Friuli rossi: Schioppettino e Refosco sopra a tutti7 min read

Ed eccoci nei primi giorni del 2014 a parlare dell’ultimo assaggio del 2013. Per farlo siamo tornati a Prepotto, in Friuli, ospiti degli amici dell’Associazione Schioppettino di Prepotto. La loro gentilezza è pari soltanto alla passione che mettono nel fare vino. Li ringraziamo assieme al Consorzio che riunisce tutti i consorzi del vino friulano e al Consorzio Isonzo, che ha gestito la logistica dei vini.

 

Logistica che ha funzionato benissimo e ci ha presentato quasi 180 rossi di varie tipologie. Noi li abbiamo divisi in sei gruppi: Merlot, Cabernet, Refosco, Schioppettino, uvaggi e altre uve. In quest’ultimo gruppo si raccolgono i vini che non hanno raggiunto un numero di campioni tale da giustificare un gruppo a se stante.

 

Prima di parlare dei vari gruppi voglio fare due annotazioni. In un articolo recente (vedi) ho definito lo Schioppettino di Prepotto un vino a cui mancano i quantitativi per poter emergere sul mercato. Riportando i dati forniti dai produttori ho constatato che la mancanza di numeri si può estendere tranquillamente a quasi tutto il mondo dei rossi friulani, specie quello che si declina tra Collio, Colli Orientali e Isonzo. Produrre infatti poche centinaia di bottiglie di un vino non è per niente un caso isolato e normalmente non vengono superate le 3000-4000 unità.

Con questi numeri è molto difficile trovare spazio sul mercato mondiale, a meno di non fare fronte comune. Prima di scendere nel particolare ancora due parole di soddisfazione per l’ottimo risultato ottenuto dai vitigni autoctoni. Dai nostri assaggi  è venuto fuori in maniera chiara che Schioppettino e Refosco (non solo perché hanno ottenuto la media stelle più alta) sono due vitigni su cui è giusto puntare, mentre per il Pignolo bisogna trovare un modo per addolcire la sua incredibile potenza tannica. Gli altri vitigni non autoctoni, pur dando discreti risultati, mostrano una generale mancanza di corpo e di grassezza che quasi sempre li tiene nel limbo da ormai molti, troppi anni.

 

 

Cabernet

 

Neanche un vino che supera le 3 stelle la dice lunga sulle potenzialità di Cabernet Franc e Cabernet Sauvignon in queste terre. Come scusante potremmo addurre che le uve migliori vanno sempre negli uvaggi aziendali, ma anche lì riescono di rado ad esprimersi con  grinta, grassezza e profondità gustativa adeguate. In generale non si trovano nemmeno grandi differenze tra Sauvignon e Franc: forse l’unica è un tannino più rotondo nel primo.  Quasi sempre abbiamotrovato Cabernet scontati al naso e leggeri in bocca, sia che si parli di Colli Orientali, di Isonzo o di Grave. A proposito di quest’ultima zona: tra i cabernet  recupera molto terreno rispetto alle zone più blasonate, grazie a vini di discreta struttura ma più immediati e piacevoli. Nelle altre zone invece si punta più in alto ma con scarsi risultati, per me imputabili quasi tutti a difficili maturazioni fenoliche. Voto alla tipologia 5.

 

 

Merlot

 

Non ripetiamo il discorso dei Cabernet ma poco ci manca: nasi abbastanza vegetali e “accompagnati”, specie nelle Grave, da mancanza di corpo. Vini spesso semplici, nella migliore delle ipotesi immediati. Anche nei COF, nel Collio ed in Isonzo, pur se i risultati sono migliori, manca quasi sempre potenza e profondità in bocca.

Pure qui la scusante è l’uso delle migliori partite per gli uvaggi ed in effetti alcuni vini in grande percentuale Merlot hanno raggiunto ottimi punteggi: se li mettiamo accanto ai “top”di questo gruppo la situazione è migliore rispetto ai Cabernet ma la sensazione è che dei Merlot di livello nascano una-due vendemmie su cinque. Voto alla tipologia 6-.

