Da Bertino a Bologna: un “sequel” godurioso dal 19574 min read

Non si tratta di una scheda doppia ma forse del primo caso di recensione-sequel. La prima parte della scheda ci è arrivata da Fabrizio Calastri il giorno prima della partenza per la nostra riunione Friulana. Dovendo passare per forza da Bologna anche per prendere all’aeroporto Pasquale Porcelli con la colonna pugliese di Winesurf, abbiamo pensato di fare, a scheda “ancora calda”, una minima deviazione nel centro di Bologna per riprovare la cucina di questo locale. Eccovi quindi la scheda madre e il sequel.

La vetrina del ristorante è essenziale: una ventina di zuppiere di zuppa inglese pronte per esser portate a casa. E’ quanto basta per entrare. Il tentativo di non farci coinvolgere da quell’aria un po’ retrò, di mantenere le distanze, di sottolineare i difetti, fallisce miseramente. Qui è diverso, qui c’è sostanza. Roba da andarci tutti i giorni se non fosse per la distanza e per le transaminasi.
Il locale è a Bologna, abbastanza in centro (zona Le Lame), si chiama “Da Bertino”.

La cucina è tradizionale e lo si capisce già da un particolare: il menu è ancora quello con il numero di telefono senza prefisso, tanto ci andavano – e ci vanno –  quasi esclusivamente i bolognesi.

Girellando per il locale capita di sbirciare attraverso una porta socchiusa e vedere una signora intenta ad arrotolare i tortellini ad uno ad uno. Via di corsa al tavolo allora, ed eccoli i tortellini al ragù alla bolognese (che altro?) e le papille rinascono grazie a sapori pieni, decisi e persistenti. Così è con le tagliatelle, così è con le lasagne.

Dieci minuti di compensazione perché when the going gets tough…

Duro ma leale fino alla sazietà è infatti il confronto con il carrello dei bolliti: la lingua, la testina di vitello, il manzo, lo zampone e il cotechino, accompagnati da fagioli in umido, purè e cipolle al forno.

Un gradevole e appropriato Sangiovese Superiore ha degnamente accompagnato il tutto, una presenza non invadente ma rassicurante sul dove ci troviamo.

La fine (della cena) è vicina: pescando nel carrello dei dolci, si va ad abbinare una pera cotta e zuccherata con la zuppa inglese di cui sopra: provare per credere.

Il conto? sui 35 euro, ma certe esperienze non hanno prezzo.

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I moderni e bruttarelli loggiati di Via Lame sembrano, venendo dalla porta dove la guerra partigiana è ancora ricordo reale, non finire mai. Bertino è al 55, lo capisci più dalle tagliatelle fatte e esposte da loro nella vetrina precedente che da l’ingresso vero. Questo è a vetri satinati da dove si può occhiare, come in un acquario, un mondo che non dovrebbe esistere più.

Ci immergiamo in questo mondo, dove la prenotazione di Cristina è stata accettata quasi con sorpresa (si prenotava a ristorante negli anni settanta?) e ci ritroviamo immersi in quelli che poi saranno cantati (almeno per la mia generazione) come “i migliori anni della nostra vita”.

Tutto da Bertino è targato anni settanta DOC: dai lampadari ai tavoli, alle tovaglie, alla bonomia dei proprietari e dei camerieri. Ma su tutto troneggia “la sostanza” che si doveva mettere in pancia negli anni settanta, anni in cui a ristorante SI MANGIAVA.

Noi invece dobbiamo star “leggeri” per la cena della sera e quindi, saltando acrobaticamente antipasti e primi (le tagliatelle con un certo rammarico) passiamo direttamente alle Scilla e Cariddi del gusto, allo yin e lo yang della quadratura del colesterolo, alla profumata scelta tra nascere dall’ acqua o dal fuoco, insomma allo scegliere tra i due carrelli che ti troneggiano accanto.

Quello dei bolliti o quello degli arrosti?

 La maggioranza propende per la serie di bolliti già spiegata da Fabrizio con l’aggiunta come contorno della friggiona. Solo Cristina sceglie il carrello degli arrosti dove la selezione è comunque di livello.

Ma adesso, come spiegare il piatto ovale stracolmo di sensazioni che mi sono trovato davanti? Una libidine! Un morsetto qua, uno la, un sorso di un buon lambrusco a ripulire la bocca e poi rincominciare. Quaranta minuti di goduria a cui sono seguiti cinque di profonda meditazione sul se e come continuare. Come vediamo arrivare il carrello dei dolci su cui troneggia una zuppa inglese in zuppiera non resistiamo. Due cucchiaiate abbondanti ti riportano ancora una volta agli anni in cui via Lame era percorsa da cortei studenteschi, in cui l’alkermens era ancora un nome a me sconosciuto ma ben visualizzato nei dolci di mia madre.

