Bottiglie pesanti: mission impossible?7 min read

Repetita iuvant: chi ci segue sa quanto abbiamo a cuore il problema del peso delle bottiglie e quanto siamo decisi a portare avanti quella che potrebbe sembrare una missione impossibile, ovvero far comprendere alle aziende vinicole e al mondo del vino in generale l’impatto ambientale della produzione, commercializzazione, utilizzo, distruzione o riciclo di  bottiglie da vino pesanti. 

            Siamo perfettamente consapevoli di come in questo momento le priorità del settore siano altre: produzione in calo, crisi ormai certificata del consumo di vini soprattutto rossi, export che stenta e così via. I dazi di Trump, ad oggi fissati al 15% ma che come abbiamo visto possono cambiare da un giorno all’altro (del doman non v’è certezza, tanto per rimanere in tema), rendono le previsioni ancora più cupe.

 Lo vogliamo salvare questo pianeta?       

Tornando alle bottiglie pesanti, ridurre il  loro peso contribuisce prima di tutto alla tutela dell’ambiente oltre che ad una riduzione dei costi, fattore quest’ultimo da tenere ben presente in un contesto complicato come quello  sommariamente sopra rappresentato.

Produrre vetro richiede grandi quantità di energia:per poter fondere le materie prime è necessario portare la temperatura dei forni alimentati a gas fino a circa 1400°C . Di conseguenza l’industria mondiale del vetro emette circa 100 milioni di tonnellate di anidride carbonica all’anno, principalmente a causa della combustione di gas naturale.

Dal gas all’uso dell’elettricità

            L’alternativa per ridurre l’impatto carbonico, evidenziata anche dalla stessa industria del vetro, è passare all’uso dell’elettricità come fonte di energia. Esistono oggi piccoli forni elettrici per la produzione del vetro, ma i forni più grandi, comparabili a quelli attuali a gas, non sono ancora pronti per un uso commerciale su larga scala. Il problema principale che i produttori di vetro dovrebbero affrontare è l’elevato costo iniziale e la complessità della transizione da una fonte di energia ad un’altra.

            Finora i progressi sono stati lenti, prevalentemente a causa del costo elevato dell’elettricità rispetto al gas naturale (che ha comunque costi altamente volatili). Tuttavia, il crescente sviluppo del mercato dell’elettricità potrebbe favorire la transizione. Gli analisti ipotizzano che nel lungo periodo produrre vetro usando elettricità potrebbe dare un contributo decisivo alla riduzione dei costi.

Riciclo o riutilizzo

            Quali possono essere allora nel breve periodo altri modi per ridurre l’impatto ambientale? Il primo è il riciclo e la domanda è: il riciclo del vetro aiuta a ridurre le emissioni? Diciamo subito che anche se il riciclo necessita di una quantità minore di energia rispetto alla produzione, i benefici sono meno significativi se confrontati con quelli di altri materiali, come l’alluminio, ad esempio. L’impronta di carbonio del vetro riciclato è circa tre quarti rispetto a quella del vetro prodotto da materie prime vergini. Aumentare i tassi di riciclaggio – che in Europa sono già vicini al 75% – è sì utile, ma rappresenta un contributo modesto alla soluzione del problema. Il processo di riciclo comporta la rottamazione di una bottiglia spesso ancora perfettamente intatta e funzionale e  la fusione del vetro per produrre nuove bottiglie richiede un impegno logistico ed energetico di non poca importanza. I forni per sciogliere il vetro, riciclato o meno che sia, consumano gas e funzionano 24 ore al giorno a oltre 1000 gradi; la logistica per recuperare le bottiglie comporta numerosi passaggi e trasporti. Insomma: riciclare non è a costo economico ed ambientale nullo.

