quel punto il sito C, che crede validi i giudizi di A, mette il vino di B nel suo catalogo e lo consiglia a ragion veduta al consumatore finale che, fidandosi di A, compra B tramite il servizio offerto da C.

Quando nacquero le guide cartacee questo processo (sito a parte) era nella natura delle guide stessa, cioè di servire ai consumatori per scegliere a ragion veduta. Non capisco quindi lo scandalo. Forse il problema potrebbe stare nel compenso che A riceve da B per poter segnalare i vini da lui recensiti.

Anche qui non vedo nessun scandalo e tantomeno conflitto di interessi, ma solo uno dei pochi modi che i giornalisti enogastroguidaioli possono avere per guadagnare due lire. Se il mio lavoro vale e tu, rivenditore,  ti fidi dei miei giudizi e li utilizzi, mi sembra giusto che paghi anche in parte il mio lavoro.

Tanto per tornare a battere il solito chiodo: se noi di Winesurf avessimo 3-4 siti di e-commerce che ci riconoscono un tot per poter scrivere su quel vino “4 stelle di winesurf” o roba simile, sicuramente saremmo molto più tranquilli noi e il nostro direttore di banca.

Non capisco perché chi fa una cosa seriamente e con competenza debba anche farlo per forza gratis!

 
Per una guida online o cartacea vedo molto più difficoltoso dal punta di vista etico organizzare manifestazioni o tour a pagamento con le aziende da loro selezionate. Però questo viene fatto regolarmente e nessuno ci trova niente da ridire (mentre noi che la pensiamo diversamente, per organizzare la nostra manifestazione annuale abbiamo chiesto solo pochissime bottiglie di vino alle aziende, niente soldi e gli abbiamo dato anche due ingressi gratuiti..ma forse sbagliamo noi).

Ma torniamo a bomba: cosa ne pensate invece della richiesta fatta in nome e per conto di Luca Maroni, che mi sembra editi anche una guida cartacea dove vengono valutati moltissimi vini? 

Vi sembra normale, tanto per fare il solito paragone,  che il giornalista A chieda soldi all’azienda B per valutarne i vini e dare consigli su come migliorarli e poi lo stesso giornalista A valuti (spesso molto bene) i vini della stessa azienda B sulla sua guida?

Certo, se i vini grazie ai suoi consigli sono migliorati perché non valutarli bene?  Sembra tutto logico e conseguente, fatto alla luce del sole.

O forse mi sbaglio? Mah..

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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0 responses to “Due “scandali” diversi4 min read

  1. Bè , mi pare che questa sia una consolidata pratica del Maroni. Non mi scandalizza, perchè mi risulta che da sempre il Maroni fa consulenza ad una gran parte delle aziende a cui assegna il vino frutto. Diciamo che è una sconceria a cui ormai sono abituato. Ovviamente, da quando ho scoperto questa cosa, mi limito in generale a non leggere Maroni o, ancora meglio, a leggerlo per escludere dalle mie bevute quei vini che lui premia come vino frutto. E tanti anni fa ero un suo “seguace”.

  2. In pratica mi stai dicendo: visto che si sa da anni che uno paga delle minorenni per andarci a letto la cosa non mi scandalizza.

  3. concordo con te e non con intravino. sull’accordo verona-bra non trovo nulla di male, anzi. Devo rifletterci ma a pelle mi sembra una bellissima idea

  4. A me sembra che gli elementi principali, non ben presi in considerazione, siano due : 1) la diffusione numerica e credibilità¡ delle guide, virtuali o cartacee che siano 2) chi si avvale di chi.

    1) dalla riflessione di Carlo Macchi se ne deduce purtroppo la non necessariamente amara considerazione che winesurf pur nella sua gioiosa credibilità¡ ed affidabilità¡ non é l’oggetto del desiderio. Né per Vinitaly né – per il momento almeno – per altri soggetti commercianti di vino. Di chi é la “colpa” e perché ci torniamo sopra volentieri un’altra volta, ma fatto sta.

