Ed eccoci alla pubblicazione delle degustazioni del Barolo 2003. Dobbiamo dire che è stato un grosso lavoro, sia per il numero dei vini testati (quasi 200) sia perchè molti sono stati assaggiati più volte, per cercare di capire bene il tipo di annata. Voi direte “Avete sparato a zero su tutti i 2003 del globo, cosa vi aspettavate di diverso dal Barolo!” Se è per questo abbiamo picchiato duro anche su molti 2002, ma non sui Barolo di quell’annata. Forse per questo motivo ed anche perchè alcuni assaggi si erano svolti in condizioni non perfette, abbiamo voluto vederci chiaro prima di tranciare giudizi. A questo punto possiamo dire che il 2003 non è certo una grande annata. Sicuramente è meglio di come ce l’aspettavamo, ma non è certo un 1996 o un 2001. Se proprio vogliamo dirla tutta nemmeno un 2000. Per ammissione stessa di persone molto addentro alla cosa tantissimi hanno avuto iniezioni di 2002 e soprattutto 2004, altrimenti un 2003 “in purezza” è un vino con profumi non certo freschissimi, tannico, alcolico e piuttosto scomposto.
Ma andiamo con ordine perchè ci sono varie sfaccettature del discorso. In primo luogo il colore. Se dio vuole siamo tornati a tonalità più umane. I vari “porporati” incontrati negli anni dove il nebbiolo sembrava una selezione clonale del Cabernet Sauvignon (1995-2001) sono oramai un ricordo. Siamo tornati a più miti consigli, lasciando al caro vitigno il colore amorevolmente tenue che ha sempre avuto. Sul fronte dei profumi il 2003 non è certo un’annata da ricordare ma nemmeno da condannare in toto, come del resto in bocca. Molti vini sono alcolici e rustici ma altri risultano eleganti e con buone possibilità di invecchiamento. Non riteniamo che i 2003 siano comunque vini da dimenticare in cantina. Proponiamo, nei casi migliori, un tempo di maturazione massimo fino al 2012-2014. Presi in considerazione tutti i parametri abbiamo deciso di non assegnare nessun cinque stelle ai vini di quest’annata. Del resto ben pochi si erano issati sino alle quattro stelle e solo in uno o due casi le avevano superate di poco. Si trattava quindi di premiare oltre misura non tanto un produttore, che poteva anche meritarlo, ma un’annata che potrà essere archiviata senza tanti patemi. Non per niente ben 125 vini su 195 (oltre il 64%) non hanno superato la soglia delle 2 stelle, che per noi è la cosiddetta “aurea mediocritas”. Di questi solo 10 (5,12%) sono stati esclusi per chiari problemi, mentre 24 (12,30%) non sono andati oltre una stella, quella che potremmo definire la sufficienza da “Camera di Commercio”.
Saliamo verso i vini che secondo noi possono veramente dire qualcosa: i 57 (29.2%) che si sono attestati alle tre stelle e soprattutto i 13 (6,6%) che hanno meritato quello che ben pochi vini in Italia hanno ottenuto, le quattro stelle. A questo proposito una precisazione, nella pagina della degustazione i vini con pari punteggio non sono inseriti con criteri di merito ma alfabetici. Per questo il primo dei quattro stelle ha lo stesso valore del tredicesimo e via cantando.
A questo punto non ci resta che parlare brevemente di quest’empireo di 13 vini, dove una sola cantina (quasi mai considerata dalla critica…) ha ottenuto due volte le quattro stelle. Per il resto nomi per noi storici e da sempre ad altissimi livelli con alcune new entry. Per fortuna anche diversi giovani. Tutto questo va a delineare un quadro dove Verduno non risulta inferiore alle “cinque sorelle” (Barolo, Castiglion falletto, La Morra, Serralunga e Monforte) e dove molti grandi crù storici mostrano la corda di fronte ad annate estremamente siccitose.
Vi consigliamo di dare un’occhiata ai nostri risultati (link).