            Vediamo allora un’altra modalità: il riutilizzo del vetro. Si è potuto facilmente verificare che piuttosto che fondere il vetro usato, il riutilizzo o riuso è una via molto più efficace per ridurre le emissioni.  Il problema magari sta nella grande varietà di forme, dimensioni, peso e colore delle bottiglie di vetro. Fa però piacere segnalare che qualcosa in questa direzione si muove: è stato portato a termine un progetto europeo denominato reWine durato dal 2016 al 2020, che ha avuto come principale obiettivo quello di dimostrare la fattibilità di una filiera del riutilizzo delle bottiglie di vino nell’Europa meridionale. Con i suoi 4 anni di test, il coinvolgimento di 7 cantine, 2 distributori, 54 ristoranti, 35 negozi e 3 catene di supermercati, e  il recupero e riutilizzo di 82.238 bottiglie, ha dimostrato che il riutilizzo nel settore vinicolo è tecnicamente ed economicamente fattibile, oltre che sensato da un punto di vista ambientale. Citiamo come esempio l’azienda vinicola spagnola Familia Torres  con sede principale nel Penedès in Catalogna, che sta sperimentando, sembra con successo, un sistema attraverso il quale fornisce uno dei suoi vini bianchi biologici più venduti a un gruppo di ristoranti utilizzando cassette di plastica per il trasporto. Le bottiglie e le cassette vengono poi restituite all’azienda per essere riutilizzate; piccolo ma significativo esempio di economia circolare  nel mondo del vino.

In Italia avremmo anche un legge ma…

            In Italia il problema del riutilizzo delle bottiglie non sembra riscuotere particolare attenzione: nel 2021 è stato approvato un decreto poi trasformato nella legge 108/21 che prevedeva all’art. 35 l’emanazione di un regolamento che disciplinasse le modalità di riutilizzo degli imballaggi in plastica e vetro,  ma detto regolamento non risulta essere mai stato emanato. A livello europeo esiste una direttiva per cui dal 1° gennaio 2030 il 5% dei vini immessi sul mercato deve utilizzare contenitori riutilizzabili. Nello stesso tempo la Commissione Ambiente dell’Europarlamento si sarebbe però pronunciata a favore dell’esclusione del vino da detti vincoli.

            La situazione quindi è alquanto fluida, e in ogni caso la prospettiva del riuso non sembra particolarmente gradita alle aziende vinicole le quali fanno presente come un sistema che sostenga efficacemente la competitività e la sostenibilità del comparto deve riconoscere gli sforzi compiuti dall’industria vinicola nel corso degli anni per alleggerire le bottiglie (-25% il peso medio delle bottiglie negli ultimi anni).

            Bene, prendiamo per buono questo dato e se proprio vogliamo vedere il bicchiere mezzo pieno salutiamo con – contenuto – piacere la recente modifica del disciplinare della Doc Roma con la quale è stato tolto l’obbligo del peso minimo delle bottiglie, ricordando nel contempo che la DOC Colli Tortonesi Derthona ha inserito invece un peso massimo e ci sono paesi del Nord Europa che hanno invece imposto il vincolo di non superamento di un determinato peso massimo e dove i consumatori hanno da tempo dimostrato particolare sensibilità verso l’ambiente.

            Che fare quindi? Al momento, in attesa di futuri sviluppi ancora da chiarire, l’unica cosa da fare è alleggerire le bottiglie. Da parte nostra, durante i nostri assaggi (dove troviamo ancora una buona quantità di bottiglie pesanti) continueremo a segnalare in guida le bottiglie pesanti, ovvero quelle che superano il peso lordo di 1,250 kg ricordando ancora una volta che il peso della bottiglia non ha niente a che fare con la qualità del vino. Confidiamo quindi nella sensibilità dei produttori,  anche nel loro interesse.

Fabrizio Calastri

Nomen omen: mi occupo di vino per rispetto delle tradizioni di famiglia. La calastra è infatti la trave di sostegno per la fila delle botti o anche il tavolone che si mette sopra la vinaccia nel torchio o nella pressa e su cui preme la vite. E per mantener fede al nome che si sono guadagnato i miei antenati, nei miei oltre sessant’anni di vita più di quaranta (salvo qualche intervallo per far respirare il fegato) li ho passati prestando particolare attenzione al mondo del vino e dell’enogastronomia, anche se dal punto di vista professionale mi occupo di tutt’altro. Dopo qualche sodalizio enoico post-adolescenziale, nel 1988 ho dato vita alla Condotta Arcigola Slow Food di Volterra della quale sono stato il fiduciario per circa vent’anni. L’approdo a winesurf è stato assolutamente indolore.


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