    2) Nel mare magnum della produzione vinicola italiana Luca Maroni getta la sua abile e ben tesa rete. Il vino frutto frutta, come ama dire Franco Zliiani, e a quanto ne so io dietro alla “attività¡ commerciale” di Luca Maroni c’é una grossa preparazione ed un enorme lavoro di equipe.
    E che pace sia. Invece sarebbe interessante conoscere chi accetta o anche cerca le sue consulenze. E sapere chi poi se ne dichiari soddisfatto e veda i propri vini migliorati dalla cura-frutto. Visto che continua, Il Maroni mi sembra che qualcosa poi di concreto dia in cambio dell’emolumento che chiede. E questo di per sé giustifica il tutto.

    Forse il nocciolo della questione sta non tanto nelle guide che bene o male, a pagamento o meno, fanno il proprio lavoro e con quello cercano di campare, ma nella “guidodipendenza” di una grandissima parte dei produttori che nei risultati delle guide, nostrane ed estere, ripone grandi speranze di aumento delle vendite.

    Su questa “impreparazione culturale” e scarsa fiducia in sé sbazzano vogliosamente le guide e pesce grosso mangia pesce piccolo, il colto “inganna” l’incolto e carta canta perché villan dorme . Mentre invece dovrebbe svegliarsi, ma é anche questo un discorso lungo che parte dalle scuole elementari.

    Quindi non mi sconforta eticamente né il lavoro dell’uno né quello dell’altro ( che perlomeno del suo commercio fruttuoso fa tutt’altro che mistero). Invece pur senza darmi notti insonni mi disturba il fatto che winesurf non sia piຠappetito di quello che é. Infatti la domanda che ne scaturisce é: perché la correttezza, l’onestà¡ intellettuale e l’esercizio della indipendenza di giudizio non “pagano” ?

  5. Una volta un plauso a Carlo per aver con coraggio dato risalto a un chiaro esempio di mercenatismo: pago un fix per avere un buon punteggio sulla guida, temo uno dei motivi per cui le guide hanno sempre minor credibilità  da parte del consumatore, che è sempre meno ignaro di questa compravendita di giudizi e consigli d’acquisto.
    Onestamente finora ero al corrente di richieste di acquisto di un certo numero di guide o di essere presente a un tot numero di eventi/presentazioni ma addirittura avere la sfrontatezza di “dirti come migliorare il tuo vino”, che dovrebbe al contrario rispecchiare lo stile di vita, il modo di essere, il territorio, la filosofia del produttore, mi sembra davvero esagerato!

  6. Su Luca Maroni stiamo procedendo.
    Sull’accordo, dove sarebbe la bellissima cosa esattamente? Da quando il cliente di chi fa informazione è chi ne compra il marchio per farsi bello?
    Credi nei vini segnalati? Ottimo, compri le guide, compri i vini, magari ti fai pubblicità  sulle riviste dicendo che tu sei Slow fino al midollo… Ma comprare un marchio è altra cosa proprio, secondo me. Pure pericolosa. Perché apprezzare il lavoro del giornalista e valorizzarlo è cosa ben diversa dal comprare il marchio Slow Wine per bullarsi con chi non lo ha, mentre magari ha comprato la guida, valorizzato quei produttori e li è pure andati a cercare in enoteca. O li vende, senza marchio ma credendo al tuo lavoro.
    Io non ci vedo conflitto di interessi ma una cosa assolutamente inopportuna.

  7. In teoria non c’è niente di male se l’indipendenza di Slow Wine è totale, il rischio sono i cortocircuiti che si possono creare e per questa pratica in Italia siamo maestri. Su Maroni il dramma e che ci sono ancora un sacco di produttori che sono contenti di comparire nella sua guida!

