Degustazione Valtellina: tante note positive6 min read

La Valtellina non solo è una terra difficile per la viticoltura ma questa difficoltà si “estende” spesso anche al  giornalista che ne vuole parlare.

Eppure sulla carta sembrerebbe tutto semplice: un solo vitigno, una più o meno ripida costa collinare che si allunga per circa 35 chilometri e da nord guarda sempre a sud, con vigneti che vanno dai circa 300 metri del fondovalle e i 650-700 metri.

 

Quindi in Valtellina i vigneti  sono praticamente tutti sul versante nord della valle e guardano esclusivamente a sud,  per la stragrande maggioranza  sono terrazzati e di questi pochissimi possono essere lavorati con mezzi meccanici.

850 ettari circa di viticoltura dura e dai costi notevoli, visto che si arriva fino a 1400-1500 ore ettaro all’anno. Questa viticoltura ha, come detto, come unico attore un grande vitigno, il nebbiolo.

 

Detto questo le cose si complicano un po’, non tanto perché la denominazione è divisa in cinque sottozone (Maroggia, Sassella, Inferno, Grumello e Valgella) ma perché queste sottozone, se ascoltiamo i produttori, non garantiscono da sole da una parte la qualità e dall’altra una vera e propria diversità ai vini valtellinesi.

 

Oggi infatti sta piano piano prendendo campo la teoria “qualitativa” che non divide la Valtellina per sottozone ma per fasce altimetriche. Cioè i vini prodotti nelle zone più basse (di qualsiasi zona) e vicine alla piana sono adatti soprattutto per prodotti freschi di media struttura da bere giovani, all’opposto quelli delle zone più alte sono sicuramente più adatti per vini strutturati, importanti, da invecchiamento. La fascia centrale, quella che più o meno va dai 350 ai 500 metri è un mondo dove sembra esserci di tutto, dal vino semplice al grande prodotto da invecchiamento.

 

A questo dobbiamo naturalmente aggiungere da una parte che le diversità dei suoli sia per sottozone che per altimetrie, variano non poco, e dall’altra che la mano dei produttori (si va dal modernista al tradizionalista spinto con enormi diversità stilistiche, specie se consideriamo che siamo di fronte a non più di cinquanta cantine) creano quindi un vero e proprio “mix” molto difficile da decifrare in degustazione bendata.

 

Se poi parliamo di Sforzato (lo storico vino che nasce da uve appassite) il discorso altimetrico forse è valido solo per le zone basse, dove la maggiore umidità potrebbe danneggiare le uve. Però lo Sforzato, vino che ha fatto conoscere la Valtellina nel mondo enoico sembra sempre più destinato ad essere sostituito dal Valtellina Superiore. Di questa sostituzione in realtà non riesco a dispiacermi, perché se la Valtellina vuole un suo ruolo definito nel mondo del vino non può sperare di trovarlo puntando su un vino che (pur sempre molto buono) rischia di essere la brutta copia dell’Amarone. Molto meglio puntare sulle grandi caratteristiche del nebbiolo non passito, che si esaltano nel Valtellina Superiore, più o meno derivante solo da una sottozona.

 

Ma il ruolo  della Valtellina non potrà essere molto diverso da quello di un “Davide di lusso”, visto che con i suoi 850 ettari vitati non può certo fare concorrenza alle molte  “zone Golia” che producono come minimo dieci volte tanto. E non si può certo pensare in un ampliamento della viticoltura ma più che altro, se va bene, in un mantenimento di questi 850 ettari.

 

 “Vuoi fare vino in Valtellina, ti trovo tutta la vigna (abbandonata)  che ti serve, praticamente a costo zero”. Questo mi ha detto un produttore e ce lo hanno confermato altri. Il vero problema per la Valtellina è quello di non restringersi ulteriormente, di non perdere vigneti che gli anziani abbandonano perché non remunerativi . Per fortuna in Valtellina non ci sono solo anziani produttori, e infatti molti giovani stanno investendo su terreni  in zone vocate, riportandoli a produrre uve di qualità. E’ un lavoraccio ma il futuro enoico della Valtellina passa attraverso la passione di chi si mette a fare vino in zone dove sarebbe più semplice far salire le caprette.

 

Ma veniamo a parlare più in dettaglio dei nostri assaggi. Al Consorzio Vini di Valtellina (che ringraziamo sia per l’ospitalità sia per averci organizzato degustazione e visite) abbiamo degustato una cinquantina di vini provenienti da circa 20 cantine ed il risultato, vino per vino, lo trovate cliccando sul link a fondopagina.

A livello generale è stata una degustazione di livello qualitativo molto alto, con una qualità elevata mostrata non da una o due cantine, ma da quasi il 50% di quelle che hanno partecipato.

4.5 stelle ad un vino, 4 stelle ad un altro vino e ben otto 3.5 stelle (su 51 assaggi) vuol dire che quasi il 20% dei vini hanno raggiunto punteggi “empirei”. Se poi ci mettiamo le 3 stelle arriviamo ad oltre il 50% dei vini degustati  e comunque la media generale di 2.72 stelle parla chiaramente della qualità della denominazione.

 

Ma oltre ad essere buoni come sono questi vini? Il nebbiolo in questa zona porta a vini dalle aromaticità fresche e raffinate e a tannini meno cicciuti ma sempre, per fortuna, giustamente bruschi. Inoltre l’acidità gioca un ruolo fondamentale più qui che altrove. Questo porta a nasi dove in gioventù preponderanti note floreali si fondono con accenni di frutta per poi assumere note verso il cacao, il rabarbaro, i funghi, le spezie i tartufi con l’invecchiamento. In bocca invece  troviamo vibranti lunghezze gustative che spesso possono entusiasmarti.

 

Tanti lati positivi dunque, ma anche qualche punto negativo. Il primo riguarda i sempre minori tempi di maturazione che i vini hanno prima di entrare in commercio. Questo, assieme ad un uso del legno in alcuni casi non proprio equilibrato, porta a vini compressi, chiusi, ruvidi. Capisco che il mercato abbia i suoi tempi ma in valle ci sono aziende che riescono ad allungare i tempi di maturazione in cantina con risultati che sono sotto gli occhi di tutti e che hanno fatto parlare della Valtellina nel mondo. Forse sarebbe bene fare una riflessione generale su questo argomento.

Il secondo punto è il prezzo dei vini che, pur tenendo conto delle molte ore ettaro, è comunque non certo basso e non molto concorrenziale con nebbioli di altre zone delle stesse annate. In pochissimi casi abbiamo messo il nostro simbolo sul buon rapporto qualità/prezzo e questo ci è dispiaciuto.

 

CI è dispiaciuto perché i vini della Valtellina ci sono piaciuti e non poco. Hanno carattere, nerbo, si adattano a tanti piatti e soprattutto hanno quell’allure che solo il nebbiolo di razza può vantare.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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