Il “mistero del buon Custoza” continua anche nel 20142 min read

Mentre lasciavo la zona del Custoza per andare in Trentino (dei cui bianchi parleremo a breve) avevo una domanda che mi frullava in testa. “Quanto sono rappresentativi della realtà del Custoza i vini che abbiamo assaggiato?”

 

A fare un conto della serva i trenta campioni da noi degustati, tutti assieme non arrivano a nemmeno 2 milioni di bottiglie su un totale di quasi 12. Quindi se va bene siamo di fronte ad un 15% della produzione di questa denominazione in bianco.

 

 Certo è che se gli altri 1o milioni di bottiglie fossero tutte più o meno come quelle che abbiamo assaggiato saremmo di fronte ad un mistero non da poco, perché la qualità media dei vini non giustificherebbe prezzi così bassi.

 

Quindi ci sarà da qualche parte (visti i numeri da diverse parti) un “ventre molle” della  denominazione che tira verso il basso e di cui risentono quei produttori che, bottiglie alla mano, producono dei vini di buon livello venduti a prezzi veramente bassi.

 

O forse sarà colpa anche dell’imbottigliamento fuori zona? Sarà la concorrenza praticamente in casa di denominazioni che stanno avendo un grande successo commerciale (leggi Lugana)? Sarà che il territorio non riesce ad esprimere gli stessi livelli qualitativi ovunque? Saranno le faide interne tra cantine sociali che minano alla base la possibilità di presentarsi in maniera unitaria?

Sarà quel che sarà ma il “Mistero Custoza”, questa denominazione assolutamente non votata al monovitigno (vado a occhio: garganega, trebbiano, cortese, riesling italico, pinot bianco, chardonnay, tocai sono i vitigni principali che possono concorrere all’uvaggio) non dico non mi fa dormire ma certamente è interessante da capire.

 

Prendiamo i campioni del 2014: come da molte altre parti la vendemmia è stata veramente difficile eppure non è che i Custoza degustati siano lontani anni luce da altre denominazioni in bianco, anzi, sono almeno sullo stesso livello. Vini freschi, precisi, puliti al naso e con struttura più che sufficiente sono la base condivisa. In qualche caso sentiamo acidità che chiudono amare ma non è che dalle altre parti i bianchi del 2014 siano poi molto diversi.

 

Se poi passiamo ai Superiore (e qui scende in campo la vendemmia 2013), il “mistero” si infittisce sempre più. Il salto di qualità è chiaro: più potenza, più complessità, più corpo, molta più lunghezza gustativa e anche un uso del legno (pochi i casi per fortuna) piuttosto equilibrato. Tutto questo con prezzi che in enoteca possono arrivare ai 13-14 euro ad esagerare.

 

Se questo non è un mistero…

 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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