Cosenza che sorpresa! Un piccolo “Nuovo Mondo” enoico?5 min read

Credo di avervi già parlato della mia schizofrenia enoica (sottolineo enoica). Convivono in me due anime completamente diverse.

La prima profondamente radicata nei luoghi comuni del vino e formatasi alla scuola dei grandi nomi e delle grandi bottiglie vede come il diavolo qualsiasi digressione verso vini non garantiti a priori, non famosi perché famosi, non buoni perché altro non possono essere.

La seconda, sicuramente più aperta al dialogo, forse più democratica (stavo per dire di sinistra ma con certi paroloni oggi in Italia è bene andarci cauti) accetta con gioia ogni nuova sfida, qualsiasi assaggio fuori dai canoni e dalle strade prestabilite.

Alla seconda (conoscendomi bene) si è rivolta una carissima amica per chiederle di assaggiare i vini prodotti in provincia di Cosenza. Eccovi di seguito (edulcorato da possibili offese) il dialogo tra le due anime dopo la richiesta.

Anima 1
“Hai detto Calabria? Dovrei assaggiare vini fatti in provincia di Cosenza??? Ho sentito bene?????

Anima 2
“Hai sentito benissimo! Sono i vini del consorzio Citra che raccoglie credo l’intera produzione cosentina.”

Anima 1
“Ma che bella notizia! Intendo quella che anche lì fanno vino..però doverlo anche assaggiare…”

Anima 2
“Guarda che i tempi cambiano! Oltre a rappresentare una bella novità per noi, sono sicuro che troveremo prodotti ben fatti..”

Anima 1
“I tuoi soliti discorsi buonisti tienteli pure per chi non ti conosce. Ti hanno semplicemente chiesto un favore e così vuoi costringermi a ingurgitare roba ossidata, mal vinificata, forse anche puzzolente”.

Anima 2
“Ma perché credi sempre che il mondo enoico viva sulla lettera B (Bordeaux, Borgogna, Brunello, Barolo, n.d.r) e poco più. Capisco che sei un co……..ne (censura) prevenuto ma essere così stupido da non capire che oramai il mondo del vino è talmente ampio e variegato e che la Calabria potrebbe rappresentare “il Nuovo Mondo” per noi italiani mi sembra impossibile da credere.”

Anima 1
“C…..one sarai tu e tua madre (oddio, è pure la mia!) comunque visto che la metti così quei “cosi” calabresi te li assaggi da solo!”

Alla fine sono comunque riuscito a metterli d’accordo (porto IO i pantaloni in famiglia) e così siamo riusciti a metterci di fronte ad una ventina di campioni divisi tra bianchi, rosati e rossi.

Capisco che questo inusuale dialogo abbia preso molto spazio e quindi, per quanto riguarda la presentazione del territorio e dei vitigni, vi consiglio di leggere questo recente articolo di Pasquale Porcelli.

Prima dell’assaggio La tensione si tagliava col coltello, le mie due anime erano l’un contro l’altra armate ed aspettavano solamente il primo profumo, il primo sorso di vino per scatenarsi. A quel punto ho dovuto chiedere a questi due rompicoglioni che mi abitano (scusate ma quanno ce vo ce vo)di tenersi i propri pareri fino alla fine. Ce l’avranno fatta? Andiamo avanti e……. diventiamo seri.

Il nostro assaggio ha coinvolto non molti vini, ventuno: in particolare cinque bianchi, quattro rosati e dodici rossi della provincia di Cosenza. Piccole aziende (pochi ettari) per piccoli numeri in un territorio che sicuramente, almeno a giudicare da questi prodotti, avrebbe molto da dire dal punto di vista viticolo.

E che abbiano le carte in regola lo abbiamo visto subito con i bianchi. Pensavamo di trovare vini semplici, quelli “fatti giusto per allargare la gamma” e invece abbiamo trovato prodotti dai profumi complessi dove il greco apporta corpo e struttura (e che struttura in alcuni casi!). La cosa che ci ha sorpreso di più è stata il livello tecnico dimostrato in vinificazione, che non si limita a produrre vini puliti ma permette la nascita di colori intensi ed accattivanti, gamme aromatiche di assoluto valore e strutture che possono anche pensare seriamente di non durare il tempo di un’estate.

La stessa cosa ma meno marcata l’abbiamo trovata nei rosati, che non sfigurano  assolutamente accanto a qualsiasi competitor italico vi venga in mente. Anche qui la mano non ha portato solo ad asettica pulizia ma a corpo e profumi di buona gamma.

Sui rossi il discorso si fa più complesso: dico subito che qui per la prima volta la mia anima 1, che fino ad allora aveva subìto in silenzio  si è sùbito scatenata quando ha annusato legni che riuscivano solamente a distruggere e coprire. Per fortuna andando avanti abbiamo trovato anche rossi equilibrati e complessi, in particolare alcuni del 2011 molto piacevoli ed immediati, ma quelle “spalmate di legno” dimostrano che la strada in cantina per creare dei grandi rossi è ancora in salita.

Parlo di cantina perché in vigna, almeno a sentire questi vini, sembra che alcuni vitigni (Magliocco e  Greco in primis, ma non scordiamoci Guarnaccia Bianca e Nera) abbiano le carte in regola per primeggiare a livello nazionale.

Anche i punteggi medi, (pur avendo pochi vini e quindi non potendo dare molto affidamento ad una media) si attestano a 2.64 stelle, sicuramente in linea con le altre zone dello stivale.

Ricapitolando: questi vini della Provincia di Cosenza sono stati senza dubbio una sorpresa positiva. Personalmente la sorpresa maggiore è venuta dai bianchi ma sia i rosati che soprattutto i rossi hanno mostrato grandi basi e ottime potenzialità. Alcuni errori di gioventù, come l’eccesso di legno, sono forse un dazio da pagare ma l’importante è che la base ampelografica sia di assoluto livello. A questo proposito voglio ribadire con forza che due vitigni come il Magliocco ed il Greco (bianco e nero)  hanno valenze che potrebbero veramente fare la differenza. Purtroppo siamo di fronte a numeri minimi e ad aziende molto piccole ma “le radici viticole” per fare grandi sembra ci siano, bisogna solo crescere assecondando quello che queste grandi uve calabresi offrono.

Un ‘ultima annotazione riguardo alle diversità territoriali che sicuramente vi sono tra azienda e azienda e che io ( ammetto!) non conosco. Altitudini, tipologia dei terreni, esposizioni sono tre variabili fondamentali e non conoscerle (assieme a tutto quello che si può imparare visitando il territorio) non è certo una bel biglietto da visita per un giornalista che parla di una determinata zona. Spero quindi che Citra mi darà la possibilità di colmare presto questa lacuna.

 

 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


ARGOMENTI PRINCIPALI



LEGGI ANCHE