 

 

Schioppettino

 

Qui le cose cambiano e non poco! Lo Schioppettino si è dimostrato un vitigno con caratteristiche molto interessanti e soprattutto in linea con un mercato che privilegia l’eleganza e la piacevolezza. Se poi veniamo allo Schioppettino di Prepotto dobbiamo aggiungere anche una  riconoscibilità chiara, anche se in alcuni casi mascherata in cantina da legni o da vinificazioni che potrebbero essere più adatte al vitigno. Lo Schioppettino potrebbe essere definito il “pinot nero friulano”: rispetto al grande vitigno borgognone è un po’ più tannico e dinamico ma meno elegante. Inoltre è molto sapido tutti e anche quando il legno è di troppo,  presenta le sue note caratteristiche di pepe accanto ad una lineare freschezza. Tutto questo come accennato si accentua (azienda più, azienda meno) nella zona di Prepotto.. Più che la media stelle più alta dei vari gruppi fa piacere constatare che non ci sono vini sotto alle due stelle e quidi una qualità minima è sempre garantita. Fa anche piacere constatare che qualcuno inizia ad usare lo Schioppettino negli uvaggi, con risultati assolutamente incoraggianti. Voto alla tipologia 7+.

 

 

Refosco dal peduncolo rosso

 

 

Se lo Schioppettino è avuto la media stelle più alta il Refosco dal peduncolo rosso gli è andato molto vicino e, almeno dal punto di vista personale, lo ha superato in possibilità di adattamento e versatilità. Infatti il vitigno, oltre ad avere una freschezza innata e  note fruttate così belle e chiare ha mostrato di potersi adattare a terreni diversi e a vinificazioni particolari senza perdere (almeno fino ad oggi…) le sue belle caratteristiche. A proposito di vinificazioni particolari: la tendenza ad “amaroneggiarlo”, cioè ad aggiungere quote più o meno ampie di uve passite che portano ad un aumento dell’alcolicità e degli zuccheri residui è una strada che rischia in futuro di snaturarlo. Noi non la consigliamo anche se potrebbe trovare buon riscontro sul mercato. Ma veniamo al Refosco “normale”, che ha raggiunto punteggi alti mostrando anche complessità sempre declinata su un’ acidità mai esagerata o scomposta, come qualche volta accade al cugino Terrano. In definitiva, se dovessi scegliere un vitigno per il futuro in rosso del Friuli, sceglierei il Refosco. Voto alla tipologia 7.5.

 

 

Altre uve

 

Mentre per il futuro in rosso del Friuli  non sceglierei certo il Pignolo, anche se come vitigno ha ottime caratteristiche. Purtroppo però la sua tannicità in quasi tutti i casi si presenta rustica e marcante come dei nebbiolo old style, senza però avvicinarsi nemmeno alla grande complessità aromatica del vitigno langarolo. I non molti Pignolo assaggiati si sono mostrati, pur con pregi indubbi,  vini difficili, arcigni, in alcuni casi brutalmente tannici. Capisco che in una terra dove le maturazioni dei rossi rischiano di essere difficili piantare Pignolo sia una scelta coraggiosa, però certe volte il coraggio non basta, serve anche l’acume per capire che in qualche modo occorre cambiare strada e/o trovare un modo per conferire a questo vitigno quello che la Pirelli sintetizzò in una vecchia pubblicità “La potenza è nulla senza controllo”.

Per quanto riguarda altre uve degustate i numeri non ci permettono di dare alcun giudizio. Voto alla tipologia 6–.

 

 

Uvaggi

 

Di solito nei nostri assaggi erano sempre i vini più bastonati, forse perché l’uso del legno li aveva già “bastonati” in partenza. La bella notizia è una diminuzione drastica della “legnosità” a vantaggio di una maggiore rotondità ed eleganza.

A queste caratteristiche ci aggiungiamo anche una netta dinamicità e freschezza, dovuta in alcuni casi all’uso di Refosco (in qualche caso dello Schioppettino) o comunque al meglio del meglio che Merlot e Cabernet Sauvignon possono dare in regione. Essendo comunque vini molto diversi tra loro è difficile trovare altri fili conduttori ma la sensazione generale è molto più positiva che in passato. Voto alla tipologia 6.5.

 


Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


ARGOMENTI PRINCIPALI



LEGGI ANCHE