  8. Scusa Carlo, ma se questi li chiamiamo giornalisti, i giornalisti veri, come vanno chiamati?

  9. Non ti scandalizzare se non mi scandalizzo. Il fatto che non mi scandalizza una cosa del genere è perchè penso che oggi ci siano cose molto più gravi di cui scandalizzarsi. Cio’ non significa che io approvi la pratica commerciale ignobile messo in atto da Maroni. Ma, ripeto, basta non comprare le sue guide ed i vini da lui premiati per “punirlo” e per “punire” le aziende che affidano le loro sorti ad uno scaltro mercante come Maroni. Piuttosto, sti produttori che si affidano alle sue cure, ne vogliamo parlare? Ne vogliamo parlare degli interventi enologici che sono costretti a fare per star dietro ai canoni Maroniani? Ecco, questo mi scandalizza di piu’!

  10. Per ragioni di tempo non posso rispondere a tutti con la precisione che questi belli interventi richiedono. Mi limito solo ad una battuta verso @stefanomariotti. “Caro Stefano, credo che ti riferissi solo a Maroni. In questo caso sai come dovremmo essere chiamati? Bischeri!

  11. nemmeno io come Carlo Sichel mi scandalizzo…alla fine degli anni 90 un famoso produttore altoatesino mi fece vedere quella lettera le cui parole suonavano più o meno lo stesso…a quell’epoca l’Alto Adige era terra fertile di conquista, oggi le zone sono altre dove “battere” consulenze. Non mi scandalizzo più di tanto perché non ho mai considerato una guida vini il tomo di Luca Maroni, forse un po’ dispiaciuto, quello si, per tutte le sue comparsate nei salotti buoni quando ci son fior di GIORNALISTI in Italia che potrebbero rappresentare molto più degnamente la categoria

  12. La questione è solo apparentemente complessa ma in realtà  semplice e lineare: basterebbe chiamare Maroni per quello che è : un consulente e un editore. Se sia capace o incapace, lo giudichino i suoi clienti. Se poi Maroni è anche iscritto all’albo professionale, sta all’Ordine vigilare ed eventualmente sanzionare, se il comportamento dell’iscritto non è rispettoso della deontologia, come certamente non lo è fare consulenze, men che meno a pagamento, per le aziende che recensisci (per la tua stessa guida, poi). Ma perchè nessuno lo segnala all’OdG del Lazio?
    Stanti le cose come sopra, vorrei però porre l’attenzione su un altro problema, quello vero: vista l’attività  che svolge, come è possibile che Luca Maroni (e le decine di “colleghi” che, sebbene con minore visibilità , fanno come lui) abbia potuto iscriversi all’Ordine e sia ancora iscritto? Ammesso che al momento dell’iscrizione avesse i requisiti, adesso li ha certamente perduti. Ma se si consente a chiunque di iscriversi, di restare iscritto e perfino di farsi chiamare giornalista senza essere nell”albo, di che stiamo parlando?

  13. Non ho commentato il post di Intravino – molto ben scritto da Jacopo Cossater – a riguardo del legame Slowine – Vinitaly Wine Club perché sto cercando di dissintossicarmi dal troppo interventismo. In linea di massima sono d’acordo con te Carlo, ma è difficile dare un giudizio affrettato, sଠo no. Nella blogghistica conta molto la velocità  a scapito della profondità  e spesso questo porta a dei commenti affrettati e superficiali. Per quanto riguarda l’offerta di Luca Maroni, sarebbe ora di smetterla di considerarlo un giornalista/critico/informatore. E’ un consulente d’immagine e basta. Se la sua guida si presentasse come catalogo aziendale della Luca Maroni s.r.l. sarebbe tutto più semplice.

