Questa volta il nostro “expertise” aziendale è stato fatto con tutti i crismi dell’ufficialità. Ben cinque redattori si sono seduti per assaggiare l’intera produzione di questa cantina campana, che andrebbe visitata solo per fare quattro passi in quell’isola di tufo e storia che è Sant’Agata dei Goti.
Il nostro assaggio ha avuto 10 tappe, partendo dai bianchi per poi passare ai rossi e finire con un passito.
Impatto iniziale:
le etichette si presentano bene anche se non spiccano per originalità. Comunque un’azienda con la cantina scavata nel tufo, che attribuisce grande importanza alle tradizioni non si sposa con un packaging aggressivo ed innovativo: Meglio la via intermedia dopotutto.
Punto a favore
Volendo fare i ruffiani di brutto potremmo dire la simpatia della famiglia Mustilli, che da sola vale non uno ma cento punti. Torniamo a fare i seri: il valore aggiunto alla produzione la porta una puntigliosa rispondenza vitigni/vino. Questo per noi è molto importante ma in un mercato sempre più indirizzato verso vini omologati i loro rossi rischiano di pagare dazio.
I vini
La gamma prevede 4 bianchi, 5 rossi ed un vino passito. La parte de leone, da un punto di vista puramente numerico, la fanno i bianchi ed in particolare la Falanghina “base” che nel 2005 raggiunge altezze notevoli. Ottimo anche il Greco Vigna Fontanella 2005. In entrambi i vini colpisce il fatto che freschezza e bevibilità non vanno a scapito della struttura. Il terzo bianco, una Falanghina parzialmente fermentata in legno – di cui se ne producono poche bottiglie – deve ancora in parte trovare la sua strada. I rossi sono dominati dai vitigni di casa: Aglianico e Piedirosso. Sia che se ne parli in purezza, sia che si ritrovino in uvaggio, siamo di fronte a vini rigorosi, dove le asperità tanniche dell’Aglianico vengono tenute in grande considerazione e dove il Piedirosso “aglianichezza” mostrando corpo e forza da vendere. Sia il Conte Artus che il Grifo, che il Cesco di Nece sono vini piacevolmente austeri, da cui si potrebbe forse pretendere qualcosa in più nel rapporto eleganza/complessità, ma che svolgono benissimo il loro compito di messaggeri dei rossi campani.
Il punto a sfavore.
I rossi hanno dei margini di miglioramento molto più ampi dei bianchi: siamo convinti che con un lavoro in vigna più certosino ed alcuni piccoli correttivi in cantina l’Aglianico della famiglia Mustilli potrebbe divenire un punto di riferimento. La Falanghina invece lo è già ed il Greco c’è vicino.
Giudizio finale
I bianchi sono veramente buoni, piacevoli, rispondenti al vitigno e non eccedenti al portafoglio. I rossi hanno bisogno di alcune piccole correzioni che non li snaturino ma gli permettano di sfruttare al meglio quello che il territorio può dare. La grande laboriosità di questa famiglia ci fa credere che nell’arco di pochissimi anni queste limature andranno a buon fine.
Partecipanti all’assaggio: Alessandro Bosticco, Valerio Piccolo, Carlo Macchi, Pasquale Porcelli, Pierlorenzo Tasselli