Nonostante il titolo perentorio mi sono approcciato al libro con una malcelata allegria, dovuta anche ai molti scritti internettistici precedenti dall’autrice, tutti molto seri ma profondamente improntati al quaazzeggio (vedi Lillo e Greg e il grande capo Estiquaatsi) più profondo e complesso.
Le prime pagine sembravano darmi quasi ragione ma è bastato poco per dovermi, controvoglia ammetto, resettare su campi quasi tutti minati del vivere o sopravvivere quotidiano.
La storia, anzi le storie, che Raffaella Guidi Federzoni, “attualmente export manager presso la Fattoria dei Barbi” (cit.) mette in mostra in questo libro non fanno sorridere ma fanno pensare. Fanno pensare a ruoli sociali più o meno ritagliati a misura, a periodi della nostra storia recente, a (tema per me difficile da affrontare) come invecchiare senza perdere dignità e cognizione dell’invecchiamento e ad altre cose che ognuno, di qualsiasi età, potrà scoprire leggendo il libro.
Ad un certo punto della lettura ho avuto paura. Un po’ per me ma soprattutto per l’autrice e mi sono salvato solo sperando che il racconto, spesso in terza persona, non sia del tutto autobiografico.
Questo perché tocca un punto che moltissimi giovani della mia età nell’età giovanile (in altre parole gli anni ’70 del secolo scorso) hanno vissuto per interposto telegiornale o amico/a ma spesso mai in primissima persona.

Parlo della tragedia delle droghe pesanti e a questo aggiungo altri temi che non potevano non toccarmi, come il mito (positivo o negativo, a seconda di come la pensavi) dell’America che sta per Stati Uniti, della consapevolezza di vivere in un periodo estremamente positivo e quindi il non capire perché sentirsi fuori posto, fuori luogo, fuori sintonia soprattutto con i genitori ma anche con tanta parte di chi ti stava attorno.
Se poi ci mettiamo, questo vissuto assolutamente in prima persona per fortuna, il rapporto con il sesso e l’altro sesso, la lettura di questo libro ti riporta verso ambiti che magari hai voluto dimenticare ma che lui, giustamente ti rimette davanti agli occhi perché, citando il titolo, “Non sono ammesse scorciatoie”.
Ma per un lettore, mi ripeto di qualsiasi età, le scorciatoie sono ammesse e anche il vivere queste storie con distacco ma con l’attenzione che meritano.
Perché mi ripeto? Perché dalle mie poche righe potrebbe sembrare un libro per determinate generazioni ma invece è proprio adatto alle più recenti, a cui può far vedere errori da non ripetere e che, alla fine, quelli che oggi sono i loro genitori, allora avevano quasi gli stessi problemi, le stesse speranze e le medesime delusioni.
Si parte con una bambina che ancora non pensa nemmeno a diventare donna e, passando per una donna che vive l’anzianità con triste decoro, si arriva a parlare di una donna diventata tale credendo di volerlo, e infine di una donna che, tutto sommato, vuole esserlo fino in fondo alla sua vita e non rinnega niente. Attorno a lei ruotano personaggi maschili e femminili che il lettore potrà decidere di assolvere o meno e che rappresentano anche stereotipi purtroppo molto attuali.
E’ un libro che, leggendolo, ti sporchi le mani, ma lo fai perché vuoi andare avanti anche sapendo che avanti c’è qualcosa che potrebbe non piacerti. In fondo in fondo però sai che avanti c’è solo la vita, la tua e quella della protagonista e sono convinto che ogni lettore, chiudendo il libro, si sentirà un po’ peccatore, un po’ santo e un po’ laicamente agnostico. Specie se farete parte del terzo gruppo questo libro vi servirà, non poco.
Leggetelo!
Raffaella Guidi Federzoni
Non sono ammesse scorciatoie
Scatole Parlanti editore
Euro 16.
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