Trentino: occorre salire in quota per “andare in alto”7 min read

E veniamo a parlare dei nostri assaggi trentini “in bianco e bollicine”. Come sempre si sono svolti a Trento, nel bellissimo palazzo Roccabruna. Un doveroso grazie alla Camera di Commercio di Trento  e a Visitrentino che ci hanno ospitati (oserei dire coccolati) ed organizzato alla perfezione l’assaggio e le visite in cantina. 

Iniziamo dal prodotto su cui da tempo questo territorio punta in maniera chiara, lo spumante trentino o Trentodoc (tutto attaccato) come oramai viene chiamato.

 

Uno dei pochi vantaggi di essere sulla breccia (purtroppo quasi da quella di Porta Pia) da alcuni  anni è che si possono fare confronti tra diverse annate: abbiamo preso così le ultime cinque annate di Trento DOC da noi degustate per vedere come e se questo vino è cambiato e soprattutto migliorato.

Il nostro assaggio del 2007 (37 campioni) si era concluso con una media stelle di 2.70 (in effetti piuttosto alta).Nel 2008 (41 vini assaggiati9 si era scesi bruscamente a 2.36, per poi risalire nel 2009 (solo 32 campioni assaggiati) a 2.56 e salire ancora nel 2010 (41 vini degustati) addirittura a 2.78. Il nostro assaggio del 2011 ha interessato 45 vini con una media stelle praticamente identica all’anno precedente, 2.76.

Cerchiamo di trarre un po’ di succo da questi numeri : il primo dato che balza agli occhi è l’esiguità dei prodotti assaggiati che, pur aumentando lentamente, non si sogna nemmeno lontanamente lo spuntare come funghi di aziende,  come nella concorrente Franciacorta. Qui entra in campo la situazione trentina, dominata dalle cooperative(oltre il 90% della produzione) e con una grande casa privata che nei vini spumanti è da sempre è leader di mercato. Gli spazi per moltiplicarsi, aziendalmente  parlando sono esigui e quindi l’aumento del numero di bottiglie prodotte  è dovuto quasi esclusivamente ad incrementi interni delle aziende già in essere.

Lasciando da parte gli incrementi quantitativi veniamo a quelli qualitativi: non vi nascondiamo che durante gli ultimi assaggi eravamo rimasti un po’ perplessi. Qualche naso forse troppo maturo o ancora poco espresso, qualche vino di troppo carente in finezza ed eleganza. Siamo poi andati a rimettere assieme i dati e ci siamo accorti che i Trento DOC, sia di base che millesimati,  se avevano un problema era  semplicemente quello di non aver  fatto un importante passo avanti come l’anno precedente (che noi, incontentabili, aspettavamo). Si erano “solo” (viste le alte medie) stabilizzati qualitativamente su livelli alti. Questo stabilizzarsi ha voluto dire trovare forse meno punte ma più ottimi vini attestati  tra le 3 e le 3.5 stelle: questa volta  sono stati infatti 26 (quasi il 58% del totale) , rispetto ai 19 (46%) dello scorso anno. Altro dato positivo è, per la prima volta in cinque anni, l’assoluta assenza di vini sotto alle 2 stelle.

Avevamo  inoltre chiesto alcune annate vecchie, oramai fuori commercio. Solo tre aziende ci hanno inviato campioni (li riconoscerete perché lo abbiamo evidenziato nella presentazione del vino). Pochine, ma se le aziende sono anche adesso un numero esiguo,  figuriamoci una decina di anni fa.  Comunque, visto il numero dei campioni non si può certo parlare di possibilità generalizzate di invecchiamento ma  non possiamo tacere che i vini assaggiati erano tutti freschissimi (pur se di sboccature non certo recenti) ed alcuni assolutamente eccezionali.

In definitiva i Trento DOC in commercio quest’anno ( millesimati spalmati tra 2008 e 2004, i “senza annata” quasi tutti a base 2009) hanno meno punte, una qualità media alta (riscontrabile anche nelle poche aziende “new entry”), proposta però a prezzi non più convenienti come in passato. Su quest’ultimo dato invitiamo le aziende a riflettere con attenzione.

