Luganottimisti con discreti motivi per esserlo (vetro a parte)5 min read

Chi come me ha da poco superato i venticinque anni (per gamba) si ricorderà che secondo Carosello un Ramazzottimista era un ottimista che beveva un amaro. Nei due giorni trascorsi nella zona del Lugana ( a proposito: grazie al Consorzio ed al suo instancabile direttore Carlo Veronese per la disponibilità e l’organizzazione) abbiamo coniato un nuovo termine: il Luganottimista. Questi non è altro che un produttore di Lugana il quale si sta godendo il successo commerciale del suo vino (ed immaginando futuri ulteriori successi) mentre attorno a lui altre denominazioni (in bianco e in rosso) spuntano prezzi da fame.

Quest’ottimismo ha la sua ragion d’essere in un territorio non molto ampio, stretto tra il Garda (zona tra Peschiera e Desenzano) e le colline dell’entroterra. Zona tra le più turistiche d’Italia è comunque riuscita mantenersi molto legata alla terra. Una terra argillosa nella parte pianeggiante verso il lago che mostra invece più scheletro mano a mano che si sale verso la collina. Su questa terra si trovano le vigne del Lugana, che vuol dire vigne di Trebbiano, qui chiamato poeticamente Turbiana o più prosaicamente Trebbiano di Lugana. In effetti, nonostante le molte nostre “punzecchiature” al povero direttore la realtà è che questa tipologia/clone di Trebbiano è profondamente diversa, dal Trebbiano toscano. Sarà una specie di verdicchio (molto gettonata in loco) sarà imparentato col Tocai (pardon Friulano), sarà quel che sarà ma alla fine si ottengono dei vini che pur non avendo spiccate caratteristiche aromatiche mostrano un nerbo, un corpo e delle possibilità di invecchiamento che un normale trebbiano se le sogna.

La nostra degustazione era incentrata sulla vendemmia 2009 ma ha visto in pista anche diversi 2008, i Lugana spumantizzati (charmat e metodo classico)ed una interessante piccola retrospettiva sino alla vendemmia 1999. In totale circa 120 campioni, con un aumento rispetto allo scorso anni di circa il 20%. Questo ci fa molto piacere perché vuol dire che il lavoro  dello scorso anno non è passato inosservato anche se prendendo in mano le bottiglie e mettendole sulla nostra fida bilancina non si direbbe.

Infatti oltre la metà dei vini assaggiati avevano bottiglie più adatte a fare da soprammobile che da contenitori di vino. Se lasciamo da parte, per pietà, quelle di quasi un chilo (ma se po’…) a cui abbiamo rifilato un ipotetico “premio Attila” la media era comunque attorno ai 650-700 grammi che non ci sembra esagerata…di più! Molte cose le abbiamo dette lo scorso anno ma forse repetita iuvant: capiamo il marketing, ma qui si va oltre il buon senso e si rischia il ridicolo. Con il vetro di una bottiglia se ne potrebbero fare due e così, proprio per stare terra terra risparmiare almeno 50 centesimi a bottiglia. Su un vino che mediamente ne costa 8-9 in enoteca saremmo attorno ad una diminuzione del prezzo di partenza del 10-15% , se vi sembra poco. Per non parlare di tutti i risparmi correlati (corrieri, benzina, smaltimento, etc). Vista la situazione (che non riguarda solo il Lugana) abbiamo preso una decisone: il prossimo anno a Vinitaly andremo a consegnare (con tanto di filmato) un reale Premio Attila, in “piombo e ossa”,  ai presidenti di quei consorzi dove il vetro viene usato al posto del vino. Tra questi ci sarà sicuramente Francesco Montresor, Presidente del Consorzio del Lugana.

Veniamo agli assaggi: come detto il Trebbiano di Lugana non è certo un vitigno aromatico e per questo quel 25-30% di produttori che vi aggiungono uve come Sauvignon, Muller Thurgau o Traminer (la prima ammessa dal disciplinare, le altre due no..) vanno a cambiare troppo nettamente i connotati del vino. Nei nostri assaggi, pur riconoscendo di essere di fronte a buoni vini, li abbiamo alla fine penalizzati in quanto non certo “identificativi” del territorio. Se ci mettevamo anche a penalizzare tutti quei vini con degli zuccheri residui eccessivi si rischiava di trovarsi di fronte ad un cimitero degli elefanti.

Comunque questi due modi di presentare il Lugana hanno probabilmente la loro radice in vigna, dove rese non certo basse (120.q.li + il solito 20%) portano a trebbiani poco ricchi di sostanza. Questo lo diciamo perché comunque sia nell’annata 2009 che in quelle precedenti da noi degustate abbiamo trovato Lugana di bella spalla e concretezza, quei bianchi potenti tanto decantati dal nostro amico direttore. Non possiamo dire che siano molti ma, come vedrete dai nostri assaggi, un buon 35-40% dei vini è nettamente sopra la sufficienza e sarebbero stati di più se non avessimo deciso di “frenare” quelli con eccessivi marker di altri vitigni. Se dovessimo dare un voto alla vendemmia 2009 ci potremmo avvicinare al 7 con possibilità di miglioramento quando l’anno prossimo assaggeremo i Superiori 2009.

A proposito di Superiori:  riguardo a quelli del 2008-2007 abbiamo notato, se dio vuole, una diminuzione dell’uso del legno anche se la tipologia (secondo noi) potrebbe avere un vero e proprio boom se dedicata più a vini senza legno ma con più spalla, potenza e corpo ottenuta tramite, per esempio,la diminuzione delle rese, (del resto per il Superiore obbligatoria per disciplinare). Diciamo questo perché abbiano trovato quasi tutti i migliori vini tra i Lugana base e  non tra i Superiori. Questo vuol dire che, se ben gestite, le caratteristiche per eccellere ci sono senza ricorrere a legni e forzature di vario genere. In definitiva due giornate interessanti con vini che hanno buoni margini di miglioramento (lavorando più in vigna che in cantina) ma già adesso possono vantare eccellenze consolidate.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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