  14. Onestamente Carlo non sono molto d’accordo. Capisco che la pagnotta sia importante, che lavorare gratis sia ingiusto, ma ancora una volta ci troviamo di fronte ad un chiaro esempio di contraddizioni fra ciò che si professa e ciò che poi si fa, e in Italia ci avremo pure fatto il callo ma a me dà  fastidio lo stesso. In tutti e due i casi.
    Poi, che la guida abbia scelto un’opportunità  come questa perché dietro c’è una forte crisi per cui perdere quest’occasione sarebbe stato da stupidi, è sicuramente vero, lo capisco, ma non lo giustifico, soprattutto perché il rapporto di valori fra Slow Wine e Vinitaly, almeno in teoria, dovrebbe essere in totale antitesi.
    Lo so che siamo abituati ai governi degli inciuci, alla corruzione, alle falsità , alle belle parole raccontate in piazza e poi agli opportunismi appena si chiude la porta, ma a me continua a non piacere la nonchalance con cui si fanno certe scelte.
    Di Maroni mi sono scandalizzato da subito, ma non per lui, bensଠper i produttori: se lui per vent’anni ha fatto consulenze, ha pilotato modi di fare vino per vincere premi e, forse, vendere, non lo ha mica nascosto. Si è sempre saputo E’ un uomo che fa affari con il vino, punto. Può piacere o non piacere ma è questo, ma non mi sembra lo abbia mai nascosto dietro a belle parole, anche se quelle non gli mancano di certo.
    Slow Wine invece non si è mai manifestata in questi termini, anzi, è nata per distinguersi, per garantire che i vini non li giudica e premia più come prima e gli è andata male (anche se non lo ammetterà  mai), i buoni intenti c’erano tutti, i produttori finalmente hanno visto in faccia chi poi li avrebbe recensiti, ma le cose non hanno funzionato come speravano, perché alla fine il voto continua ad avere maggiore impatto soprattutto in un mondo dove si legge sempre meno e sempre più in fretta. Slow Wine è nata su dei valori e dei principi che, sinceramente, sono lontani anni luce dal Vinitaly, che è tutt’altra baracca, ed è questo che non mi va giù. Le scelte che si fanno hanno un peso, sempre, e non possiamo metterla solo sul piano economico.
    Siamo in un Paese dove ormai tutti sospettano di tutti, è ovvio che qui le necessità  economiche della guida sono state prioritarie rispetto a qualsiasi etica o filosofia. Niente scandalo, almeno da noi, ci siamo abituati, ma “un accordo di collaborazione con la neonata piattaforma commerciale di Vinitaly dedicata alla vendita di vino online” è esattamente tutto quello che una guida del genere non avrebbe dovuto mai fare. Per la stessa ragione per cui Lavinium (e mi pare anche Winesurf) non ha mai messo pubblicità  di aziende vinicole. Il conflitto c’è e non è solo “di interessi” ma anche etico e nei valori, soprattutto in questo caso.

  15. E aggiungo. Chi trova “Triadvisor” una cosa seria? E’ un fatto che ora qualsiasi ristorante, albergo, agriturismo, bettola, porta il simbolo di Tripadvisor.
    Il quadro ipotizzato da Jacopo Cossater su Intravino non è affatto “stravagante” ma è il frutto dell’esperienza che ci siamo fatti in questi ultimi anni in Italia, in tutti gli ambiti, dove ormai il conflitto non è più considerato tale e la trasparenza si può “inventare”, basta mettersi d’accordo.

  16. Questo è il commento numero 17 e ci tenevo tanto ad assicurarmelo, perché secondo il grande pubblico porta rogna, scalogna, è un numero sfortunato. Che il grande pubblico continui pure a farsi imbesuire dagli sciamani che sanno tutto, ma tanto tutto che più tutto non si può. Oppure frutto, ma tanto frutto che più frutto non si può. Esistono anche gli scendiletti dei potenti, esistono i giullari di corte, esistono i pennivendoli e le mosche cocchiere, esistono i pretoriani e i portinai. Non è proibito a nessuno di loro d’inventarsi un metodo di valutazione di vino che porti moneta fresca nelle tasche del guru di turno, ma che non vale una cicca al di fuori dei mass-media. Io bevo altro e a me va bene cosà¬. Prendo nota di quello che consigliano per cancellarlo dalla mia lista acquisti, cosଠfaccio prima ad evitare vini che non mi piacciono. Provate a pensare a quanto sia utile per tutti che esistano personaggi del genere: ci evitano sorprese, ci evitano spese inutili. Giusto che ci guadagnino anche, no? Carlo Sichel, ti devo almeno un caffè …

  17. Da produttore : da 2 anni , ovvero dall’inizio delle sue “proposte” di consulenza , non mando più i vini alla sua guida. se lo facessero tutti , non staremmo nemmeno qui a bloggare di Maroni.

