Buone notizie da Soave (per i vini)4 min read

I nostri assaggi in quel di Soave non avevamo mai avuto così tanta quantità e qualità. Per la qualità bisogna dare tutti i meriti ai produttori, per la quantità la frase è la stessa ma con un “de” davanti a meriti…. ci spiegheremo più avanti.

Partiamo dalla qualità: quasi 90 campioni in assaggio (la stragrande maggioranza dell’annata 2010 con una buona rappresentanza di 2009)e ben cinque vini con 4 stelle, sei con 3.5 e addirittura 48 equamente divisi tra 3 e 2.5 stelle. Per i 2010 merito  certamente di un’annata rivelatasi di livello molto più alto del previsto ma soprattutto dei produttori che hanno saputo interpretarla la meglio. Anche qui, come in altre zone dell’Italia in bianco, sono riusciti a sopperire a potenza e grassezza non certo da grande vendemmia con eleganza, finezza aromatica e notevole equilibrio. Per i 2009 ci verrebbe da dire quasi le stesse cose, con la considerazione che un anno di affinamento in più (in legno, cemento, acciaio o bottiglia)permette al Soave di mostrare al meglio le proprie caratteristiche.

 Indubbiamente la Garganega si rivela sempre più un vitigno sorprendente, visto che anche cantine da grandi numeri  hanno ottenuto punteggi interessanti. E che la Garganega sia un bel vitigno lo si capisce anche dalla sempre più spiccata “mancanza”  di vitigni migliorativi, come il Sauvignon e lo Chardonnay. Almeno per quanto riguarda i vini delle aziende da noi assaggiate il segnale di forte autoctonia è molto deciso. La terra che anni fa chiamammo del “Soavignon” oggi mostra invece grande rispetto e fiducia nelle possibilità della Garganega ed addirittura del Trebbiano di Soave.

 

Se questo è indubbiamente un bel segnale ci sono purtroppo altri segnali, non viticoli, che parlano invece di una spiccata voglia dei produttori a crearsi e creare problemi. Mi riferisco alla suddetta “quantità” dei campioni e a  quanto è accaduto a noi di Winesurf (e, mi dicono, anche ad altri giornali e guide.) per reperirli.

Tutto nasce dalla nostra richiesta ad un gruppo di produttori, da molto tempo in polemica e da poco staccatisi  dal Consorzio di Tutela, di assaggiare i loro vini. La richiesta è stata tranquillamente accettata con la clausola di dover degustare presso l’azienda capofila del gruppo. Ce lo aspettavamo e quindi..pazienza.  Abbiamo naturalmente informato il consorzio del Soave di questo “assaggio in contemporanea”, con il risultato che altri gruppi di produttori  consorziati hanno richiesto anche loro la nostra visita  con relativo assaggio “decentrato”.

Morale della favola:  per assaggiare nemmeno novanta vini ci siamo dovuti spostare in tre sedi diverse, mettendoci due giorni abbondanti invece una sola giornata. Se in tutte le zone d’Italia facessero così credo sarebbe molto ma molto difficile andare avanti. Noi possiamo ben capire che vi siano produttori non d’accordo sulle politiche consortili, ma cosa c’entra un servizio (peraltro di ottimo livello) che il consorzio comunque è lieto di offrire (alle aziende ed ai giornalisti) con  scelte politiche, promozionali e legislative. Fare punto di raccolta presso la struttura meglio attrezzata  ci sembra una questione non solo di buonsenso ma di comodità reciproca, per i produttori e per i giornalisti.
Ripetiamo: non vogliamo con queste righe appoggiare nessuna politica pro o contro un ente creato dai produttori per i produttori, solo evidenziare che se un territorio deve cercare di attirare le attenzioni della stampa, dovrebbe anche cercare di non mettergli troppi bastoni tra le ruote. Forse, se proprio la raccolta presso il consorzio è una strada non perseguibile, una sede esterna alle varie realtà potrebbe essere una soluzione: pensateci.

 

 

Torniamo al vino: se la media qualitativa, tra Soave e Soave Classico  è stata alta, bisogna  sottolineare invece il flop oramai conclamato della DOCG Superiore. Pochi i vini presentati e nessuno di questi “superiore” ai DOC, classici e non. Sembra proprio, nonostante le buone premesse, una DOCG nata morta.

Vivi e vegeti sono invece i Soave della zona classica, forse uno dei più bei territori italiani dedicati alla viticoltura: per colpa (o per merito) di un navigatore che sbagliava capezzagne per autostrade abbiamo rischiato di distruggere l’auto ma ci siamo  avventurati  in un mondo meraviglioso, quello dove le stupende pergole di collina si affacciano sul mare di vigneto che circonda Soave e praticamente su tutta la Pianura Padana. Abbiamo potuto così notare, tra passaggi da Camel Trophy, che la resa di queste pergole è certamente non superiore rispetto al  guyot o al cordone. Forse la diminuzione di  uve migliorative è dovuta anche all’amore dei produttori per una forma di allevamento non certo adatta per vitigni internazionali.

E il cosiddetto gusto internazionale passa anche per l’uso del legno. A Soave, anno dopo anno  è diminuito anche questo, affinandosi ed ingentilendosi.  Nessun Soave dal legno caricaturale è capitato tra i vini assaggiati e questo è sicuramente un dato positivo.

In definitiva buone notizie per chi ama il Soave, un po’ meno (ma noi siamo ottimisti e speriamo che la situazione migliori) per chi deve recensirlo.

 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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