Ed eccoci a parlare dei “grossi calibri” in rosso dell’Alto Adige, in particolare del Pinot Nero a cui, tra qualche giorno, seguiranno i vini da uve e uvaggi bordolesi.
Lo dicevano al mai dimenticabile Franz Haas che il suo Pinot Nero “base” era, per noi, meglio del suo Pinot Nero “top” e lui si arrabbiava regolarmente. Ci verrebbe voglia di dire la stessa cosa a tanti produttori altoatesini che magari potrebbero anche arrabbiarsi ma se c’è un vino che in questa bellissima terra ha delle difficoltà ad adattarsi a cambi climatici, viticoli e soprattutto ad auspicabili cambi di mentalità, è il Pinot nero.
Prendiamo un attimo in considerazione i due territori più famosi e vocati: a Mazzon qualcuno non ha ancora capito di essere “troppo in basso” e quindi non attua o non vuole attuare cambi di impostazione viticola, a Gleno siamo molti più alti ma con vigne esposte in modo diverso e soprattutto con impianti molto più giovani. Tra questi due territori in evoluzione o in rivoluzione troviamo tanti (forse troppi) produttori altoatesini che credono molte cose si possano risolvere con un “sapiente” uso del legno.

Se in qualche caso è possibile in altri serve solo a rendere i vini molto pesanti, chiusi e, in qualche caso addirittura caricaturali.
Questo è il quadro che ci siamo trovati di fronte con i nostri assaggi e che, a dirla tutta, avevamo trovato anche nelle annate trascorse.
Che poi le zone vocate dell’Alto Adige rappresentino in molti casi il meglio per il Pinot Nero italiano è una certezza che riesce solo a farci pensare a come potrebbero essere tanti buoni Pinot Nero altoatesini se venissero “liberati” da quei sentori tostati, da quelle ridondanze al sapor di caffè e presentati con la semplice ma solare freschezza che molti hanno in sé.

Lo dimostrano i migliori vini dei nostri assaggi, giocati sulle eleganti aromaticità classiche del vitigno, sulla riconoscibilità e soprattutto su una piacevolezza di beva che incarna la quintessenza del pinot nero che non vuole giocoforza “miracol mostrare”.
Quasi mai, in zone che possiamo comunque definire fresche, un grosso vino è un grande vino e questo, adattato ad un vitigno elegante per natura come il pinot nero, dovrebbe far capire che tante riserve, dotate di concentrazione, legno e tannini, non traducono nel bicchiere il concetto di Pinot Nero ma solo di un vino che gli assomiglia ben poco.
