Parlar di vino (seriamente) in Abruzzo.2 min read

Non c’è regione in Italia che non organizzi almeno un evento “per l’estero”, facendo giungere in loco enotecari, ristoratori, importatori e giornalisti. Spesso tutto questo si concretizza in una gita più o meno allegra, altre volte con una vera e propria caccia al buyer,  raramente a trarre delle utili indicazioni. Per questo una manifestazione come quella patrocinata dalla Regione Abruzzo dall’impegnativo titolo “Food & Wine Worldwide Convention” con il supporto dell’ICE e dell’ARSSA, merita una attenzione del tutto particolare, sia per la quantità e qualità dei partecipanti (provenienti da 40 paesi) ma anche per il tema in discussione, quello dell’ “Immagine del vino Italiano” nelle rispettive aree di mercato. A dire il vero anche  se le analisi degli ospiti erano  un po’ scontate,  hanno comunque contribuito a  dare   alcune indicazioni.
Indicazioni e suggerimenti di buon senso, semplici e chiari che possiamo così sinteticamente riassumere:  puntare sui vitigni autoctoni, come dice Elin McCoy del Bloomberg News “ I vini italiani  devono conservare l’immagine di provenienza da un luogo particolare”.  Ma non solo: bisogna puntare su packaging moderno, etichette chiare,  informazione e formazione del consumatore, mantenere un buon rapporto qualità/prezzo (visto che  su molti mercati si vendono vini che non costano più di 5 euro) e presentarsi sui mercati internazionali in modo compatto. Come si vede cose dette, ridette ed egregiamente riassunte nella giornata conclusiva, a nome di tutti, dal giornalista canadese Nick Hamilton alla presenza di un folto gruppo di associazioni di categoria. Queste, dal loro canto, non hanno mancato di sottolineare , rivolgendosi al Sottosegretario Tampieri,  incongruenze e ritardi del settore.
Oltre a ciò un altro dato interessante e non sufficientemente considerato è stato quello che riguarda il vino sfuso. Quando si parla di vino si tende a dimenticarsene, concentrando tutta l’attenzione sulla punta della piramide, dimenticando che senza la base (vini da tavola) neanche il vertice potrebbe sopravvivere. Se le nostre esportazioni sono cresciute in un anno del +13% questo è dovuto al vino sfuso che ha ormai raggiunto il 9% del valore ed il 35% del volume delle esportazioni. Inoltre, in molti interventi è stato sottolineata l’importanza di un mercato ormai in via di consolidamento,  quello del “bag in box” e del tetra brik: questo potrebbe essere uno sfogo importante per i nostri vini da tavola (e non solo).
So che molti quando si parla di questo tipo di vini storcono il naso, come se tutti potessero permettersi di bere spendendo almeno 10-15 euro, ma così non è. Anche il vino da tavola, quello che si beve giornalmente nella stragrande maggioranza delle famiglie italiane, può e deve avere maggior considerazione. La soluzione del bag in box potrebbe ridare una dignità al vino sfuso sinora snobbato?

Pasquale Porcelli

Non ho mai frequentato nessun corso che non fosse Corso Umberto all’ora del passeggio. Non me ne pento, la strada insegna tanto. Mia madre diceva che ero uno zingaro, sempre pronto a partire. Sono un girovago curioso a cui piace vivere con piacere, e tra i piaceri poteva mancare il vino? Degustatore seriale, come si dice adesso, ho prestato il mio palato a quasi tutte le guide in circolazione, per divertimento e per vanità. Come sono finito in Winesurf? Un errore, non mio ma di Macchi che mi ha voluto con sé dall’inizio di questa bellissima avventura che mi permette di partire ancora.


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