Vernaccia di san Gimignano: “basi 2010” über alles!3 min read

Va a finire che le certezze vacillano e crollano. Per esempio l’idea che ci eravamo fatti sull’andamento più o meno tragico della vendemmia 2010.

In effetti le piogge primaverili (ed estive), il freddo fino a giugno inoltrato, il breve periodo di caldo estivo, le successive piogge non sono state delle invenzioni dei metereologi ma qualcosa che abbiamo vissuto in prima persona. Poi ti ritrovi ad assaggiare i bianchi liguri (vedi) i Soave, i bianchi altoatesini e trentini, i Frascati (tutti di prossima pubblicazione), nonchè  in particolare  la Vernaccia di San Gimignano e devi giocoforza rivalutare la vendemmia anzi, valutare positivamente i molti passi avanti fatti dai produttori sia in vigna sia in cantina che, in vendemmie come queste, si fanno sentire.

Questo “valutazione positiva” ingloba una buona parte dei produttori di Vernaccia di san Gimignano, che ci hanno presentato vini 2010 assolutamente ben fatti, puliti, anche profumati e abbastanza equilibrati. Il corpo ovviamente non era il loro cavallo di battaglia, ma una cosa è fare vino, un’altra è fare i miracoli. A San Gimignano, ben lungi da fare miracoli (quelli li lasciano a Santa Fina, patrona della città), stanno però migliorando anno dopo anno il livello delle loro Vernacce.

Sto parlando soprattutto dei vini base che anche quest’anno hanno mostrato un generale miglioramento qualitativo. Per stabilirlo i passi avanti fatti abbiamo fatto un confronto con le annate precedenti Nel 2008 la media dei vini “base” era di 2.38, per rimanere praticamente inalterata (2.37) nel 2009. Con la vendemmia 2010, che sulla carta non è stata certo la migliore delle tre, si sale a 2.44.

Questo miglioramento, che si percepiva nell’aria da alcuni anni e che finalmente si palesa anche nei vini credo nasca in primo luogo da una bella risitemazione del parco vitato (lavoro lento e difficile). Ciò si sta attuando però partendo da idee che, per fortuna, non stanno privilegiando l’impianto di altre uve “autorizzate”. Quindi sempre meno vernacce che marcano forte di Sauvignon, di Chardonnay o addirittura di vitigni aromatici per dare spazio a vini più territoriali e riconoscibili. Sempre più vini meno caricaturali e più bevibili, grazie anche a tecniche di cantina che cercano di preservare al meglio (e non semplicemente di aggiungere qualcosa) quello che la vigna consegna.

In questo quadro positivo invece non si inseriscono ancora le cosiddette selezioni, che cercano troppo spesso di proporre vernacce dotate di muscoli invece  di profumi, di freschezza e di piacevolezza. Così spesso  si producono vini “vorrei ma non posso” e nei peggiori dei casi ci si appoggia a legni che ben poco possono aiutare. Se ancora una strada comune e qualitativamente elevata per le selezioni è lontana dall’essere trovata non è certo vicina quella per l’uso equilibrato del legno anche nelle Riserve. Il bello è che esempi positivi ci sono, ma purtroppo sembra sia molto difficile imparare da chi ti sta a poche centinaia di metri.

Questo dispiace soprattutto perché alcune Riserve (sia degustate quest’anno sia negli anni scorsi) stanno a dimostrare che la Vernaccia non avrebbe remore a maturare bene ed a dare belle soddisfazioni.

Intanto queste soddisfazioni prendiamocele con le vernacce “base”, un bel bere a prezzi modici.

A proposito di prezzi, dobbiamo chiedere scusa ai lettori, ai produttori ed al Consorzio perché ci siamo dimenticati di inoltrare ai produttori stessi la richiesta dei prezzi, degli uvaggi, del numero di bottiglie prodotte etc. Per questo non troverete nelle schede di ogni singolo vino  il prezzo, l’uva o le uve che lo compongono ed il numero di bottiglie prodotte. Ancora mille scuse e, parola di lupetti, non accadrà più.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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