  18. Scusa Roberto ma non riesco proprio a capire. Tu dici che Slow Food e Vinitaly sono su due piani diversi e infatti lo sono e lo restano.Nel particolare uno seleziona e parla di vino, l’altro lo vende. Non si sono scambiati i ruoli, non hanno detto assaggiamo assieme e poi vediamo. Se la guida di Slow non ha raggiunto i suoi scopi (probabile) questo è un altro discorso, che non c’entra con l’etica ma con la competenza, il momento di mercato, le scelte editoriali etc. etc.. Ripeto che non capisco perchè chi sta a monte non possa fare accordo con chi sta a valle. I fiumi non vanno in salita. Se poi tu pensi che Vinitaly possa avere la possibilità  di “consigliare vivamente” alcuni vini da segnalare a Slow Food mi zittisco perchè vuol dire che ne sai più di me. Io vedo solamente quello che c’è da vedere: io giornalista, a monte, scrivo su quel vino dopo che l’ho assaggiato, tu venditore, a valle, usi ciò che ho scritto per scegliere chi vendere e per questo mi riconosci un tot. Il caso di ospitare pubblicità  di vino è diverso, lଠsono proprio io giornalista che avallo una segnalazione visto che vieni a farla in casa mia e con il mio permesso.

  19. [Carlo modifica l’inserimento commenti che in questo modo mentre scrivi il commento non puoi leggere gli altri commenti e togli quel codice di verifica!]
    @moriccchiowiz: la tua obiezione che il cliente di una guida deve restare il consumatore è valida, ma infatti il cliente di guida slow resta il consumatore. Vinitaly è cliente del marchio. Casomai mi dirai che slow “a pelle” (per dirla da capiscione di marketing: nel “sentiment”) forse non è la guida più adatta a sposarsi con verona. Forse sarebbe stata meglio una delle due romane. Però ti rilancio: è una idea che potrebbero/dovrebbero perseguire anche gli altri siti di vendita on line e le altre guide

  20. @Roberto Giuliani: Vinitaly non ha nessun potere e penso neppure interesse a indicarci i vini da inserire. Loro hanno attinto consigli da una guida uscita in libreria proprio durante il Vinitaly, 3 mesi prima di raggiungere questo accordo con noi. La prima cosa che gli ho chiesto è stata: MANDERETE L’OFFERTA A TUTTI O SOLO AGLI ESPOSITORI? risposta a TUTTI! se cosଠnon fosse stato avrei detto mille volte NO. Vinitaly poi non è la bestia che descrivete. àˆ una struttura molto grande, ma si sta avvicinando alle tematiche che interessano a noi con lentezza, ma con un certo interesse. Esiste Vivit, l’anno prossimo ci sarà  un padiglione del bio. Sono una fiera, ma dobbiamo demonizzare sempre il commercio? Penso di no.
    Infine, rispetto alle critiche pesanti e circostazniate che rivolgi alla nostra guida, ritengo che in tre anni abbiamo fatto molto e molto ci è stato riconosciuto. Abbiamo abbandonato con grande coraggio e crisi ecnomica profonda una guida che economicamente era un gioiellino (ma non per i contenuti, per quanto mi riguarda). Questo senza pensare alle economie, ma piuttosto agli ideali. Nessuno se lo ricorda ora? Ebbene in tre anni abbiamo un ottimo numero di copie vendute, la gente va in cantina a fare acquisti con la nostra guida, i produttori dicono che finalmente non si concentrano gli acquisti solo sui premiati, teniamo nelle vendite, la Hallwag tedesca ha abbondanato il Gambero e ha scelto la nostra guida, insomma, non mi paiono delle cavolate. Poi ognuno è libera di pensarla come giustamente vuole. Noi abbiamo fatto un percorso, con errori e peccati (anche il Papa lଠfa…), abbiamo in testa una strategia e un sogno. Ringrazio infine Carlo Macchi per il suo post misurato e interessante.