Anche se i prezzi salgono noi siamo convinti che il futuro del Trentino enologico, con la possibilità che si ritrova di spostare verso l’alto i vigneti , passi attraverso le bollicine di qualità. Per questo occorrerà però fare scelte strutturali e studiare una “soluzione finale” per tanti, troppi vigneti a bassa quota, sempre più sottoposti a vendemmie di inizio agosto, con tutto quello che comporta. 

 

Ma non solo bollicine hanno vissuto i nostri assaggi.

 

Nosiola

Se uno va a leggere il progetto dei  quattro saggi (vedi qui articolo della nostra Madame X) potrebbe immaginare  la Nosiola  come uno dei vitigni di punta del territorio. In realtà, hanno dopo anno, constatiamo come questo vitigno/vino sia fermo al palo: fermo come quantità prodotta ed anche come qualità. Quest’ultima non è certamente peggiorata ma non si vedono sforzi seri e ben organizzati per portarlo realmente in alto. Come gli altri anni ci siamo trovati di fronte a prodotti puliti, anche eleganti ma molto difficilmente “esportabili” in altre zone d’Italia. Se i profumi mancano non è certo una novità ma siamo convinti che con vinificazioni molto più attente la Nosiola riuscirebbe ad esprimere molto di più. Tutto sta nel crederci….sul serio.

 

Traminer Aromatico

La prima cosa che abbiano notato è che le etichette trentine riportano oramai nella quasi totalità la scritta Gewürztraminer, lasciando quindi a casa il più italico Traminer Aromatico. Che sia per caso “colpa” del cugino altoatesino e del suo successo commerciale? (domanda retorica). Ovviamente non c’è niente di male in questo: ci si può ispirare alle altrui etichette, l’importante è che i vini rimangano diversi, mantenendo quello stile più austero a cui si stanno ispirando anche quelli “più a nord”.
In effetti i quasi venti Traminer assaggiati hanno mostrato ancora abbastanza viva questa voglia di non esagerare negli zuccheri residui e di presentare un prodotto utilizzabile durante i pasti e non soltanto per stupori momentanei.  Anche qui, come nel Trento DOC, non abbiamo trovato un vino sotto alle 2 stelle, indubbiamente un buon segno.

 

Altre uve

Per altre uve si parla di un gruppone composto soprattutto da Chardonnay, Pinot Bianco, Pinot Grigio e Sauvignon in purezza e non . Sullo Chardonnay niente di nuovo rispetto allo scorso anno ed a quanto detto sopra: un utilizzo più massiccio come base spumante sarebbe auspicabile….. Sul Pinot Bianco e sul Pinot Grigio i campioni erano troppo pochi per poter parlare, passiamo quindi al Sauvignon che ci sembra un vitigno su cui poter puntare. I vini sono puliti, varietali, forse non potentissimi ma piacevoli e la facilità con cui si arriva mediamente a questo dovrebbe stimolare diversi produttori a vederlo come un’interessante  carta da giocare in futuro. Magari sviluppandolo in vigneti ad altezze adeguate  ma tanto in Trentino, a quote più alte,  c’è ancora posto.

 

Müller Thurgau

E veniamo al vitigno che in questo momento è forse il bianco non spumante che, dal punto di vista mediatico,  traina il settore. Indubbiamente il Müller trentino ha una marcia in più rispetto a quello di altre zone anche se, al posto di “trentino”, dovremmo parlare esclusivamente di Val di Cembra.
Questo meraviglioso territorio, in cui la viticoltura è veramente di montagna,  sembra infatti possedere caratteristiche uniche per  il vitigno. I profumi che, sia in intensità sia in complessità, si riescono a percepire in un  Müller Thurgau  della Val di Cembra sono di gran lunga i migliori del gruppo. Dallo stesso vitigno piantato in altre zone si ottengono quasi sempre profumi meno intensi e profondi. 

 

Questo sia  si parli dei vini di una singola ed importante cantina, sia delle poche piccole aziende locali  che però , non avendo inviato i vini per gli assaggi, ci hanno “costretto” ad assaggiarli non ufficialmente  e quindi a non  riportarli assieme agli altri. Anche se c’è da capire bene il perché della differenza tra Cembra e le altre zone, la carta Müller è sicuramente adesso e sarà in futuro una delle più azzeccate del mazzo trentino. Certo è che se l’andare in quota è fondamentale per tante uve (chardonnay in primis) lo è di più per questo vitigno, che rischia di divenire assolutamente insignificante quando perde per strada i propri aromi e la sua sapida freschezza.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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