Carmignano: poco ma buono.2 min read

Da una parte il dottor Jekyll, dall’altra mister Hide. Arrivare dalle stupende  silenti colline di Carmignano alla vicinissima vallata di Prato, zeppa di industrie, fumi e rumori fa pensare ad un qualcosa che si trasforma completamente, incarnando il suo opposto. Ma la vicinanza con la “zona Hide” non intacca minimamente la qualità dei vini di questa piccolissima e storica denominazione. Quando infatti a Prato si scopriva la cambiale, il vino di Carmignano era conosciuto da tempo e pare che le prime viti di Cabernet in Toscana siano state piantate proprio su queste “Jekill-colline” circa 300 anni fa. 
Ma la storia da sola non moltiplica i vigneti e stranamente Carmignano è rimasta una piccola enclave dove, praticamente da sempre il Cabernet (sia Sauvignon che Franc) è di casa. Ma siamo comunque in Toscana e quindi non si può prescindere dal Sangiovese. Nasce così l’uvaggio classico del Carmignano che prevede almeno un 15-20% di vitigni internazionali accanto al Sangiovese. Se volessimo semplificare potremmo definirlo un “Chianti Classico moderno ante litteram”. Ma semplificheremmo troppo e male, perché specialmente il Cabernet Sauvignon di Carmignano porta a vini completamente diversi. Sarà il clone, sarà il terroir, sarà l’esperienza pluricentenaria con questo vitigno ma i Carmignano, specialmente i base, hanno una nota di freschezza ed una “scapestrata” complessità che li rende molto più simili a dei Bordeaux che non a cugini chiantigiani. Nei piccoli numeri di questa denominazione vi sono purtroppo anche vinoni che ricordano più l’Australia che il Medoc, ma per fortuna sono solo limitatissimi esempi.  
Ma veniamo agli assaggi: complessivamente il risultato è stato positivo più per l’annata 2005 che per la Riserva 2004, anche se, visti i pochi vini che la denominazione propone, non ci sentiamo di fare reali e motivati confronti tra le due annate. Nei piccoli numeri spesso conta più la filosofia e la “mano” aziendale  che l’andamento stagionale.
Comunque siamo quasi sempre di fronte a vini eleganti e con nasi piacevolmente fruttati, che possono essere una valida e riconoscibile alternativa tra tanti vini toscani, spesso troppo monotoni e ripetitivi.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


ARGOMENTI PRINCIPALI



LEGGI ANCHE