Bollicine e bianchi trentini: diversità e miglioramenti7 min read

Quest’anno gli assaggi trentini sono “andati in bianco”! Non dovete pensare alla nostra atavica scarsa bravura nel fraseggio amoroso, ma semplicemente al fatto che ci siamo dedicati solo ed esclusivamente ai bianchi, dotati di bollicine o fermi.

Prima di scendere nel dettaglio dobbiamo ringraziare la Camera di Commercio di Trento che come sempre ci ha ospitato, ha curato la raccolta dei vini, ha organizzato le visite in cantina: ci ha insomma accudito e coccolato in maniera perfetta.

Iniziamo con un’annotazione di ordine generale, applicabile a tutti i territori da noi visitati fino ad ora per gli assaggi 2012 e probabilmente anche a quelli che prossimamente andremo a visitare.  Dire che c’è crisi è diventato talmente un luogo comune che sembra quasi un mantra, ripetuto ad libitum senza per questo correre ai ripari oppure esternare forti preoccupazioni. Girando per le aziende si sentono gli stessi toni e le stesse lamentele di uno, due, tre anni fa. In generale ci sembra che il mercato del vino si renda conto di avere grosse difficoltà, ma oramai le prenda come un qualcosa di scontato, di inevitabile e che quindi non può essere superato grazie a nuove o diverse strategie. Di questo che potremmo definire “tragico senso di adagiamento” parleremo in maniera più approfondita in altri articoli sempre su Winesurf, ma  l’abbiamo voluto accennare adesso non per puntare il dito sul Trentino ma semplicemente perché da qui è partito il nostro tour che ci vedrà (dopo l’antipasto di Liguria e Sardegna) assaggiare e parlare “in bianco” di Lugana, Oltrepò Pavese, Verdicchio, Friuli, Gavi, Soave, Vernaccia di San Gimignano, Calabria e Alto Adige.

Veniamo adesso ai bianchi trentini che abbiamo diviso in quattro gruppi: I Trento DOC, i Müller Thurgau, i Traminer Aromatico ed un gruppone contenente tutte le altre varietà e tipologie.

 

Trento DOC

Il grosso limite di questa denominazione, cioè il ristretto numero di produttori, sembra piano piano diventare uno dei pregi. Non era mai successo infatti che il miglioramento qualitativo fosse così “democraticamente” generalizzato. Ben otto cantine hanno ottenuto punteggi uguali o superiori alle 3.5 stelle e se si prendono in considerazione le 3 stelle il numero sale a quattordici. Questo su un totale di  ventidue cantine che hanno inviato i vini e che rappresentano la quasi totalità della bollicina trentina.

Un risultato che fa piacere perché, specie dal punto di vista del consumatore, vuol dire andare quasi a colpo sicuro. Indubbiamente da tutto lo Chardonnay presente in regione (e che potrebbe bastare per fare dieci volte tanto Trento DOC!!) non è poi difficilissimo trovare partite di livello da spumantizzare. C’era bisogno solo di imparare a farlo bene e mi sembra che, piano piano, questo stia accadendo.

Rispetto ai precedenti assaggi abbiamo trovato gamme aromatiche più ampie ed interessanti al naso e soprattutto una finezza al palato spesso coniugata ad una gradevole cremosità. In compenso non si è perso in sana austerità ma per fortuna solo in rusticità. A questo punto però occorre percorrere chiaramente la strada della riconversione del tanto-troppo Chardonnay di pianura che adesso crea quasi sempre vinelli fermi di scarso pregio. Questo dovrebbe essere  il compito precipuo sia dei produttori sia del mondo politico trentino: rinnovare nel prossimo decennio un “ventre molle”  che altrimenti porterà a fondo il sistema.
Voto medio ai Trento DOC 8

Müller Thurgau

Siamo d’accordo con l’amico Pilzer, presidente del Comitato per la Rassegna del Müller Thurgau in Val di Cembra: oramai non esistono più Müller Thurgau difettati. Il problema è che purtroppo, vuoi per un’annata non eccezionale, vuoi perché non è il momento giusto per assaggiarli, vuoi per altri mille motivi ma, il passaggio da “corretti” a “buoni” è come la strada da Trento per arrivare a Cembra: lunga, piena di curve, di tornanti e che alcune volte sembra quasi tornare indietro.

