Brunello 2006 e Rosso 2009: il Sangiovese alla riscossa5 min read

Brunello 2006

L’avevamo  “annusato” all’anteprima di febbraio che la vendemmia 2006 aveva le carte in regola per  dimostrarsi di altissimo livello. Dopo i nostri assaggi annuali siamo felici di dichiarare “urbi et orbi” che il 2006 è, alla pari con il 2001, la migliore annata dal 1990 ad oggi. Molto più convincente delle sopravvalutate 1997 e 2004, molto meglio della calda ma predestinata 2000, molto ma molto più equilibrata, strutturata e longeva del 1999 o di  qualsiasi altra annata di quell’arco temporale. 

Dopo aver visto in questi anni il Brunello anche più di  “due volte nella polvere” ci da una grande soddisfazione trovarlo “due volte sull’altar”. E due volte non è una licenza poetica manzoniana ma la realtà dei fatti. La vendemmia 2006 è di ottimo livello per due motivi: perché i vini sono generalmente buoni (più del 50% dei vini con 3 o più stelle non è un dato che lascia spazio ad interpretazioni diverse) e perché finalmente non ci sono dubbi che questa bontà nasca solo e soltanto dal Sangiovese.

Ma vediamo la cosa più in dettaglio: la vendemmia 2001 era stata una vendemmia spartitraffico, arrivata dopo un periodo di annate difficili  e soprattutto di grande crescita poco controllata. Annata ottima indubbiamente, ma poteva essere molto meglio se il parco vitato ilcinese fosse stato di un’età media maggiore. Mostrava comunque quello che un buon sangiovese di Montalcino può dare in una buona annata.

Se dopo di lei non ci fossero state le  piogge del 2002, il caldo del 2003, i problemi di “riequilibrio” del 2004 terminati con il 2005, sono convinto che quello che stiamo affermando per il 2006 lo avremmo potuto dire almeno 2 anni prima.  Ma tant’è e quindi gloria al 2006 ed ai suoi vini!

Eppure il 2006 come resa media in litri di vino per ettaro (47.49) è molto più vicina all’iperproduttivo 2004 (49.26) che non al morigerato 2005 (41.30), a sua volta praticamente alla pari del 2001 (41.32). Inoltre negli anni che dividono il 2001 dal 2006 il parco vitato è aumentato di quasi 300 ettari. Nonostante  questo i vini del 2006 sono mediamente  più equilibrati e in tantissimi casi più concentrati di un 2004 o di un 2001. Credo che una parte della differenza l’abbiano fatta i vigneti, aumentati sì, ma anche invecchiati nel frattempo e passati attraverso gli opposti inferni del 2002-2003. Non scordiamoci i produttori che, usciti dalla bufera, hanno metabolizzato anche e soprattutto gli eccessi e le incertezze del 2004 e capito e valorizzato l’equilibrio del 2005. Insomma tutti erano più maturi per proseguire, finalmente, la strada accennata nel 2001.

 

Veniamo alle caratteristiche dei  vini. Intanto i colori:  a parte veramente pochissime eccezioni “dark”(scherzando li chiamavamo “quelli old style”) siamo tornati sul rubino brillante con qualche nota leggermente più evoluta. Colori normali introducono a nasi  dove il legno è quasi sempre  ben dosato, dove non si sentono note di frutti strani, dove l’inizio della terziarizzazione è ben giocato ed accettato come naturale in un vino da Sangiovese di 5 anni che ne ha passati almeno 2 in botte.

Parlavo prima di equilibrio: in effetti i  2006 mostrano in bocca grande equilibrio ma la cosa più bella è trovarlo grazie a  freschezza, nerbo e potenza tannica che si fondono ma non si annullano a vicenda. Saranno quindi vini longevi, hanno indubbiamente una bella venatura austera del tannino, ma molti possono essere apprezzati sin da subito. Mi piace sottolineare ancora la trama tannica, fitta ma fine, con tannini quasi mai acerbi ed aggressivi ma “pesanti” e  pastosi.

 

Sempre sulla qualità media non da sottovalutare il fatto che su cento vini assaggiati nemmeno uno sia stato eliminato per difetti, anche se alcuni hanno visto il loro voto ridimensionato da alcune imperfezioni che, speriamo, dipendano da bottiglie sfortunate.

In definitiva non da cinque stelle ma una gran bella annata; usando una reminiscenza politica potrei definirla “di lotta e di governo” , cioè già godibile ma anche con grande prospettive future.

 

 

Rossi 2009

 

Sarà stato l’entusiasmo che ci hanno dato i Brunello 2006 ma abbiamo trovato dei miglioramenti anche nei rossi di Monltacino 2009. Miglioramennti “solo” dal punto di vista qualitativo perché la tipologia è ancora in mezzo al guado a ricercare se stessa. Meglio il vinellino piacevole o il quasi Brunello? Il martorizzato dal legno o il leggerino-poverello? Mentre aspettiamo che si mettano d’accordo eccoci a parlare un bel numero di Rossi di Montalcino dai nasi ben netti e dalla bocca piacevoli, equilibrata  e dotata di tannini di livello. Ben  15 vini su 75 (il 20%) sono tra 3.5 stelle e 4 mentre altri 18 (24%) si sono meritati  tranquillamente 3 stelle.

Quindi quasi il 50% dei vini assaggiati è buono o molto buono ed il resto, se pensiamo che solo 9 (12%) hanno ottenuto 1 o 1.5 stelle, non è poi così lontano.

Un buon risultato, merito sicuramente di una vendemmia che ha buone chanches  per rivaleggiare (anche se non credo con successo) con il 2006.

Adesso occorre veramente inquadrare la tipologia perché, specie nelle buone annate.., il Rosso di Montalcino può giocare con belle carte al tavolo del mercato nazionale ed internazionale. E se le cose dovessero andare bene forse si assisterà al rovesciamento storico di una stranezza epocale, quella che vede il secondo vino (per qualità)  di un territorio, non prodotto in numeri maggiori ma nettamente inferiori  al primo.

 

 

Riserve 2005

 

Erano, giustamente, molto poche e gli dedichiamo queste righe soprattutto perché al loro interno abbiamo trovato un vino assolutamente eccezionale. Per adesso l’unico 5 stelle dell’annata di assaggi di Winesurf!

Aspetteremo comunque questa tipologia alle prese con il  2006 e solo allora, considerando anche i buoni risultati del 2004, “scioglieremo la prognosi” e la dichiareremo degna di esistere non solo per spuntare prezzi molto più alti per lo  stesso vino con un anno di maturazione in più.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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