Guida dei vini “al momento giusto”: utopia?4 min read

E’ un po’ che ci penso e ci ripenso e ogni volta che ci rimugino mi convinco sia che non è possibile farlo sia che dovrebbe essere assolutamente fatto.

Mi guardo indietro, faccio un brevissimo sunto degli ultimi 20 anni, di come sono stato e sono dentro al mondo delle guide del vino e mentre lo faccio non posso fare a meno di sentire che è veramente venuto il momento per fare il grande passo, quello che i consumatori credo aspettino da sempre e che nessuno ha mai avuto il coraggio di fare.

Sto parlando di uno strumento (per capirsi potremmo chiamarlo guida) che parli  dei vini “al momento giusto”.

Cerco di spiegarmi: noi per primi, ma tutte le guide cartacee fanno la stessa cosa, degustiamo ogni anno migliaia di vini. La stragrande maggioranza di questi vini vengono degustati giocoforza non solo non al massimo della loro potenzialità ma soprattutto quando è veramente difficile esprimere un parere definitivo sull’intensità e la complessità dei loro profumi, sulla finezza e armonia dei loro tannini, sulla profondità delle sensazioni che danno.

Non sto parlando solo di grandi vini da invecchiamento ma anche soprattutto di tanti vini giovani (bianchi, rosati, rossi o spumanti) che entrano nelle batterie di degustazione completamente rintronati dalla solforosa, chiusi al naso e scomposti in bocca. Con tutta la buona volontà e attenzione del caso siamo proprio sicuri che stiamo valutandoli nel modo e nel momento migliore possibile?

Lo so cosa state per dire: un degustatore dovrebbe essere in grado di capire il vino al momento dell’assaggio, traslarlo sul suo metro di giudizio e dare un parere che parli anche e soprattutto della situazione futura di quel vino.

Questo anche e perché molti vini che noi assaggiamo entreranno REALMENTE in commercio dopo diverso tempo. La cosa è meno eclatante sul mercato italiano dove comunque tanti vini arrivano sugli scaffali delle enoteche o nei ristoranti diversi mesi dopo (alcuni anche un anno) ma soprattutto all’estero, dove il consumatore finale in Germania o in Canada o in USA berrà i vini con un forte “ritardo” rispetto al momento in cui vengono degustati per una guida.

Spesso inoltre diamo delle definizioni e ci freghiamo da soli: se etichettiamo un vino come da bersi giovane non vuol dire, specie con il miglioramento generalizzato delle tecniche di vigna e di cantina, che debba essere bevuto assolutamente dopo non più di 3-4 mesi, ma almeno dopo uno-due anni. E spesso è proprio il momento in cui molti consumatori finali lo gustano.

 Ora, (lasciando stare per un attimo il mercato che deve inserire la nuova annata in commercio) quanti vini tra quelli presenti in una qualsiasi guida sono da bersi, pena il loro reale decadimento organolettico entro e non oltre i 10-12 mesi dalla produzione?  Ce ne saranno non più del 5-10%! Insomma il vino, anche e soprattutto quotidiano, invecchia sempre meglio e di più e noi dobbiamo assaggiarlo sempre prima: non vi sembra strano?

Capisco, se la recensione di un vino arriva dopo che in commercio non c’è quasi più è assolutamente inutile. Però….però….non potrebbe esserci una via di mezzo, non si potrebbe, grazie al web, degustare i vini quando sono sicuramente più pronti e metterli subito online?

Mi faccio una domanda; se, per esempio, assaggiassimo adesso e pubblicassimo  la degustazione dei bianchi altoatesini, friulani o trentini del 2010 quanto sarebbe interessante? Quanti di questi vini sono ancora nelle carte dei ristoranti e/o nelle enoteche italiane o estere? Quanto del vino assaggiato dalle guide nello scorso anno è realmente esaurito PER IL CONSUMATORE FINALE?

Questa domanda mi piacerebbe farla ai ristoratori, agli enotecari , a tutti coloro che comprando e poi vendendo il vino al grande pubblico, sono la coloro che hanno  in mano realmente le bottiglie. Gli chiederei anche quanto le valutazioni delle nuove annate servano effettivamente o quanto servirebbe invece una valutazione “a freddo”, “a vino maturo al punto giusto” del prodotto x o y? Forse così si riuscirebbe a fare quella cosa che pomposamente viene chiamata “cultura del vino.

Queste mie righe potranno sembrare inutili o spese per una causa impossibile da realizzare ma……nel 1985 quanti avrebbero detto che in Italia si sarebbero fatte 6-7 guide dei vini?

Per questo aspetto i vostri commenti: serviranno sicuramente a chiarirci le idee.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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