Anche quest’anno avevamo belle aspettative in buona parte deluse. Il problema è proprio nella gamma aromatica, che stenta ad uscir fuori. Non è un problemino da niente, specie per un vitigno semiaromatico! Quelle belle note di salvia, di fiori e talvolta di spezie si sentono col contagocce e quando ci sono non è detto che la spalla o il corpo completino il quadro. Visto i grandi sforzi che vengono fatti su questo vitigno (In Val di Cembra soprattutto ma non solo) continueremo ad “aspettare Godot”, augurandoci  che l’attesa non sia lunga.
Voto medio ai Müller Thurgau 2011 6+ sulla fiducia.

 

 

Traminer Aromatico

“Venghino signori venghino! Dopo i grandi successi di Londra, Parigi, New York e soprattutto  Alto Adige ecco a voi la star del momento, il Gewurztraminer!”

Una battuta ma nemmeno tanto. Oramai il Trentino si è buttato sul Traminer Aromatico, pardon, sul Gewurztraminer, perché oramai il “brand” che si vende da solo è quello che contempla il nome in tedesco.

Diamo tranquillamente licenza di utilizzare anche l’aramaico nel caso servisse,  ma non siamo molto felici quando lo scopiazzamento passa dal nome al modo di farlo.

Fino infatti a poco tempo fa (uno, due anni?) il Traminer Aromatico del trentino si differenziava chiaramente dal cugino altoatesino perché era meno grasso e opulento, meno dolce, più bevibile ed elegante. Non era in definitiva quello che dagli altoatesini veniva (e viene) definito “Vino per gli italiani”: era una versione meno spinta, molto più gustabile durante un pasto e molto più abbinabile al cibo. Quest’anno in molti casi ci siamo invece trovati davanti a traminer in verità buoni ma troppo “altoadigizzati”, cioè con residuo zuccherino piuttosto importante etc. etc.  

Se questo chiede il mercato fanno bene i produttori a farlo, dispiace solamente che nell’arco di pochissimo tempo si sia rinnegata una linea che, se seguita con attenzione, poteva portare a buoni risultati. Non ci scordiamo inoltre che proprio in provincia di Bolzano si è cominciato da tempo a diminuire gli zuccheri, cercando una via più “umana” a questo vitigno. Il rischio è quindi quello di arrivare sempre per secondi. Veniamo alla qualità media degli assaggi: soddisfacente con un buon numero di campioni di valore. Questo nonostante una vendemmia non certo eccezionale.  Voto medio alla tipologia 7+

 

 

Uve e uvaggi vari

In questo gruppo si trovano tutti quei vini che non arrivavano ad una “massa critica” di almeno 20-25 campioni: in assoluto ordine sparso Chardonnay, Sauvignon, Nosiola, Pinot Grigio, Pinot Bianco, Riesling, kerner, Moscato Giallo, Incrocio Manzoni e uvaggi vari.

Vediamo di procedere con un minimo di logica e partiamo dal vitigno in teoria più semplice del gruppo, la Nosiola. Anche se non abbiamo fatto salti di gioia ci sembra che il caldo agosto 2011 abbia fatto bene alla Nosiola: naso più definito  con note di nocciola e mandorla, corpo sufficiente. Questa era la radiografia media della Nosiola che sembra riscuotersi (per l’ennesima volta) da un torpore dovuto alla poca vendibilità del prodotto. Niente di spettacoloso, solo una buona correttezza e pulizia ci porta ad un 6.5 abbondante.

Per quanto riguarda invece uve come Pinot Bianco, Kerner e Moscato Giallo, lo scarso numero di campioni non ci permette di dare un giudizio.

Anche i Riesling erano pochi ma se c’è un vitigno che ci ha veramente “acceso una lampadina” è proprio questo. Che sia giovane e quindi con note di agrumi o più vecchio, con i classici idrocarburi, ci sentiamo di dare fiducia a chi punta su quest’uva. Del resto “l’innalzamento altimetrico” del vigneto trentino potrebbe tranquillamente lasciare spazio a questo vitigno, che si merita un bel  7.5 abbondante.

Lo stesso voto lo diamo anche ai Sauvignon del 2011, lamentandoci solo del fatto che avremmo voluto assaggiarne di più. Comunque il caldo 2011 non ha disturbato più di tanto il mantenimento delle componenti aromatiche.  Chiudiamo con Pinot Grigio e Chardonnay entrambi (a parti casi veramente sporadici) accomunati da un “s.v.” (senza voto) e da un lapidario “Cui prodest?”.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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