Bianchi Alto Adige 2010: annata ben interpretata5 min read

Quest’anno  gli assaggi altoatesini non si sono potuti svolgere nelle belle e comode  sale di EOS a Bolzano ma nei nostri uffici in Toscana. Se dal punto di vista dei risultati finali niente è cambiato, sul fronte organizzativo  questa variazione (sommata a quella dei dover far arrivare in sede i Lugana e tutti i friulani) ci ha costretti ad un notevole impegno per ricevere, smistare, catalogare, anonimizzare diverse centinaia di vini. Speriamo che il prossimo anno le cose cambino e si possa tornare agli assaggi in loco.

Veniamo ai risultati, come sempre commentati vitigno per vitigno. In totale sono stati degustati quasi 180 bianchi.

 

Pinot Grigio

Anche se quest’anno gli assaggi non sono andati poi malissimo un dubbio ci assilla. Con quasi 600 ettari vitati il Pinot Grigio è una delle varietà più coltivate in Alto Adige.  Sommando però la produzione delle bottiglie da noi assaggiate si arriva attorno alle 600.000, mentre il potenziale di bottiglie (visti gli ettari vitati) supera i cinque milioni. La domanda allora sorge spontanea: dove è il Pinot Grigio altoatesino? Forse lo sanno i trentini che hanno dovuto abbassare i prezzi per poter rimanere sul mercato americano e sicuramente lo sanno i produttori locali che magari  mandano in assaggio il loro Pinot grigio di punta e nello stesso momento imbottigliano per dei mercati meno “raffinati” centinaia di migliaia di bottiglie. Niente di male in questo solo che assaggiare la punta di un iceberg non permette di farsi un ‘idea chiara della situazione. Comunque, per quello che vale l’annata non sembra male: i profumi sono più netti che in passato e soprattutto le strutture mostrano maggiore pienezza. Non è certo il nostro vino preferito ma almeno l’annata 2010 propone qualche vino non proprio banale. La nostra domandona finale  è: quando il mercato di lingua inglese si sveglierà dalla sbornia del Pinot Grigio, tutti quegli ettari adatti a vinelli di basso prezzo e profilo, che fine faranno?

Voto: 6.5 alla punta dell’iceberg

 

Pinot Bianco

Il cugino del Pinot Grigio quest’anno ci ha dato invece buone sensazioni e buoni risultati. Non abbiamo avuto dei picchi esagerati ma una bella media e soprattutto dei Pinot Bianco con più polpa e corpo. Anche in Alto Adige sembra sia successo la stessa cosa che in altre regioni: una vendemmia difficile (eufemismo) si è rivelata molto meglio del previsto. Infatti oltre al corpo, sicuramente maggiore rispetto al 2009, i Pinot Bianco hanno anche profumi più precisi, netti e piacevoli. Considerando come il Pinot Bianco si adatti bene a tanti piatti questa è una buona notizia per chi il vino altoatesino non vuole solo “sniffarlo”.

Voto 7.5

 

 

Chardonnay

Sta diventando la vera e propria Cenerentola enologica della regione e il brutto è che noi non ci sentiamo minimamente infastiditi dal ruolo di matrigna. Ben pochi vini sufficientemente espressivi , ma quasi sempre esili e corti. Un altro 10% della superficie vitata altoatesina che andrà ridiscusso, speriamo non in tempi lunghi.

Voto: 5.5

 

 

Sauvignon

Non sembra difficile fare dei buoni sauvignon ma in realtà per estrarre e mantenere profumi che non siano brutalmente vegetali i problemi ci sono, specie se l’annata non ti ha aiutato. Per questo siamo rimasti particolarmente impressionati dalla qualità media che questo vitigno ha espresso nel 2010. Ben pochi prodotti ancorati tra profumi  verde e di pipì di gatto, molti invece con belle note di frutta tropicale, attraversati da floreali finezze e profondità minerali interessanti. In bocca buon nerbo e una lieve mancanza di corpo, che passa spesso inosservata. Un buon risultato, ottenuto  per di più con vini che promettono di mantenersi così ( o meglio) per almeno altri due-tre anni.

Voto:  8

 

 

Gewürztraminer

Su questo vitigno l’Alto Adige punta moltissimo, tanto da organizzare  addirittura simposi internazionali. Come dargli torto? L’Italia sembra non aspettare altro che questo vino, fatto nella maniera altoatesina, cioè molto morbido, dolce, avvolgente e corredato di grandi profumi floreali, speziati, minerali etc etc. Gli amanti di questa tipologia potranno puntare con sufficiente tranquillità sula vendemmia 2010, specie tra qualche mese, quando le dosi di solforosa saranno ben digerite. In generale i migliori da noi assaggiati giocano molto sulla rotondità e sull’alcolicità piuttosto elevata, che unita ad un discreto livello di zucchero residuo (meno che in passato ma sempre tanto) li caratterizza come vini nati per stupire ma non certo per pasteggiare.  Media qualitativa piuttosto alta, ma non eccelsa.

Voto 7.5

 

Altre uve (e uvaggi)

In Alto Adige la discussione su come e quanto puntare sulle cosiddette “altre uve” bianche (riesling, veltliner, kerner, Sylvaner ) è aperto da tempo. C’è chi sostiene che conviene concentrarsi sui vitigni attualmente più richiesti (Sauvignon, GW in primis) e chi invece pensa a questi come i vitigni del futuro, ritenendo alcune zone della regione praticamente perfette per queste uve. Mi sembra che piano piano, il tempo giochi a favore di quest’ultimi. Finalmente si incominciano a trovare Riesling pienamente riconoscibili e con buone possibilità di invecchiamento, Veltliner profumati, austeri e profondi, Kerner freschi e di ottima spalla. Ancora siamo agli inizi del percorso ma le ultime due annate stanno cambiamdo molto le carte in tavola. Non siamo invece all’inizio del percorso con il Müller Thurgau ma per la prima volta (complice ancora una volta una vendemmia fresca) ci siamo trovati di fronte a vini dalla fine e composita aromaticità, dalla buona freschezza  e dalla sorprendente potenza in bocca. Speriamo solo che questo sia un passo avanti che si confermerà ulteriormente  nelle prossime vendemmie. Sugli uvaggi, a parte alcuni casi (sempre quelli)e  che comprendono anche il classico e sempre centrato Terlaner, il resto ci sembra più un modo per riempire la gamma che non per proporre qualcosa di veramente unico ed interessante.

Voto :  8.5

 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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