Amarone 2011: eleganti ma…aspettiamo 4-5 anni4 min read

O vai a giudica un boe a diace!” Questa frase, in puro slang chiantigiano, tradotta vuol dire “Provati a valutare un bue mentre è seduto”  e si usa quando non si riesce per vari motivi ad avere una visione chiara di qualcosa. Infatti un bue seduto può sembrare piccolo, ma se poi si alza vedi che tanto piccolo non è…

 

A fine novembre mentre assaggiavamo Amarone dal 2011 al 2008 (a proposito, grazie al Consorzio del Valpolicella per l’organizzazione e l’ospitalità), questo proverbio mi è venuto più volte in mente, riferito alla “grossezza” vera o presunta di tanti giovani amarone che dovevamo valutare.

 

L’amarone è infatti un vino rosso importante che inizia a svelare le sue particolarità aromatiche e gustative, i suoi segreti, le sue finezze, almeno dopo 7-8 anni dalla vendemmia. Prima è spesso solo un grande ammasso di profumi con l’alcol in prima fila ed una più o meno monolitica concentrazione di struttura, corpo e potenza.

 

Il nostro lavoro è quindi, qui più che in altre zone d’Italia, di giudicare “il boe a diace”, sapendo perfettamente che il risultato finale dopo tot anni, sarà forse dello stesso livello qualitativo, ma sicuramente molto diverso e più complesso in bocca e al naso.

 

Eppure noi siamo stati gli ultimi, nell’anno solare 2015, ad assaggiare Amarone, e pubblichiamo i risultati a pochi giorni di distanza sia dall’Anteprima Amarone 2012, sia dal poter commercializzare il 2013…….

 

Ma, lasciando da parte queste situazioni abbastanza strane create anche da un mercato appassionato di vini potenti e grassi, vediamo di parlare di come ci sono sembrati gli amarone del 2011.

 

Ci dispiace per voi ma prima di dirvelo dobbiamo puntualizzare che di Amarone 2011 ne abbiamo assaggiati pochi, diciamo una trentina. Questo può essere un buon segno, se vuol dire che le aziende si tengono il vino in cantina per  farlo maturare e venderlo il più tardi possibile, oppure un segnale negativo, se le stesse aziende lo hanno già smerciato tutto.

Vedendo il buon numero di campioni di annate precedenti forse la verità è nel mezzo e questo è comunque un buon passo avanti.

 

Ma veniamo al contendere: i 2011 ci sono sembrati sicuramente buoni, ma in buona parte senza quella profondità che contraddistingue la tipologia. Parlando dal punto di vista olfattivo questa mancanza è dovuta in diversi casi ad un uso del legno che veramente andrebbe rivisto e mitigato. Forse la Valpolicella è la zona rossistica italiana più in controtendenza nell’utilizzo del legno piccolo nuovo  e del legno nuovo in generale. Va bene che l’Amarone viene in gran parte bevuto giovane e quindi va “affinato” in fretta, ma in diversi casi, specie se lo metti in commercio alla svelta, il legno prevarica troppo il vino.

 

Dal punto di vista gustativo la generale mancanza di spinta profonda crediamo sia dovuta ad una vendemmia che, col tremendo caldo agostano e settembrino,  ha rimescolato le carte, obbligando tanti produttori a scelte difficili e veloci.  Comunque il “metodo amarone” riesce a mitigare le annate non eccezionali e infatti abbiamo constatato un buon equilibrio generale senza però quella spinta in più che la corvina passita dovrebbe dare.

 

Potremmo fare l’errore di definirli già pronti  (in effetti qualcuno lo è) ma crediamo che i buoni 2011 metteranno “fuori le unghie” non prima di 4-5 e  allora si parlerà di annata più sull’eleganza che sulla potenza. Non bisogna dimenticare quelli già buoni o molto buoni adesso, che indubbiamente mostrano una rara quadratura del cerchio, perché siamo sicuri che questi stessi vini saranno ancora meglio tra un quinquennio.

 

In definitiva crediamo che l’annata 2011 non  sarà sicuramente tra le grandi degli ultimi 20 anni, ma avrà  un’eleganza finale di buon livello. Del resto è difficile, vista la tipologia, che una vendemmia di Amarone non abbia una buona, futuribile, riuscita. 

 

Oggi come oggi noi, su 57 vini degustati di varie annate, abbiamo valutato con almeno 3 stelle più del 70% dei campioni. Questo vuol dire che, magari non saranno pronti da bere, ma risultano comunque concretamente piacevoli…chiedere in Scandinavia per credere.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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