Per me partecipare all’organizzazione del Premio Giulio Gambelli, che quest’anno è arrivato all’ottava edizione, è un modo per parlare con Giulio, per sentire cosa ogni anno ha di nuovo da dire, a me e a tutti. Basta leggere tra le righe della degustazione particolarissima che decide il vincitore, basta parlare con questo giovane enologo per sentire la voce di Giulio, quasi più forte e chiara adesso di quando era in vita.
Quest’anno il Premio è stato ospitato nella stupenda cornice di San Gimignano dal Consorzio della Vernaccia e gli assaggi si sono svolti nella sede consortile. Inoltre, grazie al fattivo aiuto di Assoenologi, i campioni in degustazione bendata erano molti, in rappresentanza di ben 20 giovani enologi italiani.
Abbiamo degustato vini dalla Sicilia all’Alto Adige e alla fine ha vinto un enologo toscano di 36 anni, Ivan Misuri.

Non lo conoscevo e quindi ho dovuto fare due parole con lui per capire cosa mi/ci volesse dire quest’anno Giulio Gambelli.
Ivan lavora per la cantina Bonacchi, uno dei grossi imbottigliatori toscani che però ha acquisito da quasi 20 anni cantina e terre a Montalcino.
I vini che ci ha mandato in degustazione Ivan e con cui ha vinto, erano Brunello e Rosso di Montalcino, ma parlando con lui mi ha confidato che il suo lavoro in questa grande azienda è anche quello di “assemblare vini”, di creare prodotti di buon livello non solo producendo ma comprando, assaggiando e soprattutto assemblando.
Un lavoro difficile , lo stesso per cui un grande dell’enologia toscana, Giacomo Tachis, veniva amichevolmente definito “Mescolavin”.
In realtà creare un vino migliore da vini diversi e quasi sempre di livello inferiore è un arte difficilissima che viene esercitata a vari livelli. Anche produrre un Brunello o un Barolo prevede il momento dell’assemblaggio, quello in cui le varie botti vengono valutate e si decidono le percentuali del blend finale. Ancora più difficile è farlo quando i margini di manovra sono molto più stretti perché si sta lavorando su vini che possono anche avere qualche pecca.
Pensando a questo mi è venuto in mente che Giulio era veramente felice e soddisfatto del suo lavoro solo quando assemblava i vini base, quando da tante vasche di vini poco o troppo acidi, magari con profumi scarichi e in qualche caso con caratteristiche non eccezionali, creava un buon vino. Quando da tanti bruchi incompleti riusciva a creare una bella farfalla.
Quello era il lavoro che gli piaceva di più, che gli dava più soddisfazione e quindi il messaggio che quest’anno Giulio ha voluto lasciarci tramite la vittoria di Ivan è quello di rivalutare il lavoro e il vino di base, di non pensare solo ai grandi vini, ma a quelli di tutti i giorni, che per essere buoni e costare poco hanno bisogno di grande maestria a ogni livello.
Stavo ringraziando mentalmente Giulio per questo messaggio quando, alla fine della premiazione, hanno passato il microfono a Ivan per dire due parole. Lui è salito sul palco e ha detto soltanto “Sono onorato per questo premio. Grazie a Tutti”.
Discorso brevissimo ma Giulio disse praticamente le stesse parole quando venne premiato come Maestro Assaggiatore. Anzi, lui disse soltanto “Grazie a tutti” e Ivan, dicendo le medesime parole finali, mi ha fatto capire che Giulio era contento della nostra scelta.
Grazie Giulio, all’anno prossimo.