Franciacorta: un radioso futuro…con alcune insidie.4 min read

Anche quest’anno la full immersion franciacortina in quasi 240 bottiglie di bollicine  è stata impegnativa ma interessante. Più impegnativa dello scorso anno visto il numero dei campioni, aumentati di almeno 30 unità. Del resto in Franciacorta tutto è in aumento: gli ettari vitati ( 211 in più dal 2006 al 2007, portando il totale a 2119), le bottiglie prodotte (siamo a oltre 8.600.000, con un incremento annuo di oltre il 30%) e soprattutto la voglia di vedere orizzonti rosei e di allargarsi sempre più.
Su questo avrei alcune considerazioni: il parco vitato franciacortino è più che raddoppiato rispetto al 2001 (1016 he. contro i 2119 he. sopra detti) e certamente anche negli anni precedenti al 2001 si era piantato molto. Questo porta al fatto incontrovertibile che la stragrande maggioranza dei vigneti ha meno di dieci anni e che gli altri ( i più vecchi ) sono stati spesso piantati con forme di allevamento “meno moderne”. Tutto questo porta a vedere il bicchiere sia mezzo pieno che mezzo vuoto. Da una parte infatti si può dire che, con vigne così giovani sono riusciti a produrre dei buoni prodotti e ad imporli al mercato, dall’altra però ti viene da pensare che una continua ed importante crescita del patrimonio vitato (e quindi delle bottiglie, delle cantine, degli investimenti, delle aspettative) dovrebbe essere controllata più attentamente. Però non si parla ancora di un blocco delle superfici vitate, né di un “ettaraggio” intorno al quale fermarsi. Gira anche un numero di bottiglie prodotte da raggiungere in qualche tempo….venti milioni!!!!!! Francamente credo che qualche freno bisognerebbe cominciare almeno a pensarlo, se non ad attuarlo: il rischio è quello di trovarsi con tanti ettari e tante bottiglie in mezzo alla solita crisi di mercato. Speriamo che il mio sia il grido del solito Grillo Parlante saccente e pessimista, ma gli ettari che si vedono nascere in terre più adatte al granoturco che alla vite non depongono certo a favore di presenti e future programmazioni.

Veniamo adesso ai vini: come sempre i risultati degli assaggi verranno pubblicati tra qualche giorno, adesso è il momento delle sensazioni generali. Molto positivo il fatto che, piano piano, si sta arrivando a dosaggi più “umani”. Anche se non tutti tendono, nei fatti, ad abbassare la componente zuccherina della liqueur, rispetto solo ad un anno fa la situazione sembra in netto miglioramento. Non migliorano invece i Brut non millesimati, (derivanti comunque in buona parte dall’annata 2005) che ci sono sembrati un gradino al di sotto dello scorso anno. Non solo in diversi casi mancano di complessità ma anche le componenti aromatiche spesso latitano. Molto meglio invece, rispetto alle sboccature dello scorso anno,  i Saten non millesimati: piacevoli, freschi, stimolanti ed anche con interessanti sviluppi aromatici. Probabilmente l’annata 2005 era  più adatta a vini meno complessi e più immediati. Passando ai millesimati, sia Brut che Saten le cose cambiano e la qualità media sale non di poco portando alle solite punte qualitative a cui la Franciacorta ci ha abituato. Pas Dosè ed Extra Brut rimangono sempre una nicchia (intorno al 10-15% del totale) di cui vedrei volentieri lo sviluppo, dato che sono quelle dove emerge di più la vigna e  dove si trovano ogni anno belle sorprese. Se dovessimo sintetizzare in tre parole potremmo dire che “va abbastanza bene” e che rispetto allo scorso anno l’aumento delle aziende e delle bottiglie non è andato a scapito della qualità media. Purtroppo ad inficiare quest’affermazione arrivano i Franciacorta Rosè. Cari produttori, capisco che siano di moda, che si vendano da soli, che l’esperienza produttiva per questa particolare tipologia non sia secolare, ma prima di mettere in commercio certi vini sarebbe meglio riflettere. Si rischia di portare nocumento alla denominazione tutta! Diversi infatti, producendo un Franciacorta Rosé, riescono nel non facile compito di azzerare i profumi dello Chardonnay o del Pinot Bianco, senza far uscire quelli del Pinot Nero, che non ce la fa nemmeno (visto che spesso ce lo troviamo in percentuali irrisorie) a dare quel corpo e quella struttura che un rosè dovrebbe avere. Dosaggi spesso molto alti e colorazioni  incerte completano un quadro che la Franciacorta non merita.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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