  21. Cosa vuoi che ti dica Carlo, staremo a vedere, io ho seri dubbi sulla totale indipendenza, che fra l’altro è cosa assai rara, con Slow Food lo abbiamo visto chiaramente in più occasioni (o anche lଠmi sbaglio?), speriamo che la gestione di Slow Wine sarà  più attenta…

  22. Giancarlo Gariglio,
    sono sicuro della tua onestà , infatti niente di personale, anzi penso che tu sei la persona migliore che potesse capitare per gestire una guida nata da una rottura. Non disconosco minimamente gli sforzi che avete fatto, ma almeno a quanto ho potuto verificare, non certo per colpa vostra, non è andata cosଠbene come avrebbe potuto.
    Questo, l’ho anche scritto, perché la condivisibile idea e il condivisibile approccio che avete avuto è stato recepito solo in parte da chi il vino lo compra, e questo è un peccato, perché non c’è produttore che conosca che mi abbia detto che uno di voi non è andato a trovarlo personalmente.
    Però onestamente il Vinitaly sta semplicemente cavalcando le nuove prospettive perché dormire sugli allori non è cosa saggia quando si muove un comparto di quelle dimensioni.
    Se lo faranno nel rispetto delle regole allora avete fatto bene, anzi benissimo a fare questa scelta.
    Ripeto, staremo a vedere.

  23. Poco da aggiungere sul tema centrale che non sia già  stato detto, mi prendo solo la briga di fare il classico commento da “bravi tutti” che ogni tanto compare sui blog più seri. La discussione è misurata, i toni sono quelli giusti per capire meglio senza attacchi e difese ideologici, credo sia un esercizio molto utile leggere il post e tutti i commenti per farsi un’idea piuttosto che per confermare quella che uno aveva già  prima di leggere. Il che mi sembra davvero importante, grazie a tutti!

    PS: il caso Maroni mi ricorda un tizio che negli anni 90 lanciò una “moda” nel vino con prodotti tutti molto ricchi, pieni di legno, che spopolarono nel mondo prima che qualcuno si accorgesse che alla fin fine erano tutti uguali… Forse il fenomeno Maroni finirà  allo stesso modo.

  24. Un attimo fuori del seminato: non so come vederla e non so se rigioirne, come invece valuta positivamente la cosa Gariglio. Il fatto che il Vinitaly si stia avvicinando al biologico accade e non a caso dopo che l’EU ha passato una legge che nel suo protocollo e nei dettagli del disciplinare é un vero e proprio tradimento ( per non parlare di truffa) dell’ idea del biologico. Un lasciapassare all’industria che potrà¡ timbrare come biologici vini che di bilogico avranno solo…l’ OK dell’EU. Se questo é l’avvicinamento di cui parla Gariglio, beh non so se vedere il bicchiere mezzo pieno (= meglio di niente) o mezzo vuoto (= biologicoindustriale) ma di un fatto sono certo: dentro il bicchiere di vino “pulito” ce ne é ben poco.

  25. due precisazioni doverose:
    il modus operandi di Maroni è il medesimo da almeno 15 anni, non è una novità  per nessuno tranne che forse per chi non è del settore, o ci è arrivato da pochissimo. Tra l’altro non lo ha mai fatto di nascosto, di questo gli va dato atto. Se nel settore c’è chi è talmente frustrato che è disposto a pagare pur di leggersi su una pagina ricca di aggettivazioni, che farci?
    Altra precisazione: la coerenza è merce rara, ma nei due casi il più serio e coerente è Maroni, che non usa artifizi ipocriti e non compie atti di cui si vergogna.

  26. Carlo Merolli sul fatto del vino biologico ha assolutamente ragione. Anche se molti produttori seri di biologico vedono positivamente questa legge a me sembra una sonora truffa. Speriamo la cambino velocissimamente.

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