Nobile 2006: vino un po’ troppo “disciplinato”.4 min read

L’ultima volta che avevamo parlato di Nobile di Montepulciano era di scena il cambio del disciplinare (vedi) con l’aumento fino al 30% di uve diverse dal Sangiovese, autoctone o meno. Prima di commentare i nostri assaggi pensiamo sia giusto ripartire da lì.
Due parole scambiate con il direttore del Consorzio Paolo Solini ci hanno messo ancora più confusione in testa. Solini sostiene che quel 10% in più è stato chiesto soprattutto per fare spazio al primo, vero, ufficiale clone riconosciuto di Prugnolo Gentile. Fino ad ora infatti il Prugnolo era considerato, a livello legislativo come un alter ego del Sangiovese. Infatti per  quasi tutti i produttori i due termini erano intercambiabili e solo alcuni cultori della tradizione ci tenevano a dire che il loro era  “soltanto Prugnolo Gentile”. Adesso, con il nuovo disciplinare anche questi cultori dovranno usare il termine Sangiovese, se non per quei pochi ettari già esistenti di VERO Prugnolo Gentile.

In questa motivazione per il cambio del disciplinare ci sono diverse cose che stridono. Intanto, dopo anni (diciamo alcune centinaia per stare bassi) dove Sangiovese e Prugnolo erano considerati la stessa cosa (e probabilmente lo erano) il Prugnolo scompare ufficialmente dalla stragrande maggioranza dei vini di Montepulciano. Infatti i pochi ettari attualmente esistenti di VERO Prugnolo Gentile arriveranno a malapena al 1% della superficie totale. Quindi come primo risultato del nuovo disciplinare si azzera quello che credevamo storia enologica e che invece era solo un “modo di dire”.

Peccato che questo modo di dire continui ad essere usato dalla stragrande maggioranza dei produttori locali, come comprovano le schede che ci hanno mandato con gli uvaggi dei loro vini. Occorrerà quindi che il consorzio faccia una campagna informativa, prima di tutto tra i produttori al grido “E’ morto il Prugnolo, viva il Prugnolo!” perché da ora in avanti tutti i depliants andranno rivisti, tutte le schede tecniche riscritte e via cantando.

Che dire…… se il motivo principale del cambio di disciplinare fosse  questo forse si poteva agire anche diversamente, magari utilizzando quel 20% già permesso nel vecchio.

Forse è più semplice pensare che l’aumento serva a chi vuole utilizzare altre uve, autoctone o meno, in dosi maggiori perché il Prugnolo, scusate volevo dire Sangiovese, è molto difficile da coltivare e non da sempre ottimi risultati, specie confrontato con uve di “spessore” internazionale. Se i produttori, specie con la crisi attuale, vogliono avere le mani più libere e quindi chiedono un disciplinare più “possibilista”, ne hanno tutti i diritti: basta non nascondersi dietro un dito. Possiamo essere d’accordo o meno, ma almeno le cose sono chiare.

Anche la posizione del Presidente Carletti, il quale afferma che “Il Terroir di Montepulciano è superiore e riconoscibile aldilà del Sangiovese in purezza o meno” ci sembra abbastanza discutibile, vista la diversità stilistica notevole che impera nel Vino Nobile.

Ma veniamo a parlare dei vini. Abbiamo assaggiato l’annata 2006 di Vino Nobile, alcune Riserve 2005 ed i Rossi di Montepulciano del 2008 e 2007. Dell’annata 2006 ho già parlato più volte ed oramai credo di avere indossato le vesti di suo “nemico pubblico n° 1”. Anche con i Nobili quelle caratteristiche di ritrosia al  naso e lieve durezza tannica (che ad un certo punto dell’assaggio sfocia in una specie di  mancanza di corpo e concentrazione) sono state il leit motiv della nostra degustazione. Un discreto numero di  vini ha avuto però buoni punteggi, mostrando anche un eleganza ed una morbidezza molto “internazionalistica”.

Questo non vuol dire trovare note immediatamente riconducibili a vitigni come merlot e cabernet ma incontrare delle morbidezze abbastanza strane per un vino fatto con Sangiovese di zone con buone componenti arrgillose. In altre parole: quelle diversità stilistiche accennate sopra tendono comunque più verso il “vino rotondo e piuttosto morbido” che verso il “sangiovese nervoso”.  Non è un segreto che a noi piacciono più quelli della seconda fascia, e non per niente le 4 Stelle sono arrivate da vini con tali caratteristiche. Accanto ai Nobile “base” c’erano anche le “Selezioni 2006”: non sono andate male mediamente, ma ancora non riescono a convincerci soprattutto a causa di eccesive estrazioni  non supportate adeguatamente da “grassezza tannica”. 

Le Riserve 2005 erano troppo poche per poter parlarne con cognizione di causa mentre i Rosso 2007 e 2008 restano in quel limbo di assoluta diversità stilistica che oramai sembra esserne diventato il tratto distintivo.

In definitiva non siamo usciti scontenti dagli assaggi ma crediamo che nel 2007 ci toccheranno  maggiori soddisfazioni, perché vediamo quest’annata molto adatta per un vino che vuole essere sempre più bevibile.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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