Insomma, ci tornerò, ci torneremo con gioia anche perché il conto, con due bottiglie di lambrusco si blocca preciso preciso a 35 euro.

 

 

Da Bertino
via delle Lame 55, Bologna,
Tel. 051522230

Orari d’apertura:
Mezzogiorno: 12,15 – 14,30
Sera: 19,30 – 22,30

Turni di chiusura:
Invernale: Domenica e Lunedì sera
Estivo: Sabato sera e Domenica

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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  1. Vi siete dimenticati di dire che fa anche rosticceria, cioe’ si possono portare a casa quelle pietanze buonissime che preparano in modo casalingo e veramente tipico bolognese. Il primo Sangiovese della mia vita l’ho bevuto là¬, dal padre degli attuali proprietari.

  2. Certo trovare un posto buono e vero che tu non conosci è difficile.

  3. Un’altra cosa, Carlo. Tu sei un interista leninista. Non dovresti dimenticarti percio’ di Angelo Bertoli che, come me, nei localini come quello lଠci portava già  nel 1973, perche’ quando si veniva a Bulagna si faceva a gara a trovare i posti migliori dove mangiare i turtlè n, che non costavano molto dov’erano fatti praticamente al momento (tra l’altro, Bertino era il Re del tortellino…) e lଠvicino han fatto il primo congresso nazionale degli Autonomi, da cui ci dissociammo entrambi…
    E’ indubbio che tu ed io abbiamo cominciato a frequentare lo stesso tipo di locali in gioventu’ (pur non conoscendoci), sia per fede calcistica che politica. Una volta si andava a mangiare fuori molto piu’ spesso in quei posti là¬, dove il portafoglio non piangeva mai, il vino era onesto e la cucina assomigliava a quella della nonna. Una volta sullo stesso tavolo (il posto e’ piccolo ed e’ sempre pieno) c’era un fascistone di quelli ricercati, l’ho riconosciuto subito ma ci siamo passati il formaggio e il pepe come se niente fosse (quando si mangia, e’ il momento adatto per i trattati di pace). Ho lasciato il mio cuore in posti cosà¬, come faccio a dimenticarmene? Adesso mi trovi nelle taverne alla foce della Vistola (meno 15 gradi stanotte), ma lo spirito e’ sempre quello e tu mi fai sentire al caldo, al mio Paese e con la mia gente. Devo potertelo dire, no?

  4. Leggere un post cosଠprima di mettersi a tavola, vuol dire sentirsi già  sazi. apprezzatissimo il sequel al sequel di Mario.
    Al carrello dei bolliti dovrebbero dedicare un monumento.E’ uno dei motivi principali per cui si va al ristorante nella stagione invernale, anche se si ha una nonna, madre o moglie in grado di cucinare.

  5. Caro, caro Mario, quasi sempre mi lasci senza parole e con un buoco allo stomaco che solo poter mangiare e bere con te, in un posto come Bertino o una taverna sulla Vistola, potrebbe colmare.
    Grazie, Grazie, Grazie.

  6. Ascoltatevi Angelo Bertoli su You Tube, la canzone che v olete voi, e bevete alla mia salute ed a quella del mondo intero. Questo ho imparato da Bertino, il re del tortellino. E’ tanto tempo che non ci torno, ma oggi mi avete tolto 40 anni, sono lଠda lui con voi tutti. Un abbraccio ideale di cui ringrazio lui, i suoi continuatori e chi ha scritto questi bei pezzi dove ogni parola sprizza una grande umanita’, la vera civilta’ del buon bere e del buon mangiare.

  7. I tortellini di Bologna, cosi’ come ” i cappelletti ” ferraresi richiedono ( o meglio richiederebbero ) esclusivamente un buon brodo di gallina, cappone e manzo !
    mangiarli con il ragu’ è come aggiungere acqua ad uno dei vini piu’ buoni del mondo !! 🙂

    P.S. ) Fino agli anni ’85/90 esisteva un ristorante a Ferrara La Vecchia Chitarra, gestito da Bertino ( Travagli ) , piatto del Buon Ricordo ma poi lui è mancato ( era un mio caro amico ) ed oggi è in mano ai cinesi !!

  8. Non per fare dietrologia ne’ per discutere se siano meglio in quel favoloso brodo di carni miste (mmm, che buoni!), ma d’estate, specialmente a Ferragosto, Bertino una volta faceva i tortellini gratinati con la panna. Erano buoni appena appena tiepidi, se non proprio freddi. E vino di Zola Predosa. Rigorosamente fuori da tutte le guide di ieri e di oggi…

  9. E pensare che la sera che sono andato a cena da Bertino ho disertato una cena sociale e mi sono beccato dell’asociale!

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