Degustazione vini del Sannio, un mondo da scoprire2 min read

Prima di tutto un grazie al “Konsorzio” del Sannio. Konsorzio scherzosamente con la Kappa, perché un consorzio di una bravura, precisione, meticolosità non ce l’hanno nemmeno in Germania (specie dopo la partita degli Europei di calcio). Raccolgono i vini, te li organizzano e spediscono con precisione teutonica. Cari produttori del Sannio, dovete andare fieri del vostro consorzio.

 

Detto questo veniamo ai vini, anche se il bel mix che ci è arrivato ci invoglierebbe più a parlare di un territorio che, purtroppo, nel 2015 ha vissuto l’alluvione catastrofico di cui ancora si vedono i segni in molti vigneti.

 

Il Sannio, molto più facilmente raggiungibile di tante zone dell’Irpinia è  una zona quasi sconosciuta nel mondo del vino italiano. La sua storia passata spesso si è identificata col Solopaca, un vino che io amo ma non certo stato un esempio di qualità mondiale. Piano piano però molti piccoli produttori (e anche grossi, come le cantine sociali) hanno iniziato a diversificare la produzione, incentrandosi da una parte su un vino-vitigno bianco piacevole e fresco come la Falanghina e dall’altra su un recupero dell’Aglianico, che qui ha sfumature molto più “umane” (meno duri, meno estratti, ma sempre austeramente aglianici) che tra i cugini del Taurasi.

 

Attorno a queste due certezze si muovono poi altre uve bianche come il fiano e il greco e anche vinificazioni particolari come spumanti o vini passiti.

 

Insomma, il Sannio è il classico territorio da scoprire e magari da farlo alla svelta prima che i prezzi dei vini inizino a “maturare” troppo.

 

A proposito di maturare, le falanghine del 2015 sono indubbiamente buone, ma forse l’annata calda gli ha tolto un pizzico di freschezza che  gli avrebbe permesso di essere più dinamiche e magari maggiormente vocate ad una maturazione di qualche anno. Comunque adesso sono pienamente godibili e anche se nessuna ha raggiunto altissimi punteggi ce ne sono molte attestate sulle nostre 3 stelle, segnale di un territorio che cresce armonicamente.

 

Dall’aglianico invece abbiamo avuto belle conferme, specialmente sulla versatilità di questi vini, che riescono a proporsi sia come prodotti da lungo invecchiamento sia come vini di ottima struttura che possono essere bevuti e goduti abbastanza giovani.

Personalmente consiglierei di puntare molto su questa seconda tipologia, ma capisco che un produttore voglia anche “miracol mostrare” specie se si parla di Aglianico. Purtroppo questi miracoli talvolta mostrano solo tanto legno e tannini ruvidi e questa è una deriva che va assolutamente scongiurata, pena ritrovarsi con vini imbevibili.

 

A chiudere il cerchio due note su Barbera del Sannio e Piedirosso, uve che potrebbero avere un ruolo più preciso nello “sdoganamento” del Sannio verso rossi giovani e piacevoli. I pochi campioni degustati puntano a questo e ne siamo contenti.

 

 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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